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Giangiacomo Pierini, presidente Assobibe: “Il Governo ripensi alla Sugar tax, gli imprenditori sono terrorizzati”

“Io spero davvero in un errore”.

È ancora incredulo Giangiacomo Pierini, presidente Assobibe, che in seno a Confindustria rappresenta la filiera delle bevande analcoliche, rispetto al blitz del Governo sulla Sugar tax, che diventerà operativa dal 1° luglio prossimo, anche se con aliquote ridotte.

La novità normativa è stata introdotta nella notte di venerdì a sorpresa, con l’emendamento ‘bollinato’ del Governo al Dl Superbonus.

Una versione che non coincide con il testo (anch’esso bollinato) della Relazione tecnica, nel quale è contenuta la proroga al 1° luglio 2026, esattamente come per la plastic tax.

Ne è nato un piccolo giallo.

Pierini, lei che pensa di questo mismatch tra testi. Blitz o errore?

Io davvero spero in un errore.

Il dialogo con tutti i ministri del Governo è costante e ne abbiamo sempre sostenuto le scelte: dal carrello tricolore contro l’inflazione del Ministro Urso, al Nutrinform.

Con il ministro Lollobrigida abbiamo approfondito i tanti investimenti nella filiera agricola italiana, dagli agrumi allo zucchero.

Ricordo la contrarietà alla tassa espressa pubblicamente dalle principali rappresentanze agricole – Coldiretti e Confagricoltura – e da tutte le sigle sindacali per gli impatti negativi sull’occupazione.

Che impatto avrà l’imposizione di questa nuova tassa sulle imprese della filiera?

Forte, perché prevede un aggravio fiscale del 14%, nel momento di massimo picco stagionale, con un inevitabile aumento dei prezzi.

Ricordo che il settore ha chiuso il 2023 con un calo dei volumi del 5%, dopo anni di difficoltà per la pandemia e che i prodotti zuccherati negli ultimi dieci anni hanno registrato un calo di oltre il 27%.

Questa tassa rischia di danneggiare seriamente un importante comparto del Made in Italy alimentare, come sottolineato anche dal presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino.

Il ritocco delle aliquote limita il danno?

Una nuova tassa – anche se ridotta per i primi due anni – rappresenta un pessimo segnale per gli investimenti (o investitori) in un Paese che – notoriamente – non è attrattivo per la sua elevata pressione fiscale.

Determinerà comunque costi in burocrazia, aumento dei prezzi con effetti sull’inflazione e conseguente riduzione dei volumi.

Come se ne esce?

Possiamo solo sperare che sia corretto l’errore – se errore c’è stato – o che ci sia un ripensamento da parte del Governo coerente con questi anni di confronto chiaro, responsabile e trasparente tra tutti gli operatori della filiera e le istituzioni.

Ieri ho passato la giornata a rispondere al telefono a decine di imprenditori terrorizzati.

Non dimentichiamo che il 64% degli operatori del settore è composto da pmi.

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