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A Davos la Von der Leyen rilancia la leadership dell’Europa e attacca i sussidi Usa | L’intervento

Un Piano industriale per il Green Deal europeo basato su due pilastri: il NetZero Industry Act, con cui riscrivere le regole sugli aiuti di Stato in risposta ai sussidi americani, e più in avanti il Fondo Sovrano Europeo.

Dopo mesi di accuse per una mancanza di politica industriale, di narrazione di un’Europa che si mette nelle mani della Cina prima ancora di sfilarsi dal cappio del gas russo, Ursula von der Leyen a Davos prova a rilanciare la leadership europea: attaccando i sussidi protezionistici degli Usa e le pratiche commerciali aggressive della Cina.

Ma deve fare i conti con i mal di pancia dei Paesi che hanno troppo debito per gli aiuti di Stato e vorrebbero subito fondi europei: “Attenzione a non fare autogol”, è il commento che arriva dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti da Roma.

L’occasione è un Forum economico mondiale con penuria di leader europei (salvo lo spagnolo Sanchez e il cancelliere tedesco Scholz) e che, in uno ‘special address’, dà all’ex ministra della Difesa tedesca il vantaggio di una platea pro-Ue e di un’audience molto attenta alla parità di genere: tutt’altra atmosfera rispetto agli sgambetti concessi da Ankara al presidente del Consiglio Ue Charles Michel. E von der Leyen la coglie al volo.

“Nessuna impunità per i crimini russi” e un “saremo sempre al vostro fianco” rivolto agli ucraini in guerra era il minimo atteso da Davos. Ma il discorso prende presto una piega economica, anzi commerciale, visto che al Wef ci sono anche i due rappresentanti del Commercio estero di Cina e Usa.

Alcuni elementi dell’Inflation Reduction Act, 369 miliardi di sussidi voluti da Biden per aiutare le imprese nella transizione green, “sollevano varie preoccupazioni per gli incentivi mirati alle aziende: stiamo lavorando con gli Usa per trovare una soluzione”, spiega la presidente dell’esecutivo Ue invocando “reciprocità'”.

A stretto giro, sempre a Davos, arriva la risposta del segretario Usa per il Lavoro, Martin J. Walsh: “Riferirò alla Casa Bianca”, l’intenzione di Washington “non era rubare posti di lavoro”.

Toni poi insolitamente alti, da von der Leyen, verso la Cina, che “ha apertamente incoraggiato” le aziende energivore europee a delocalizzare nel suo territorio” e da cui “vediamo tentativi aggressivi di attrarre la nostra capacità industriale”. Liu He, vicepremier cinese, a Davos glissa sul tema della ripresa e tranquillizza sul Covid.

A Davos la presidente della Commissione Ue porta il suo “Piano Industriale” – tema ambizioso visto che Paesi come l’Italia lamentano da decenni una sclerosi che impedisce una politica industriale nazionale – per fare dell’Europa “la casa” dell’innovazione targata emissioni-zero.

Un pilastro sarà uno sforzo di semplificazione e velocizzazione dei progetti strategici che von der Leyen chiama ‘NetZero Act’ sulla falsariga del Chips Act e accompagnato da un ‘Critical Raw Material Act’ sugli approvvigionamenti di terre rare come il litio per le batterie, su cui finora l’Ue dipende dalla Cina.

Servirà un atteggiamento commerciale più assertivo, specie verso la Cina: significa “usare tutti gli strumenti contro pratiche scorrette”, tuona von der Leyen.

Il nodo, come sempre, sono i soldi. Nell’attesa del Fondo Sovrano Europeo che “prepareremo nella revisione di medio termine del bilancio quest’anno”, la Commissione propone “di adattare temporaneamente le nostre regole sugli aiuti di Stato per velocizzare e semplificare”: aiuti “mirati per le strutture produttive su catene del valore strategiche, contro i rischi di delocalizzazione creati dai sussidi stranieri”.

Uno schema che ambisce al ‘si” di Berlino, ma che – appunto – rischia di lasciare scontenti i Paesi costretti a risparmiare per l’alto debito. Come l’Italia: “Il semplice allentamento delle regole degli aiuti di Stato – dice Giorgetti in una nota sull’Ecofin a Bruxelles – non è una soluzione perché sarebbe sproporzionato avvantaggiare gli Stati membri che godono di un margine di bilancio più ampio, aggravando così le divergenze economiche all’interno dell’Unione e conseguente frammentazione del mercato interno”.

Il Commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni guarda al compromesso: “Dobbiamo snellire” gli aiuti di Stato ma “abbiamo bisogno anche di finanziamenti comuni”.

Decisiva potrebbe essere la posizione che assumerà la Francia: tre anni fa si schierò con l’Italia e ne scaturirono gli aiuti del Recovery, oggi chissà.

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