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Riccardo Cristadoro (Consigliere economico del Presidente del Consiglio dei Ministri): «Priorità, condivisione e controllo: ecco i principi del Recovery Fund»

Riccardo Cristadoro, Consigliere economico del Presidente del Consiglio dei Ministri, è intervenuto all’evento tenutosi a Bologna organizzato dal nostro Osservatorio Riparte l’Italia, ed ha partecipato al panel dal titolo “Recovery Fund, la sfida da vincere”. Vi riportiamo di seguito il suo intervento integrale.

«I fondi europei non sono il rilancio dell’Italia, sono un’occasione di rilancio dell’Italia. Questo lo dico per vari motivi, uno è il fatto che giustamente c’è moltissima concentrazione sul piano che si sta elaborando in questo momento, però ricordiamoci che questo è un pezzo della politica economica del Paese. E’ un pezzo importantissimo, fondamentale, ma un pezzo, ci sono anche le risorse che come sempre vengono messe a disposizione sempre in ambito europeo nel quadro finanziario pluriennale di 7 anni e sono ingenti, sono circa 100 miliardi più il co-finanziamento italiano, quindi si arriva a una cifra notevole anche attraverso questi altri fondi.

Detto questo, perché questa occasione di rilancio diventi un rilancio effettivo credo che siano necessari tre elementi.

Il primo è sicuramente quello di saper individuare le priorità del nostro Paese, capire anche quali delle priorità del nostro Paese possano essere più utilmente aggredite con questo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che si presenta con un particolare apparato di regolamenti che, per esempio, prescrivono tempi molto rapidi sia per la progettazione che per la realizzazione delle opere. Questo è un primo elemento da considerare, inoltre ci sono le linee guida della Commissione Europea che precisano in maniera abbastanza dettagliata anche il tipo di intervento e l’organicità dell’intervento.

Il secondo punto che è necessario è una considerazione che ha fatto la presidente della BCE, ex Managing Director del Fondo Monetario Internazionale, proprio in occasione di “Progettiamo il Rilancio” di giugno, durante la prima giornata il Presidente del Consiglio ha invitato varie personalità tra cui Christine Lagarde la quale ha ricordato che in tutta la sua esperienza di Managing Director del FMI grandi progetti di riforma, e oggi siamo di fronte ad un grande progetto di riforma e di rilancio del Paese, hanno successo soltanto se sono condivisi a tutti i livelli, quindi a livello politico, a livello sociale, a livello territoriale.

Il Governo in questo senso credo che si sia mosso per tempo, con tutte le difficoltà che ci sono connesse al particolare periodo che stiamo vivendo, nel tentativo di coinvolgere tutti gli stakeholders, comprese le Regioni e gli Enti Territoriali che hanno un ruolo centrale nella realizzazione del Piano e non solo.

Questo è avvenuto già a giugno, poi è avvenuto anche durante tutto il mese di agosto, adesso sta avvenando con un’interlocuzione nel Parlamento e con una continua interlocuzione con i Ministeri, gli enti Locali, territoriali e così via. Quindi questo secondo punto della condivisione è un punto essenziale e spero che si vada avanti con lo spirito di collaborazione cui si faceva riferimento prima.

Terzo punto è la necessità, data la consapevolezza della difficoltà con cui delle volte in Italia si realizzano le opere, di trovare degli strumenti atti a monitorare le opere che metteremo nel piano e, se necessario, intervenire con qualche strumento per accelerarne la realizzazione perché i fondi europei non sono dei fondi che arrivano all’Italia, ma sono dei fondi che l’Italia può richiedere. Arriveranno all’Italia soltanto se l’Italia rispetterà una serie di target, di obiettivi che noi stessi ci daremo, dialogando con la Commissione Europea con cui già è iniziato un dialogo informale.

Per cui per fare un esempio se progettiamo di fare una ferrovia dovremo dire che tra 6 mesi avremo fatto 10 chilometri; se non li abbiamo fatti, perdiamo i fondi. Questo vuol dire anche che nel richiedere i fondi e nell’associarci dei progetti ci deve essere una particolare cautela da parte degli enti progettatori, quali che essi siano, nel fare progettazioni che siano realistiche perché, diversamente da altri casi, in questo caso i fondi non utilizzati si perdono, non c’è alcuna possibilità di proroga della spesa dei fondi  

Per capire come il piano di Recovery e Resilienza si struttura è importante ricordare quali sono i paletti molto chiari dell’accordo europeo.

