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Vincenzo Visco (economista): «Il ministro Franco e la riforma fiscale»

L’orientamento del governo Draghi in materia di riforma fiscale è stato presentata alle Commissioni Finanze di Camera e Senato dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco. L’economista Vincenzo Visco descrive il suo intervento come «prudente, piuttosto evasivo e alquanto reticente» e ne evidenzia «alcuni indirizzi».

«Il primo» spiega Visco «è che pensare di ridurre la pressione fiscale di 2 punti di Pil come richiesto dalle Commissioni, è improponibile nel breve periodo, data la situazione di finanza pubblica. Il secondo, collegato, è che una riforma fiscale non può essere fatta in disavanzo, e che quindi essa dovrà esplicare i suoi effetti in un numero di anni sufficiente ad evitare che ciò avvenga, eventualmente anche tagliando la spesa. Data l’entità delle richieste parlamentari, ciò può voler dire mai».

«Su tutte le questioni più rilevanti e delicate (base imponibile e struttura dell’Irpef, riorganizzazione del sistema Dit, Irap, tassazione dei redditi di capitale, ecc.), Franco ha sostenuto che decidere nel merito spetterà al legislatore delegato indipendentemente dagli indirizzi del Parlamento, affermazione piuttosto netta e audace, che porta a ritenere che entro fine luglio sarà presentata una delega inevitabilmente vaga e generica, che poi sarà “riempita” in sede di decreti delegati, grazie anche al contributo di una Commissione di esperti», scrive su InPiù.net.  

«La costituzionalità di tale modo di procedere è per lo meno incerta. In proposito non posso evitare di rinviare alla riforma che porta il mio nome del 1996-97, che si basò su ben 11 deleghe estremamente precise e dettagliate, in modo che il Parlamento fosse perfettamente consapevole di cosa stava votando».

«Le conseguenze possibili di tale approccio sono due: o il Governo farà come gli aggrada, e il Parlamento dovrà abbozzare, o inizierà un’estenuante trattativa riservata tra governo e partiti, con il risultato di ottenere una pessima riforma. Problemi di costituzionalità a parte, consiglierei vivamente la prima soluzione per evitare pasticci di ogni genere», continua.

«Franco ha anche insistito sulla necessità di contrastare l’evasione fiscale, e in verità realizzare tale obiettivo sarebbe l’unica soluzione possibile per tenere insieme richieste di riduzione delle imposte, equilibrio di bilancio e spese aggiuntive che la pandemia ci lascerà in eredità. Ma proprio su questo le aspirazioni di Governo e Parlamento risultano particolarmente divaricate».

«Per alcune forze politiche (la destra, e Fi), l’evasione non va contrastata, essa infatti per alcuni rappresenta quasi un diritto naturale del cittadino; per altri, se tutti fossero costretti a pagare le tasse dovute, molte attività dovrebbero chiudere, il che non è possibile; vi sono poi coloro (i 5S) che sostengono che l’evasione vada combattuta con estrema durezza, in particolare con strumenti penali, ma poi in concreto, scelta dopo scelta, convergono sistematicamente sulle posizioni di chi l’evasione non vuole combatterla, evidente nostalgia del governo giallo-verde; vi sono poi quelli del “vorrei, ma non posso” (il Pd)».

«E infine» conclude l’economista «la pattuglia di Leu schierata a favore della fine di questa anomalia italiana, anche se non sempre in modo compatto. Stando così le cose è bene che il Governo su questo punto provveda da solo con l’energia necessaria. Ma se le cose stanno così, vi è anche il rischio che alla fine non sarà possibile fare nulla».

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