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[Lo scenario] Lo shock che chiede Confindustria per rilanciare le imprese

“È positivo l’annuncio del governo di voler mettere tutte le risorse disponibili sul caro bollette per imprese e famiglie. Il conto dell’energia che noi pagavamo come manifattura nel 2019 era di 8 miliardi. Quest’anno è stimato a 110 miliardi. Questo dà l’idea dell’impatto che sta subendo la nostra manifattura”.

Ha esordito così il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, intervenendo nel corso dell’assemblea generale di Confindustria Bari – Bat dal titolo “Visione, Innovazione, Futuro” tenutasi questa mattina al teatro Kursaal Santalucia di Bari.

“Non si tratta – ha proseguito – di essere ottimisti o pessimisti, il fatto è che nessuno può dire cosa succederà l’anno prossimo, perché non sappiamo quanto dureranno queste crisi. Ma certo è che non avremo più a disposizione queste risorse.

Quindi quello che abbiamo chiesto, pur comprendendo la legittima volontà e aspirazione del partito che ha vinto le elezioni di soddisfare le loro promesse elettorali, in questo momento avrà a disposizione meno risorse del governo precedente, in questo momento vanno messe tutte sull’energia perché va difesa la nostra iniziativa, che è sempre stato l’asset che ci ha consentito di uscire dalle crisi”.

 “Serve – ha proseguito Bonomi – uno shock, 16 miliardi di intervento: due terzi a favore dei dipendenti e un terzo a favore delle imprese. Ricordo che il cuneo fiscale viene pagato oggi per due terzi dalle imprese e per un terzo dai dipendenti.

Ma è corretto dare più a loro, in questo momento, perché questo vorrebbe dire far mettere 1200 euro in più in tasca, una mensilità in più, alle persone che hanno un reddito sotto i 35mila euro. Non credo che si possa pensare di utilizzare solo la spending review (dagli annunci che sono stati fatti, si presumono 4 miliardi in tre anni).

Noi dobbiamo fare un intervento shock, perché un intervento di pochi punti non serve. Bisogna avere il coraggio di fare un intervento di oltre il 5 punti di taglio”.

 Il presidente di Confindustria ha poi fatto un passaggio sul Pnrr: “È utile – ha spiegato – fare qualche riflessione. È vero che abbiamo 170 miliardi da spendere da qua al 2026, ma che senso ha comprare 3000 bus elettrici se non sappiamo quante aziende italiane li producono?

Che senso ha parlare di sostenibilità e prendere bus elettrici, quando servono delle materie prime – le famose terre rare – che vengono recuperate scavando in Africa sfruttando bambini. È quella la sostenibilità che vogliamo? Allora io credo che qualche riflessione si possa aprire: noi non vogliamo mettere in crisi il Pnrr, anzi. Vogliamo che quelle risorse siano spese bene.

Ma ai lavoratori in difficoltà cosa vogliamo dire? Che spendiamo 170 miliardi e non siamo riusciti a creare lavoro? Un tavolo con il governo per fare delle riflessioni, da parte nostra è sempre aperto. Grazie a questi 170 miliardi abbiamo la possibilità di riconfigurare il 4-5% della spesa pubblica, che ogni anno è superiora a mille miliardi.

Credo che nei nostri punti economici, se non fossimo in grado di riconfigurare il 4 o 5% delle nostre spese, ci manderemmo a casa da soli. Troviamo queste risorse per fare un taglio serio del cuneo fiscale e mettere più soldi in tasca agli italiani sotto i 35mila euro di reddito”.

Prima di lui, sul palco, l’amministratore delegato del gruppo Tim Pietro Labriola. “Aggiungerei a visione, innovazione e futuro – ha affermato – la parola ‘coraggio’. Dobbiamo renderci conto che per molti anni abbiamo vissuto con degli alibi, lo dico facendo mea culpa.

Oggi manca il coraggio di sfruttare la tecnologia fino in fondo. Per esempio: quando è scoppiato il Covid abbiamo chiuso le aziende e il giorno dopo eravamo tutti quanti a casa: le aziende hanno funzionato, la tecnologia per lavorare da remoto esisteva. Perché allora non era stata utilizzata fino ad allora?

Era mancato il coraggio dei manager di entrare in un’area di conforto non propria. Le scelte devono essere presenti, non future, e devono passare dal coraggio di abbracciare nuove tecnologie, che ci permettono di accelerare tutti quanti i processi”.

Un punto sull’economia pugliese era arrivato in precedenza dal presidente di Confindustria Bari e Bat Sergio Fontana: “Nel 2021 le esportazioni della Puglia sono aumentate in quasi tutti i principali comparti, con una eccezione: la componentistica auto, un comparto che è sempre stato il fiore all’occhiello della nostra area metropolitana di Bari e che si trova a fronteggiare la carenza di semiconduttori legata alla dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali e, soprattutto, le ripercussioni di una transizione ecologica che è stata imposta in modo troppo frettoloso e ideologico.

Nel 2021 anche l’occupazione regionale ha recuperato gran parte del calo dovuto alla pandemia. Nei primi 6 mesi del 2022 in Puglia, l’occupazione ha continuato a crescere e ha realizzato un + 6,1%.

Un risultato eccezionale, migliore rispetto al resto del Mezzogiorno e rispetto al dato dell’Italia, tanto che le ore di Cassa Integrazione in Puglia si sono ridotte di quasi 5 volte rispetto allo stesso periodo del 2021″.

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