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Tim è al punto di svolta | Lo scenario

Per la prima volta dopo 13 anni, ossia dal 2010, Tim ha centrato tutte le guidance per due anni consecutivi.

Dopo 22 trimestri di calo senza soluzione di continuità, i ricavi da servizi – ossia quelli delle attività core del gruppo tlc – sono tornati a vedere il segno più nel quarto trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: 2,85 miliardi di euro, +1,2% anno su anno.

E ancora: per il terzo trimestre consecutivo i margini delle attività in Italia hanno registrato un miglioramento anno su anno.

L’ebitda è cresciuto del 5,5% tendenziale nel periodo ottobre-dicembre, arrivando a 1,02 miliardi, con un miglioramento complessivo nel 2023 dell’1,7% a 4,24 miliardi.

Numeri paragonabili anche per quanto riguarda l’ebitda after lease, arrivato a 872 milioni nel quarto trimestre (+5,3%) e a 3,71 miliardi nel 2023 (+1,3%).

L’elenco di «prime volte», scrive MF-Milano Finanza, evidenziato dal management di Tim, è significativo perché sta a indicare come l’inversione di rotta del gruppo sia stata effettivamente avviata negli ultimi due esercizi.

Due anni che coincidono con la gestione di Pietro Labriola e del suo team.

L’amministratore delegato, subentrato a Luigi Gubitosi a dicembre 2021, ha imbarcato da subito il cfo Adrian Calaza.

La coppia si era già resa protagonista del rilancio di Tim Brasil, scommettendo sull’acquisizione di Oi e trasformando così il ramo sudamericano della società in quello che attualmente, numeri alla mano, è il gioiello del gruppo.

Il motore brasiliano Tim Brasil oggi produce oltre un quarto del fatturato e un terzo dei margini del gruppo, con miglioramenti a doppia cifra e una guidance per il prossimo triennio che prevede una crescita media annua (Cagr) del 5-6% per i ricavi e del 6-8% per l’ebitda.

Certo, le problematiche non sono state risolte completamente.

Tim Consumer continua a registrare dei cali, nonostante il trend sia in miglioramento.

Anno su anno, i ricavi da servizi della business unit sono diminuiti del 4,2%, con un quarto trimestre che ha perso il 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2022.

Per fare un confronto, il periodo gennaio-marzo aveva visto ricavi da servizi flettere del 5,6%.

Il tasso di abbandono è rimasto stabile, mentre l’Arpu (ricavi medi per utente) sta risalendo sia nel settore del fisso (passato da un +1,4% del primo trimestre a un +5,2% del quarto) sia nel settore del mobile (+0,3% del primo al +2,9% del quarto).

Tim Enterprise ha invece registrato una crescita del 5,1% dei ricavi da servizi, spinta da circa un miliardo di incassi grazie al cloud.

Il fronte dei costi Sul mercato domestico il gruppo ha lavorato fortemente anche sul contenimento dei costi.

Dopo i 300 milioni risparmiati nel 2022, l’anno appena concluso ha portato a tagli per altri 800 milioni, rimanendo pienamente in linea per raggiungere l’obiettivo di risparmi per 1,5 miliardi entro il 2024.

Tra i fattori che hanno contribuito c’è il risparmio energetico prodotto con lo spegnimento della vecchia rete 3G e lo smantellamento di 14 mila cabine telefoniche, a cui vanno aggiunti i costi inferiori del personale tra riduzione dell’orario che ha visto il coinvolgimento di oltre il 70% degli occupati, i pensionamenti anticipati (circa 2.500 persone), le uscite volontarie (circa 600 unità) e gli spostamenti interni (500 persone).

Le prospettive per il futuro in Italia verranno svelate con il piano industriale 2024-26 al Capital Market Day del 7 marzo.

Intanto i commenti degli analisti sono stati positivi.

«I risultati raggiunti nel 2023 e la velocità di uscita del 4Q sono stati buoni», ha sottolineato Equita.

«L’ultimo trimestre e il rispetto delle previsioni per l’anno fiscale 2023 rassicurano sulla gestione operativa del management ed è potenzialmente un segnale positivo per il mercato italiano», ha aggiunto Goldman Sachs.

«Risultati sopra le aspettative, soprattutto per quanto riguarda l’ebitda», ha commentato Barclays.

Sullo sfondo rimane il nodo del debito, che continua a costituire una zavorra di cui disfarsi.

Anche nell’ultimo anno è cresciuto di circa 300 milioni, facendo lievitare quello netto a 25,6 miliardi e quello netto after lease a 20,35 miliardi.

Inoltre il mercato italiano rimane sfidante e congestionato, almeno fino a quando non ci sarà almeno una mossa di consolidamento.

Due problemi a cui Tim sta provando a trovare una soluzione, partendo dalla cessione della rete – una maxi operazione che vale fino a 22 miliardi di euro nella quale è direttamente coinvolto il Tesoro accanto al fondo americano Kkr – che consentirebbe alla società dei servizi di liberarsi della zavorra debito e di proporsi poi come attore protagonista anche nel risiko del settore tlc.

Lo scenario è fluido.

Da un lato il possibile matrimonio tra Vodafone e Fastweb, dall’altro un’Unione europea che per la prima volta sembra orientata a valutare la riduzione del numero di operatori per Paese da 4 a 3.

Ipotesi che aprirebbe le porte anche a un secondo consolidamento, chissà se con Tim protagonista.

In ogni caso per il gruppo il «punto di svolta», Labriola dixit, sembra essere adesso.

Forse anche per il titolo, che da un anno galleggia tra 24 e 32 centesimi.

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