In Sardegna sono 6.164 le imprese ‘idroesigenti’, con 18 mila dipendenti, preoccupati per siccità, caldo e cambiamenti climatici.
Nei 10 settori manifatturieri a elevato impiego di acqua (‘water intensive’) operano 2.164 aziende, di cui 1.534 artigiane, che consumano quasi il 32% delle risorse idriche sarde, secondo un’analisi dell’Ufficio studi di Confartigianato Imprese Sardegna, basata sull’indicatore dell’intensità d’uso dell’acqua di Istat del 2022.
I primi 10 comparti ‘idroesigenti’ sono quello estrattivo con 21,7 litri utilizzati per euro di produzione venduta, seguito dal tessile (20,9 litri per euro), petrolchimico (17,5 litri per euro), farmaceutico (14,1 litri per euro), gomma e materie plastiche (12,4 litri per euro), vetro ceramica, cemento, ecc. (11,2 litri per euro) carta (10,1 litri per euro) e prodotti in metallo (7,4 litri per euro).
In queste imprese operano 9.534 addetti, di cui 3.735 artigiani.
A queste attività vanno aggiunti i servizi alla persona (lavanderie, acconciatori, estetisti) che di fatto consumano per uso imprenditoriale acqua in quantità superiore a una famiglia.
In questo perimetro operano altre 4.mila imprese con 8.500 addetti.
La siccità in corso, ha influito anche sulla regolarità della fornitura idrica nella maggior parte delle zone turistiche dell’Isola.
“La prevenzione dei danni derivanti dal climate change e le criticità della rete idrica richiedono investimenti pubblici per la manutenzione del territorio, pesantemente ridotti nel passato”, commenta Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna.
“E’ il momento giusto per continuare a programmare e progettare per non farci trovare impreparati di fronte al perdurare di assenza di precipitazioni – conclude il Presidente Meloni – senza dover rincorrere l’emergenza e senza dover adottare, se fosse necessario, misure drastiche”.
“È necessario, con estrema rapidità”, aggiunge Daniele Serra, segretario regionale dell’organizzazione artigiana, “continuare a ripensare alle priorità del Pnrr e sfruttare quindi le risorse europee per ammodernare e realizzare gli invasi e le reti distributive per poter affrontare meglio una eventuale emergenza idrica che, in futuro, potrebbe mettere in seria difficoltà le attività produttive e tutti i sardi”.
Peraltro nell’isola si continua a sprecare acqua.
Una recente indagine della Cgia di Mestre colloca la Sardegna al quarto posto fra le regioni con la più elevata dispersione idrica.
Nell’isola, ogni giorno, vengono immessi nelle reti 424 litri pro capite e se ne perdono 224, equivalente al 52,8%, contro una media nazionale del 51,9%.
La regione più ‘sprecona’ è la Basilicata con il 65,5% di perdite, seguita dall’Abruzzo con il 62,5%.
Quella più virtuosa è l’Emilia Romagna con solo il 29,7% di acqua che si perde.
Tra i capoluoghi sardi il più sprecone è Sassari con il 63,4% delle perdite (11esimo nazionale), seguito da Oristano con il 60,4% (14esimo), da Nuoro con il 55,1% (19esimo) e Cagliari con il 53,5% (25esimo).
La città sarda più virtuosa è Carbonia con solo il 21,7% degli sprechi (90esima su 109).
Le perdite rete sono da attribuire a fattori fisiologici, presenti in tutte le infrastrutture idriche, a rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, oltre a fattori amministrativi, dovuti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati.
Un consistente intervento per ridurre le perdite idriche è previsto dal Pnrr, ricorda Confartigianato.
Per la gestione dell’acqua il Piano prevede interventi per 5,4 miliardi di euro, di cui 2,0 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico e 1,9 miliardi per la riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti.