Non è più possibile rimandare la riforma della giustizia: è un’esigenza. Lo ha detto la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio. «Lo status quo non è un’opzione. Dobbiamo sottoporci a tribunale della Storia», non guardare al consenso immediato.
La ministra ha anche sottolineato come con la riforma «non vogliamo risolvere tutti i problemi», ma avviare un processo graduale che porti a un risanamento del sistema. I problemi del sistema giudiziario italiano sono ampi, ma «una maggiore tempestività» dei processi «può contribuire a risanare il rapporto tra cittadini, imprese e magistratura», ha aggiunto Cartabia.
L’obiettivo della riforma della giustizia promossa dal governo Draghi è portare a una diminuzione del 40% del “disposition time” dei processi civili e del 25% per quanto riguarda quelli penali. Il problema delle tempistiche dei processi «si può risolvere con una migliore organizzazione del lavoro».
In Italia il giudice è uno solo, si deve far carico di tutto il lavoro. Con la riforma «vogliamo dargli una squadra, una equipe che lo aiuti a organizzare il lavoro. I fondi del Pnrr, destinati all’assunzione di 16.500 giuristi e 5.400 aiutanti amministrativi, servono proprio a questo».
In questo senso, ha rimarcato la ministra, il tema della riforma della giustizia su cui si è più concentrato il dibattito pubblico è stato quello della prescrizione, che però «è solo un aspetto e non quello centrale». La riforma «si propone di riportare la prescrizione a essere un rimedio estremo per situazioni eccezionali».
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