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Leonardo Becchetti (economista): «Lo smartworking può avere un ruolo straordinario»

Lo smartworking ha ricoperto un ruolo fondamentale nel periodo del lockdown ed è al centro del dibattito dell’opinione pubblica, proprio perché può assumere un ruolo potenzialmente straordinario «per conciliare aumenti di produttività, capacità di conciliare vita di lavoro e di relazioni di cura e sostenibilità ambientale». Lo sostiene Leonardo Becchetti su Avvenire, rimarcando però che «ci sono molti ostacoli perché questo potenziale si realizzi e le scelte di policy dei prossimi temi dovranno cercare di rimuoverli».

«Ridurre gli incontri del primo tipo può deteriorare la qualità delle relazioni e l’identità aziendale o di gruppo. Diseguaglianze nell’accesso a connessione di qualità, nel comfort dell’abitazione non rendono lo smart working uguale per tutti. C’è poi il rischio di non riuscire a separare il tempo del lavoro da quello del riposo o per motivi di autocontrollo personale o perché il superiore non rispetta i tempi del lavoratore. E ci sono ovviamente tipi di lavoro che richiedono la presenza fisica dove tutto questo non si applica o si applica in misura minore».

«Le politiche per affrontare questi ostacoli sono evidenti. Assicurare qualità di connessione a tutto il paese, favorire la nascita di hub di quartiere che non necessariamente costringono a lavorare a casa. Normare i diritti del lavoro nello smart working ed in particolare quello alla disconnessione. Lavorare come aziende appositamente su qualità di relazioni e identità di gruppo con incontri in presenza per rendere il lavoro a distanza sostenibile. Impostare il lavoro sui risultati e non sulla timbratura del cartellino o sull’osservazione formale degli orari di lavoro».

«E considerare automaticamente “più usuranti” i lavori nei quali lo smart working non è possibile con conseguenze su orario di lavoro ed età pensionabile. Che nella pubblica amministrazione sia più difficile che nel privato realizzare tutte queste politiche è anche evidente anche se l’orizzonte ideale (riconosciuto dallo stesso ministro Brunetta) deve essere da stimolo per mettere in moto un percorso che modernizzi la stessa Pa».

«Tra qualche anno le nuove generazioni guarderanno con incredulità (un po’ come i ragazzi di oggi guardano un vecchio telefono a muro) ai tempi in cui si usciva tutti alla stessa ora, si restava incolonnati per 30-40 minuti nel traffico per recarsi al posto di lavoro. E lo smart working ci renderà più padroni del nostro tempo e capaci di integrare lavoro, cura delle relazioni interpersonali, formazione e tempo libero».

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