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[L’analisi] Non si può escludere la recessione in Europa perché l’area euro è la più esposta

Secondo quanto sostenuto da un alto funzionario Ue coinvolto nella preparazione delle riunioni dell’Eurogruppo, «non si può escludere che il rallentamento dell’economia possa sfociare in una recessione, l’Eurozona è più esposta al rischio di un peggioramento degli attuali trend principalmente a causa dell’andamento dei mercati dell’energia». I ministri finanziari dell’area euro e dell’Unione si riuniranno a Praga venerdì e sabato per il tradizionale incontro informale dopo la pausa estiva.

Oggi Eurostat ha indicato che nel secondo trimestre la crescita del Pil è aumentata dello 0,8% rispetto al primo quando era aumentato dello 0,7%. La stessa fonte Ue coinvolta nella preparazione delle riunioni dei ministri finanziari, a due giorni dalla riunione dei responsabili economici dell’area euro (venerdì mattina a Praga con conferenza stampa alle 11,30), ha specificato che attualmente «lo scenario è misto che l’attività economica prosegue e il mercato del lavoro resta forte con una disoccupazione al minimo, ma c’è una cattiva notizia: è improbabile che questo andamento positivo continui nella seconda metà dell’anno».

Nel terzo trimestre ci si aspetta un considerevole rallentamento dell’attività e «lo scenario è simile in tutte le aree industrializzate». Seppure non siano da attendersi novità rilevanti dalle riunioni di Praga, la riunione servirà a fare il punto su due questioni: gli effetti economici degli alti prezzi dell’energia, la preparazione dei governi per inverno duro a causa degli inevitabili risparmi di energia, le misure per ridurre l’impatto sociale dei prezzi dell’energia. L’imperativo è evitare che al rischio recessione si combini un rischio sociale se l’impatto dei prezzi energetici su famiglie e imprese non fosse ridotto in misura sostanziale.

I ministri finanziari sono attesi ribadire la necessità di coordinare le loro mosse; tuttavia, sono già evidenti differenze di approccio: i paesi che hanno a disposizione spazi di bilancio consistenti possono permettersi di allargare i cordoni della borsa senza conseguenze negative sulla loro posizione finanziaria presso gli investitori (è il caso della Germania o della Finlandia). Paesi fortemente indebitati come l’Italia, per i quali scostamenti di bilancio possono essere considerati negativamente con riflessi immediati sugli spread, si trovano in difficoltà.

L’Eurogruppo dovrebbe ribadire la linea di luglio, quando venne indicato che «misure fiscali di ampia portata, come riduzioni generali di tasse e accise, mirano a mitigare l’impatto del rapido aumento dei prezzi dell’energia a livello nazionale, ma dovrebbero essere temporanee e sempre più adeguate a rivolgersi ai più vulnerabili». Due mesi fa i ministri dell’area euro sottolineavano «l’importanza di un continuo coordinamento della politica di bilancio nell’area dell’euro per far fronte ai crescenti rischi e incertezze e al loro impatto sulla nostra economia».

E che «le nostre politiche devono rimanere agili e flessibili» per essere «pronti ad adeguare la nostra posizione politica alle circostanze in rapida evoluzione, se necessario». Principi che ci si attende saranno confermati. Quanto devono essere temporanee le misure di sostegno per mitigare l’impatto degli alti prezzi dell’energia è oggetto di discussione: la cosa certa è che anche nel 2023 le regole di bilancio europee resteranno “sospese” per cui non ci saranno procedure per deficit eccessivi.

I ministri discuteranno del coordinamento delle politiche di bilancio, tuttavia, segnala la fonte Ue, «il coordinamento trova i suoi limiti nella situazione attuale»: anche i ministri dell’economia attenti per definizione alla responsabilità di bilancio devono tenere conto degli imperativi politici dei governi che rispondono ai desideri degli elettori, a mantenere la coesione sociale. I ministri finanziari non tratteranno la questione della riforma del patto di stabilità: si aspetta che la Commissione presenti la sua proposta, cosa che avverrà nelle prossime settimane. Infine, il tema del direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità (Mes): la fonte Ue parla genericamente di “progressi”, sta di fatto che da maggio ad ora nessuno dei candidati ha ottenuto l’80% dei consensi necessari.

Ne restano due: il lussemburghese Pierre Gramegna e il portoghese Joao Leao. In ogni caso c’è ancora un mese di tempo per decidere. Quanto alla ratifica del trattato del Mes, questa è tuttora bloccata dall’attesa per la sentenza della Corte costituzionale tedesca e dal voto parlamentare italiano. Richiesto di commentare il caso dell’Italia, la fonte Ue ha ribadito che il Paese si è impegnato a procedere alla ratifica e ci si aspetta che l’impegno venga mantenuto. La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha spesso contestato ruolo e funzioni del Mes (sostenendo che è un “fondo ammazza Stati”). Matteo Salvini riteneva il trattato modificato “una trappola”. D’altra parte, anche il M5S lo ha fortemente contestato. 

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