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[L’opinione] Il rifiuto di Mattarella al Bis è un No che serve a far crescere il Paese

Un applauso emozionate, commovente. Lunghissimo.

Tutti in piedi per diversi minuti davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 

Con il pubblico che chiede il “bis”.

La standing ovation che la Scala di Milano ieri sera nel giorno della “prima” ha dedicato al Capo dello Stato, appena entrato in sala, fotografa perfettamente il momento storico che il Paese sta attraversando.

In quell’applauso che sembra non finire mai è impossibile non leggere – insieme alla gratitudine degli italiani verso una figura che ha guidato il Paese in una delle fasi più difficili della sua storia – anche una sorta di smarrimento, per quel rifiuto al “bis”. 

Quasi una preghiera condivisa da tutti gli italiani: un “rimani” corale e accorato.

Ma il no di Sergio Mattarella pare irrevocabile. 

E sono tanti i passaggi che documentano il diniego convinto, tutti peraltro segnalati dalle pagine di questo Osservatorio: prima con il riferimento al predecessore Leone (https://www.ripartelitalia.it/sergio-mattarella-anche-giovanni-leone-chiese-non-rieleggibilita-presidente-della-repubblica/) poi con il discorso all’Università la Sapienza e l’indicazione all’antidoto per non farsi catturare dal potere (https://www.ripartelitalia.it/una-donna-al-vertice-e-lantidoto-per-non-farsi-catturare-dal-potere-il-discorso-politico-di-mattarella-alla-sapienza/ ).

Nel No di Mattarella ci sono due grandi insegnamenti di cui fare tesoro per il nostro futuro.

La prima è una lezione di diritto costituzionale.

Il rifiuto espresso dal presidente consiste nell’evitare che una eccezione si trasformi in una regola, travolgendola. 

L’articolo 87 afferma che il capo dello stato “rappresenta l’unità nazionale”: egli non è dunque il rappresentante di una parte di essa, com’è invece di fatto il caso degli organi eletti che sono rieleggibili perché responsabili dinanzi a quella parte del corpo elettorale che li ha scelti ed autorizzati, e che da questa possono essere confermati o sostituiti. 

Il suo dover essere super partes – in questo senso rappresentante dell’unità in un ordinamento politico pluralista basato su elezioni competitive – implica che il Presidente della Repubblica sia esente dalla prospettiva di una possibile rielezione.

Prima di essere scelto per la carica che ricopre, Sergio Mattarella è stato membro della Corte Costituzionale, eletto dal Parlamento nel 2011

I giudici della Corte sono nominati per un solo mandato, non rinnovabile, poiché il loro compito è quello di garantire i diritti dei cittadini tutti e l’ordinamento costituzionale, indipendentemente dalle maggioranze di governo.

Ma c’è una seconda lezione che il No di Mattarella offre all’Italia.

Il suo rifiuto costringe il sistema Paese a crescere, a uscire dalle piccole logiche partitiche e lo mette davanti all’obbligo di trovare una soluzione condivisa per il bene comune.

Mattarella già quando nel febbraio scorso, al culmine di una seconda grave crisi politica di questo Parlamento, indicò Mario Draghi premier, fece esplicito riferimento alle difficoltà dei partiti e alla loro necessità di rinnovarsi.

Il suo No al bis è l’ennesimo sprone, la spinta alla classe dirigente del Paese a maturare in fretta, perché il tempo che viviamo lo richiede inderogabilmente.

E un buon padre della Patria, per i suoi figli, fa anche questo: all’accorato appello di figli spaventati e ancora un po’ immaturi risponde con un No che serve a farli crescere.

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