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Veronica De Romanis (economista): «Subito un Recovery di guerra, per affrontare i costi di shock senza precedenti»

Come convincere l’Europa a varare il recovery bellico? Al vertice informale dei capi di Stato e di governo tenutosi a Versailles la settimana scorsa – scrive De Romanis dalla prima pagina della Stampa – l’idea di Macron di attuare un Recovery Plan per la “guerra” non è piaciuta a diversi Paesi, a cominciare dall’Olanda e dalla Finlandia.

Eppure, una risposta europea sarebbe quanto mai necessaria. La guerra è uno shock comune. Il suo impatto, però, sarà asimmetrico. Alcune economie soffriranno più delle altre a causa delle loro debolezze strutturali legate alla scarsa produttività, alla bassa occupazione e al debito elevato. E, soprattutto alla dipendenza energetica dalla Russia.

«Prima vanno definiti gli obiettivi, poi gli strumenti» ha spiegato Macron. Un modo diplomatico per prendere tempo. E, provare a convincere chi si oppone al ricorso a un ulteriore indebitamento europeo. In questa partita, l’Italia può giocare un ruolo di prim’ordine.

È il maggior beneficiario sia del Sure sia del Ngeu per un totale di circa 150 miliardi di debiti e 100 miliardi di sussidi. È, quindi, un osservato speciale. Tanto più si farà bene tanto più facile sarà persuadere i partner riottosi a percorrere – anche questa volta – la strada del debito comune.

Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), l’Italia ha ottenuto circa duecento miliardi da Bruxelles a cui sono stati aggiunti altri 30 finanziati a debito. Una cifra gigantesca. Per ricevere i 50 miliardi previsti per quest’anno andrà centrato circa un centinaio di obiettivi, di cui ottanta sono traguardi qualitativi, ossia riforme. Diversi esponenti politici chiedono una revisione del Pnrr.

«Con la crisi ucraina raggiungere certi obiettivi è diventato impossibile» ha dichiarato il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Una simile richiesta è arrivata anche dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Le esigenze del Paese sono cambiate rispetto a un anno fa quando fu predisposto il Piano.

Tuttavia, è mutato anche il contesto. Il modo migliore – conclude – è proseguire con le riforme che ci siamo impegnati ad attuare. Nello stesso tempo si convincono anche i partner europei dell’opportunità di formulare un Recovery di guerra.

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