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Stellantis: trovato l’accordo per la fabbrica delle batterie italiana a Termoli

È stato trovato l’accordo per la fabbrica delle batterie italiana del gruppo Stellantis si farà a Termoli, trasformando le vecchie meccaniche, dove ora si realizzano motori tradizionali e ibridi, in una gigafactory. Ora mancano solo le firme. Si tratta di un investimento superiore ai 2,5 miliardi. Di questi circa 370 milioni sono i soldi che il governo metterà su diverse linee e con un mix di strumenti differenti per sostenere la riconversione del sito in provincia di Campobasso dove oggi lavorano meno di 2.400 persone. Lo scrive La Repubblica aggiungendo che la discussione su Termoli, per l’esecutivo Draghi, è stato un banco di prova sulle misure che l’Italia può mettere sul tavolo per accompagnare il cambiamento verso la mobilità elettrica.

Domani a Palazzo Chigi, dopo le sollecitazioni delle associazioni, Federmeccanica e Anfia, e dei sindacati metalmeccanici, ci sarà un confronto tra i ministri proprio sull’auto. Dalle informazioni che filtrano dal Mise, già la prossima settimana potrebbe essere ufficializzato l’accordo per realizzare l’impianto Acc, acronimo di Automotive Cells Company, la joint venture tra Stellantis, Mercedes Benz e TotalEnergies.

Fabbrica da cui usciranno le batterie per i nuovi modelli Stellantis, gruppo partecipato da Exor che controlla Repubblica. Domani mattina a Palazzo Chigi il ministro Giancarlo Giorgetti incontrerà il sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli, e i colleghi all’Economia Daniele Franco, alle Infrastrutture Enrico Giovannini, alla Transizione Energetica Roberto Cingolani per fare il punto sulle misure per il settore.

Il Mise, oltre a un ritorno degli eco incentivi per l’acquisto di auto elettriche, ha studiato nove linee di intervento: contratti di sviluppo, accordi di innovazione, temporary innovation manager, nuova Sabatini per l’acquisto di macchinari, misure per il trasferimento tecnologico, il fondo nazionale per l’innovazione e poi fondi Pnrr su ricerca e Ipcei, Importanti progetti di comune interesse europeo, come idrogeno ed elettromeccanica. Le imprese a rischio non mancano: 900 nel solo settore powertrain. Circa 73.000 i posti di lavoro che spariranno senza una transizione soft. Per Pichetto sono necessari 10 miliardi in 10 anni con un picco tra il 2024 e il 2028.

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