Siamo a un bivio, scrive Angelo Panebianco sul Corriere della Sera. Non è chiaro ancora quanti europei lo abbiano compreso ma l’Europa, per la prima volta dopo le scelte che seguirono la fine della Seconda guerra mondiale, deve decidere se essere o no parte attiva nella difesa di quel mondo occidentale di cui fa parte.
Ma quando si parla dell’Europa e della sua sicurezza occorrono due avvertenze. Senza le quali, il resto diventa chiacchiera inutile.
La prima avvertenza è che ora e anche nel prevedibile futuro la difesa delle democrazie occidentali è affidata alla Nato (e hanno ragione, dal loro punto di vista, quelli che, detestando le democrazie, vorrebbero sbarazzarsene).
La seconda avvertenza è che molto del futuro dell’Europa si deciderà in Germania. Incorre in un abbaglio chi pensa che sarà la Francia di Macron a prendere la guida del processo di integrazione.
La Francia non ha il «fisico», la stazza, per svolgere quel ruolo. Può essere soltanto un comprimario. È la Germania che deve decidere se vorrà essere, al di là del suo ruolo economico, la locomotiva politica del treno europeo.
La decisione di innalzare massicciamente la spesa militare è stata letta come il segno di una svolta storica.
La difesa, ricordo, è il cuore di qualunque unione politica. Ma bisognerà creare istituzioni nuove di zecca all’interno del sistema istituzionale europeo, istituzioni in cui si deciderebbe a maggioranza e in cui il rifiuto di aderire alle scelte di maggioranza comporterebbe l’automatica espulsione.
Non c’è altro modo per fare nascere, credibilmente, un’Europa della difesa e della sicurezza. Se avessero successo, le nuove istituzioni, col tempo, attirerebbero al loro interno molti altri Paesi dell’Unione.
In prospettiva, si andrebbe verso quell’Europa a cerchi concentrici che, nel corso degli anni, è stata più volte proposta.