«Si rischia di perdere in un sol colpo governo e Quirinale». Lo afferma il politologo Piero Ignazi, analizzando l’ultima conferenza stampa del premier Mario Draghi, in cui si è definito come “un nonno a disposizione delle istituzioni”.
«Ci sono tre messaggi chiave della conferenza di fine anno del presidente del Consiglio Mario Draghi. Il primo è “missione compiuta”. Il governo Draghi ha corrisposto ai due impegni che il presidente Sergio Mattarella aveva indicato all’insediamento dell’esecutivo, a febbraio: approvare – e far approvare da Bruxelles – il Piano nazionale di ripresa e resilienza e fronteggiare l’assalto della pandemia con un efficace piano di vaccinazioni».
«Il secondo messaggio è: “continuità”. Questo governo può andare avanti chiunque lo guidi, non è legato intrinsecamente a chi attualmente lo presiede, ha fatto capire Draghi», scrive Ignazi su Domani. «Il terzo messaggio è: “coerenza”. Il perimetro minimo della maggioranza che eleggerà il presidente della Repubblica successore di Sergio Mattarella, deve combaciare con quello dell’attuale coalizione di governo, pena la sua caduta; inoltre, un allargamento all’opposizione è auspicabile e benvenuto».
«Per chi voglia intendere le parole di Draghi sono inequivoche. La sua disponibilità a essere portato al Quirinale non poteva essere più chiara. Quando ha dichiarato con po’ di ironia civettuola, di essere “un uomo, anzi, un nonno, a disposizione delle istituzioni” ha sgombrato il campo da ogni ambiguità. In sostanza, dice, se mi volete al Colle non opporrò il “gran rifiuto”. Ma sono le forze politiche a dover prendere la decisione, ha aggiunto alla fine. Sono loro i veri protagonisti del gioco».
«Draghi ha richiamato i partiti alle loro responsabilità, ma allo stesso tempo ha fornito un attestato del loro ruolo centrale nel sistema democratico parlamentare. A questo punto rimane da vedere chi tra le forze maggiori farà la prima mossa in questa direzione, e in quale maniera verrà formulata. L’ideale, forse impolitico, sarebbe che il partito di maggioranza relativa del parlamento – cioè il Movimento 5 stelle – si assumesse il compito di riunire tutti i leader per una deliberazione comune. Ma la debolezza politica di Giuseppe Conte rende improbabile un percorso così trasparente e lineare».
«Tuttavia, di fronte a una disponibilità senza remore del presidente del Consiglio sarebbe disastroso se il processo decisionale si incagliasse con dei distinguo e delle impuntature. Si rischia di perdere in un sol colpo governo e Quirinale, nel senso che l’eletto sarebbe comunque una seconda scelta e la maggioranza sarebbe travolta. E Draghi sarebbe perso per ogni altra funzione nel sistema politico italiano. Non proprio quello che i cittadini e l’opinione pubblica internazionale si attendono».
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