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Sabino Cassese (Corriere della Sera): «Otto temi per l’azione di governo»

Il governo di Mario Draghi si muove di modo scrupoloso, con una strategia d’azione chiara e graduale. I problemi che si presentano vengono fronteggiati uno alla volta, ma senza perdita di tempo, con dinamicità. Così Sabino Cassese descrive l’andamento del governo e aggiunge «si muove di buon passo, consultando, ma senza farsi bloccare dai troppi contrasti tra le forze politiche, né da troppo lunghe negoziazioni. Si differenzia da precedenti esecutivi, ma senza spezzare il filo della continuità (anzi, qualche volta — ad esempio, nella gestione della politica dell’emergenza — legandosi troppo ad esso)».

«Valorizza i maggiori apparati statali (ministeri dell’Interno, degli Esteri, dell’Economia, della Difesa) e del parastato (Rai e Cassa depositi e prestiti), scegliendone i maggiori esponenti per compiti di più alta responsabilità, come nel caso di Gabrielli e Lamorgese, di Belloni, di Franco e di Figliuolo, oppure ponendovi a capo riconosciuti esperti, come nel caso di Fuortes e di Scannapieco. Riunisce di frequente il Consiglio dei ministri (32 riunioni in 6 mesi), raggiungendo l’unanimità dei consensi sulle principali decisioni», continua.

«Gli italiani, che hanno sperimentato più volte il “non fare” al governo, sono soddisfatti di questo misto di realismo, di pragmatismo e di idealismo, che costituisce l’elemento caratteristico del binario tracciato da Draghi. C’è in esso un metodo che diventa merito. Un metodo che spiega perché siano stati, per la prima volta nella storia repubblicana, dettati criteri operativi per l’attuazione di leggi che risalgono non solo a governi, ma anche a legislature precedenti; perché venga quotidianamente ricercato un equilibrio tra contrasto alla pandemia, sviluppo economico e libertà di cittadini; perché sia stata valorizzata la rete globale dei poteri, da cui dipende tanta parte del nostro benessere, anche quello della cultura, come dimostrato dal relativo G20».

«L’azione di Draghi al governo è però favorita anche da circostanze che non sono del tutto estranee alla sua azione. Pare aver messo a tacere quell’antipolitica che alimenta tanta parte della politica italiana (l’ha dimostrato di recente lo storico Roberto Chiarini nella sua Storia dell’antipolitica dall’Unità ad oggi. Perché gli italiani considerano i politici una casta , Soveria Mannelli, Rubbettino, 2021)», prosegue.

«La classe politica era un nemico da combattere, ora è la meta alla quale si aspira. Il M5S ha avviato finalmente il suo processo di istituzionalizzazione: era movimento, ora vuole divenire «forza politica di massa»; sosteneva la democrazia diretta, pare ora più preoccupato di conservare la propria rappresentanza parlamentare; sosteneva che “uno vale uno”, mira ora a “mettere le proprie competenze a servizio della comunità” (sono parole del suo nuovo leader al Corriere della Sera , 6.8.2021); la sua organizzazione era magmatica, si sta dando ora una struttura ispirata al centralismo democratico leninista».

«La Lega ha messo da parte il suo sovranismo a favore di più terreni e pragmatici obiettivi, come il certificato vaccinale. L’azione del governo Draghi è anche favorita da circostanze esterne, come gli andamenti dell’economia, i successi sportivi, la circostanza che l’unica forza di opposizione non può tirare troppo la corda, criticando il governo, per evitare di rompere con i propri alleati, che sono al governo. Draghi, da buon economista, sa che gli obiettivi politici di lungo periodo vanno coltivati mentre si affrontano i problemi di breve e medio periodo. C’è quindi da chiedersi che cosa si stia facendo in altre direzioni. Ecco un piccolo elenco di temi sui quali riflettere nei dieci giorni di pausa degli uomini di governo».

«Primo: per spostare la spesa pubblica verso gli investimenti, che altro bisogna fare, oltre a ridisegnare le procedure pubbliche?». E ancora: «Secondo: mentre ci rallegriamo di quel segno di aggregazione a dimensione europea che sono gli “eurobond” (anche perché fanno arrivare in Italia 200 miliardi), possiamo guardare indifferenti i segni di disgregazione a dimensione nazionale che provengono dalle regioni?»

«Terzo: come contiamo di affrontare l’uscita dalla scena politica nazionale ed europea della cancelliera tedesca, anche per ridefinire le norme su bilanci, deficit e debito pubblico? Quarto: come contiamo di far sentire la voce dell’Italia e dell’Europa nel nuovo equilibrio che si va creando nel mondo e nella rete dei poteri globali, che va rafforzata se non vogliamo rimanere inerti rispetto ai grandi problemi, come le epidemie, i cambiamenti climatici, le migrazioni?»

«Quinto: come ristabilire la gerarchia del merito nella società italiana, a cominciare dalla selezione sulla base dei talenti e a finire con la promozione dei migliori (in questa direzione l’attuale maggioranza ha fatto nei giorni scorsi due gravi passi indietro, perché il Parlamento, nel convertire in legge il decreto legge n. 80, ha ampliato il numero dei dirigenti nominati senza concorso e previsto la possibilità di generali promozioni interne, anche per chi non ha il titolo di studio richiesto per la posizione superiore)?», prosegue.

«Sesto: come uscire dalla mitologia dell’ “home working”, per evitare nuovi individualismi (la fabbrica e l’ufficio sono anch’essi corpi intermedi) e nuove diseguaglianze (l’operaio e l’insegnante non possono lavorare da casa)? Settimo: come invertire la decadenza del Paese, di cui sono segni vistosi il quasi trentennale rallentamento della crescita economica e l’altrettanto lungo declino di scolarizzazione e ricerca?»

In conclusione «Ottavo: troppi poteri si sono concentrati nei governi, già da prima della pandemia; e troppo spesso il Parlamento esonda, adottando leggi tanto dettagliate da escludere ogni discrezionalità amministrativa. Come ristabilire un equilibrio tra i tre poteri, anche per evitare che, sull’abbrivo della conversione in legge dei decreti legge, il Parlamento li appesantisca di norme estranee e spesso incostituzionali?»

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