Ricordo lo stupore del presidente Trump – scrive su Repubblica Paolo Gentiloni – quando, negli incontri all’avvio del suo primo mandato, constatava il deficit di decine di miliardi negli scambi commerciali degli Stati Uniti con l’Italia. Merito della nostra industria, della sua capacità di adattarsi e di innovare. Oggi, tuttavia, questo straordinario asset italiano vive una stagione difficile che merita di essere al centro dell’attenzione pubblica.
Siamo nel mezzo di una nuova rivoluzione industriale, con l’innovazione digitale trainata dall’intelligenza artificiale e con le sfide del cambiamento climatico. In passato la nostra industria è sempre riuscita a fare surf sulle onde dei grandi cambiamenti, e questo è motivo di ottimismo. Ma nulla è scontato. Si dirà che la partita dell’intelligenza artificiale è ormai persa in Europa e si gioca solo tra Cina e Stati Uniti. Il che è senz’altro vero per le imprese che con investimenti colossali stanno sviluppando i nuovi modelli di intelligenza artificiale generativa.
Essere indietro su questo piano può comportare conseguenze per la stessa sovranità dell’Europa, oltre che dirottare enormi flussi finanziari. Ma questo non significa dare per scontato anche un ritardo nell’incorporazione dell’intelligenza artificiale nella nostra industria (e nei servizi). Al contrario. Tra i tanti esempi: il fatto che la produzione di massa di automobili sia stata inventata da Henry Ford non ha impedito a Giappone e Germania di diventarne i campioni mondiali.
Il tempo per uscire dalle difficoltà e per agganciare gli enormi cambiamenti della nuova rivoluzione industriale è ora, ma da parte del governo non si vede una strategia all’altezza dei rischi e delle opportunità. È invece il momento di aprire nuovi mercati al nostro export. Il secondo fronte è quello del sostegno alle imprese negli investimenti per l’innovazione digitale e la transizione climatica.








