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[L’intervento] Giorgio Moretti (Dedalus Holding): «Sulla tecnologia applicata alla medicina l’Italia è in ritardo. Può recuperare ma non c’è altro tempo da perdere»

Giorgio Moretti, Presidente della Dedalus Holding, è intervenuto all’evento tenutosi a Bologna organizzato dal nostro Osservatorio Riparte l’Italia, ed ha partecipato al panel dal titolo “La Sanità che vogliamo”. Vi riportiamo di seguito il suo intervento integrale.

“Come Dedalus Holding ci occupiamo di innovazione per definizione, ci occupiamo di far funzionare più di seimila ospedali nel mondo, più di seimila laboratori nel mondo e quindi ci occupiamo di problemi molto pratici.

Più che dell’innovazione dentro questo sistema estremamente complesso che è il sistema della salute bisogna far funzionare tutte le infrastrutture, sia quelle molto tradizionali sia quello allo stato dell’arte, questo è il nostro mestiere; quindi abbiamo oggettivamente un osservatorio molto largo a livello mondiale, operiamo in 40 paesi, ormai siamo diventati nell’ultimo periodo la più grande azienda del settore e quindi possiamo fare anche molte comparazioni.

Queste comparazioni sono sempre utili, perché la diversità dei modelli sanitari chiaramente si porta dietro conseguenze non irrilevanti. Ero in Francia la settimana scorsa, ognuno tende a dire “ma da noi è diverso” no? , ma in realtà la sanità è diversa ma la clinica è la stessa, cioè un medico si forma sia che lavori alla Mayo Clinic, che lavori al Sant’Orsola o che lavori nella più sperduta clinica africana, si forma sugli stessi libri, conosce le stesse cose. E allora che cosa fa la differenza?

L’organizzazione, gli strumenti, le infrastrutture, la capacità diagnostica, la capacità terapeutica; queste sono le grandi differenze. Ora noi ci troviamo in questa congiunzione astrale, e vi posso dire in maniera un po’ fuori dal coro, che siamo stati anche un po’ fortunati a non aver investito molto negli ultimi anni, perché chi investe in infrastrutture in backbone si ritrova poi a dover lavorare con quelle infrastrutture e con quei backbone organizzativi e tecnologici, che non erano così adeguati al momento storico.

Oggi voi avete visto che in tutti i settori, dal lavoro ordinario a quello che chiamiamo telemedicina, all’educazione, siamo arrivati a questo momento storico con una maturità sia delle infrastrutture tecnologiche sia delle concezioni organizzative molto mature, quindi possiamo cogliere un’opportunità veramente epocale. Oggi le evoluzioni che abbiamo visto negli ultimi 70 anni nel mondo clinico sono straordinarie cioè se qualcuno si ricorda la medicina di 70 anni fa e guarda la medicina di oggi sembra che siamo su un altro universo, ma sostanzialmente il modo di operare dei clinici e il modo di operare degli sistemi sanitari non ha ancora colto totalmente il potenziale di questi strumenti e oggi noi siamo pronti per coglierlo.

La telemedicina è uno strumento, abbiamo aperto un canale importante. Per esempio, prima si telefonava, mandavamo le lettere , avevamo il pony express, adesso abbiamo la telemedicina; sono strumenti, non commettiamo l’errore di immaginare che quello che noi possiamo fare grazie a queste tecnologie che hanno rivoluzionato altri settori, per esempio hanno rivoluzionato il settore del trasporto aereo, del commercio, dell’industria, oggi abbiamo un potenziale di poter far evolvere in maniera strutturale e profonda il sistema della salute quindi andiamo oltre il concetto della telemedicina.

Discutiamo in Italia del digitale, discutiamo molto della parte infrastrutturale, la banda larga, il 5G, sono tutte commodities, sono autostrade che per forza dobbiamo avere, ma il tema fondamentale è cosa ci mandiamo su queste autostrade, cosa ci facciamo circolare, quali stazioni di servizio abbiamo su queste autostrade; quindi abbiamo un potenziale oggi che abbiamo nelle nostre mani; abbiamo le idee, abbiamo modelli da poter analizzare nel nostro paese e fuori dal nostro paese, dobbiamo avere anche un po’ di lungimiranza, un po’ di apertura mentale.

Negli ultimi anni ho visto Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, ma li ho visti dal dentro, chi fa il nostro lavoro non si occupa dell’ultimo pezzetto della catena, si occupa della catena intera, e vi assicuro che sono molti gli argomenti che fortunatamente ci caratterizzano in positivo.

Un tema fondamentale è quello delle continuità delle cure. Avrò ascoltato e letto non so quanti migliaia di documenti su questo tema; ecco il problema fondamentale oggi è “bene abbiamo i denari”, questa è una buona notizia, abbiamo strumenti, adesso non dobbiamo commettere l’errore di eseguire male quello che tutto questo ci  mette oggettivamente a disposizione.

Quindi, faccio un esempio molto banale, legato al fatto che ci troveremo in una situazione di carenza di medici perché non c’è un ricambio generazionale; in realtà abbiamo due problemi, il primo è che la complessità della medicina cresce significativamente nel tempo e il secondo è che non si può costruire una competenza introducendo neolaureati. Prendiamo per esempio il mestiere dell’anatomopatologo, figura centrale nel percorso oncologico. Oggi l’anatomia patologica si sta trasformando grazie al digitale, ma grazie al digitale qual è il vero valore che noi possiamo ottenere? Che possiamo distribuire quello specifico caso clinico su gruppi di persone che hanno la massima competenza su quel caso clinico.

Questo ci permette di capire che non ci possiamo limitare ad aprire un canale telematico tra “A” e “B”, abbiamo un potenziale di ottimizzazione di tutte le risorse culturali e quindi conseguenzialmente economiche che possiamo sfruttare su argomenti che genericamente chiamiamo, forse impropriamente, telemedicina. Oggi è un’etichetta facile da comprendere.

Dobbiamo quindi cominciare a ripensare i modelli, modelli che si scrivono prima sulla carta, avendo la padronanza, la consapevolezza della potenza dei nuovi strumenti di cui oggi disponiamo.

Quello che mi auguro, mi raccomando da cittadino, visto che il titolo del convegno è “La sanità che vogliamo” e quindi io qua partecipo da cittadino utilizzatore, stamani sono stato a farmi le analisi del sangue e uno degli argomenti molto banali c’erano 100 persone fuori, e oggi per fortuna non pioveva. Ebbene, gli strumenti che oggi abbiamo magari non possono avere impatto sulla dimensione clinica, ma possono ottimizzare per esempio un flusso di accesso alle strutture sanitarie.

Tutto questo ripeto e concludo, mi auguro che venga ponderato profondamente tenendo conto di non banalizzare, di non semplificare concetti estremamente complessi. La possibilità di mettere in relazione vera i clinici che stanno in Emilia-Romagna (ma non solo) grazie a questi strumenti molto potenti riuscirà veramente a cambiare il modo di operare, a beneficio dei clinici stessi e conseguenzialmente a beneficio dei pazienti.

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