Tra qualche giorno entreremo nella stagione autunnale e poi, ovviamente, in quella invernale. Le temperature hanno già iniziato ad abbassarsi e statisticamente il periodo più freddo dovrebbe iniziare i primi di dicembre. Tutto come da tradizione si potrebbe dire. Solo che quest’anno la guerra tra Ucraina e Russia ha provocato forti ripercussioni sui mercati dell’energia e non solo. Oltre il tema prezzi c’è preoccupazione anche per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico per il nostro Paese per via della decisione russa di sospendere o ridurre drasticamente le forniture di gas a vari Stati membri dell’UE tra cui l’Italia. Non so quanti cittadini abbiano la piena consapevolezza di quanto potrà succedere. Una prima idea potrebbe darla la comunicazione arrivata ieri a tutti i condomini del mio palazzo che vi riporto integralmente:
«Gentili condomini,
come a Voi ben noto dal susseguirsi di notizie trasmesse dai media, il costo del gas metano ha subito degli esorbitanti aumenti.
Ci sembra opportuno portare alla Vostra conoscenza che per il prossimo esercizio si dovranno prevedere dei costi di 3 volte superiori alla previsione del preventivo dell’anno precedente (senza considerare poi il costo della Energia Elettrica che ha subito incrementi molto maggiori, fino a 5 volte).
Sembrerebbe quindi importante pensare ad un contenimento dei costi e proponiamo (a meno di Vostre diverse considerazioni) di:
- iniziare la gestione al 1/11/22 anziché al 23/10/22 come da ultimo decreto;
- terminare la gestione al 31/3/23 anziché al 8/4/23 come da ultimo decreto.
Inoltre, vorremmo contenere le ore di accensione giornaliere a 10 anziché a 13 come da decreto (fermo restando il rispetto dell’obbligo della temperatura media erogata di 19 gradi). Ovviamente con raccolta firme si potranno modificare le nostre proposte e ci teniamo a completa disposizione.
Distinti saluti».
Triplicare la previsione di spesa per il riscaldamento e quintuplicarla per quanto riguarda l’energia elettrica obbligherà moltissime famiglie, e naturalmente quelle economicamente più deboli, non solo a ridurre drasticamente i consumi ma forse a rinunciare anche a qualcosa di essenziale. Una famiglia monoreddito una volta pagato il riscaldamento, la luce, la benzina, l’affitto le spese telefoniche e acquistato i beni di prima necessità, ammesso che riesca ad arrivare alla fine del mese, non avrà molto altro da spendere.
Senza dimenticare che l’inflazione di suo cannibalizzerà tutti i redditi fissi per l’aumento dei prezzi anche di tutti i generi essenziali (cibo, alcuni farmaci, etc.) e l’aumento del costo del denaro impatterà sui prestiti e sulle rate dei mutui. L’inevitabile diminuzione dei consumi che ne deriverà comporterà un rischio di recessione. Le aziende, a fronte di ricavi inferiori e costi crescenti per via del vorticoso aumento dell’energia, del gas, delle materie prime e dei relativi trasporti, cercheranno di ridurre i propri costi di funzionamento agendo anche sulla diminuzione della forza lavoro e peggiorando quindi una situazione che definire insostenibile è un eufemismo.
I media non sembrano aiutarci ad acquisire la consapevolezza del contesto socio/economico che stiamo vivendo. Leggendo i giornali, guardando la televisione o frequentando i social sembrano essere ben altri i temi ai quali una parte troppo importante del popolo italico è affezionata. Intanto la povertà assoluta in Italia è già stata certificata ai massimi storici nel 2021 ed è arrivata a toccare 1,9 milioni di famiglie (7,5%) e 5,6 milioni di persone (9,4%) tra cui 1,4 milioni di minori (14,2%). Come da triste tradizione al Sud il quadro di riferimento è già peggiore.
Ovviamente la situazione sopra descritta, già drammatica di suo, nel 2022 e 2023 non potrà che peggiorare con il rischio di mettere a rischio (cosa assolutamente non auspicabile) la stessa tenuta sociale del Paese. L’istruzione e il lavoro sarebbero strumenti adatti per “arginare la povertà” ma tutti sappiamo in che situazione versa il nostro sistema scolastico (sempre con le dovute eccezioni) ed è difficile immaginare come a breve sia possibile la creazione di nuovi posti di lavoro sulla base delle problematiche delle imprese in parte già espresse.
Per migliorare crescita economica e occupazione i cittadini dovrebbero acquisire le competenze necessarie per affermarsi sul mercato del lavoro ma il tasso elevato di abbandono scolastico la bassa percentuale di coloro che completano il ciclo di istruzione superiore e la conseguente bassa percentuale di laureati rispetto ai nostri peers internazionali non aiuta certamente.
Non credo possano esistere dubbi rispetto al fatto che l’istruzione e la formazione possono inoltre contribuire a prevenire la povertà e l’esclusione sociale ma la difficoltà sta nella possibilità di gestire “troppi cantieri” nell’ambito di un piano tendente a risolvere in modo stabile le problematiche del nostro Paese che, detto per inciso, erano già evidenti prima dell’arrivo della pandemia. Per farlo occorrerebbe però una comunità di intenti da parte della politica che assuma come priorità i superiori interessi del Paese anziché gli interessi individuali, di parte e/o della enclave di appartenenza.
Senza ammucchiate naturalmente. Recentemente gli italiani hanno votato esprimendo democraticamente il proprio voto. È salutare per la democrazia che ci sia una maggioranza e una opposizione ma è altrettanto fondamentale che abbiano entrambi come priorità gli interessi e la ricerca di soluzioni ai problemi dei rispettivi elettori. Personalmente, pur essendo un inguaribile ottimista, non vedo questo spirito di lavorare per il bene comune pur nel rispetto dei ruoli. Ma, sempre da ottimista, spero di sbagliarmi.