L’accordo europeo prevede innanzitutto organicità e coerenza degli interventi, questo già vuol dire che non si può pensare ad un intervento fatto da mille piccoli interventini diffusi per il Paese o cose di questo genere. Questo è un primo paletto molto chiaro e importante da tener presente.

Il secondo paletto sono le priorità e i fondi destinati a queste priorità, in particolare due, la Green e la Digital, che hanno anche un vincolo, un “pavimento” di fondi, per la trasformazione verde è il 37% delle risorse che per l’Italia, stando alle stime, vuol dire un 78 miliardi, quindi una buona parte delle risorse dei fondi messi a disposizione va in questo. Per il Digital le risorse sono il 20%, quindi nell’insieme più della metà delle risorse saranno destinate a questi due grandi obiettivi. Insieme a questi ci sono obiettivi di coesione, di resilienza e così via.

Altro elemento molto importante è che la Commissione Europea vuole vedere, oltre ad un’azione di Spesa, anche un’azione di riforma. Per riforma non si devono intendere necessariamente delle grandissime riforme, ci saranno delle riforme generali che sono già nel piano del governo, e ci saranno delle riforme invece più specifiche per singoli interventi.

Questo è il quadro all’interno del quale ci muoviamo.

Poi bisogna capire, per fissare bene le priorità del nostro Paese, da dove veniamo. È vero che veniamo da una crisi pandemica, che si è tradotta in una crisi economica senza precedenti. Nel secondo trimestre di quest’anno il calo del Prodotto Interno Lordo è stato superiore a quello intervenuto nella fase della cosiddetta doppia recessione, cioè tra il 2008 e il 2013. E questo è un dato di fatto. Però quello che contraddistingue l’Italia, come è stato ripetuto più volte anche dal Presidente del Consiglio, è il fatto che c’è un’eredità di una crescita molto lenta che va affrontata.

E vengo all’ultimo punto che voglio affrontare. Cosa vuol dire questa eredità? Vuol dire che noi siamo entrati in un’economia della conoscenza, c’è entrato il mondo, l’Italia però è rimasta un po’ ferma. Non a caso il pacchetto di interventi europei si chiama Next Generation Eu, cioè noi dobbiamo guardare in avanti.

Guardare in avanti vuol dire innanzitutto guardare all’istruzione e alla ricerca, che secondo me sono il punto fondamentale da cui partire. Non è che l’impresa crea lavoro e il lavoro ha bisogno dell’impresa, perché si creino lavoro e impresa c’è bisogno di imprenditori e lavoratori che abbiano una formazione all’altezza con il mondo con cui vivono. Da lì l’Italia deve ripartire, quello è il primo punto da cui ripartire, non ce n’è un altro.

Tra l’altro, istruzione e ricerca sono anche una lente per osservare un altro grande problema del nostro Paese che è quello dei divari territoriali, perché se andiamo a vedere per esempio le statistiche in termini di quantità e qualità dell’istruzione, cioè quanti anni di istruzione in media hanno i cittadini e che risultati misurabili ci sono attraverso vari indicatori, vediamo che anche in questo caso ci sono due Italie, una che sta al passo, addirittura va più veloce della media europea, e un’altra che invece va molto più lenta.

Infine, un elemento essenziale che giustamente è al centro della riflessione del Governo è il fatto che il grande assente è stata forse una Pubblica Amministrazione più capace di avere una missione chiara e la forza di portarla a termine. E una grande occasione, oltre a quella della trasformazione digitale quindi di consentire una maggiore velocità ed efficienza nei servizi, è una riorganizzazione dei servizi stessi, perché ricordiamoci che digitale non vuol dire comprare un computer o un telefonino, è riorganizzare tutti i servizi in un’ottica digitale, comprese anche le norme che si fanno al Parlamento e al Governo. Dicevo, la grande occasione per la PA è, oltre a questa offerta appunto dal piano, è anche il fatto che nei prossimi anni c’è, per ricambio generazionale, la previsione di assunzione per quasi 500 mila giovani, nuove leve.

Qui si gioca una partita secondo me fondamentale di nuovo per realizzare uno dei punti imprescindibili perché il nostro paese possa veramente ripartire».

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