L’Italia e la sua diplomazia si schierano dalla parte degli oceani. Da settimane negli uffici del ministero degli Esteri si lavora per organizzare a Roma la prossima estate un evento che coinvolga capi di governo, ministri e scienziati di tutto il mondo con l’obiettivo di proteggere la parte del “blu” del Pianeta.
Lo ‘special event’ ha già un titolo: ‘Oceani in salute e sostenibili, per un futuro equo e prospero‘. Si punta alla firma di un documento, “un messaggio politico, con il lancio dell’iniziativa 30×30, ovvero il raggiungimento del 30% delle aree marine protette nel 2030, anno di riferimento per il conseguimento degli obiettivi dell’Agenda Onu”.
Ancora da definire invece la data, scrive Repubblica, anche se sul calendario della Farnesina sono cerchiati di rosso il 4 e il 5 luglio prossimi.
L’iniziativa nasce nell’ambito della candidatura di Roma a ospitare l’Expo del 2030, e potrebbe essere anche letta come una captatio benevolentiae degli Stati-isola, quei piccoli Paesi che vivono circondati dagli oceani e che sono i primi a pagarne il degrado provocato dalle attività umane.
Il loro voto rischia di essere decisivo quando a novembre l’assemblea generale del Bureau International des Expositions deciderà a chi affidare l’organizzazione di Expo 2030.
Non a caso l’organizzazione della conferenza sugli “Oceani in salute e sostenibili” è nelle mani della struttura che fa capo all’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del Comitato promotore Roma Expo 2030.
La direzione scientifica dell’evento sarà affidata al biologo Roberto Danovaro, presidente della Stazione zoologica Anton Dohrn, centro di eccellenza in fatto di ecologia marina.
Sono stati coinvolti gli 84 atenei italiani che fanno parte della Rus, la Rete delle università sostenibili, oltre alle principali istituzioni scientifiche che hanno il mare tra i loro oggetti di studio: il Cnr, l’Ingv, l’Enea, l’Agenzia spaziale italiana, l’Istituto nazionale di oceanografia e geologia sperimentali.
“L’obiettivo della due giorni romana”, spiega chi ci sta lavorando, “è ascoltare i bisogni e le priorità di quei Paesi che hanno in mari e oceani un asset strategico per la loro futura economia sostenibile e il loro benessere.
Rappresentanti governativi, politici e scienziati di tutto il mondo, discuteranno i problemi e le soluzioni innovative per gli oceani sani del futuro”.
La speranza è cambiare il nostro modo di guardare ai mari: non più risorsa da sfruttare senza limiti (per la pesca, i trasporti, il turismo), ma opportunità di una nuova economia, sostenibile, resiliente, capace di soddisfare le esigenze energetiche e alimentari di una popolazione mondiale che cresce.
La sintesi di tutto questo è appunto la proposta Onu di proteggere entro il 2030 il 30% dei mari mondiali. Ma è evidente che la cosiddetta ‘iniziativa 30×30’ rischia di trasformarsi in uno slogan privo di contenuti.
Ecco allora l’idea di far convergere e confrontare a Roma chi i problemi del mare li conosce e li vive, perché emergano soluzioni concrete.
Una tappa di avvicinamento per la fondamentale quarta edizione della Conferenza Onu sui piccoli Stati insulari in via di sviluppo.
L’ultimo incontro ci fu nel 2014 è si concluse con il ‘Patto di Samoa’: i Paesi partecipanti presero atto che “il cambiamento climatico e l’innalzamento del livello del mare continuano rappresentare un rischio significativo per gli Stati-isola, arrivando in alcuni casi a essere una vera e propria minaccia per la loro stessa sopravvivenza”.
Dieci anni dopo, le prove scientifiche in tal senso si sono moltiplicate, le contromisure politiche no. L’auspicio è che il dialogo sugli oceani organizzato nella Capitale suoni la sveglia.