Il campionato di calcio può dirsi ancora italiano?
Se si prendono le prime sei squadre nella classifica di serie A e le rispettive proprietà si fatica a pensarlo.
L’Inter è in attesa di sapere se sia ancora di proprietà del cinese Steven Zhang e comunque nell’ipotesi a lui avversa sarà detenuta dal fondo statunitense Oaktree.
Il Milan di RedBird ha in corso una causa che svelerà se esso è ancora di Elliot e di sicuro ha avuto come ultimo proprietario italiano Silvio Berlusconi.
La Juventus è da sempre della famiglia Agnelli ma è controllata dalla holding di famiglia, Exor, che ha sede fiscale in Olanda.
Analogo discorso si può fare per il Bologna (il proprietario Joey Saputo è italo canadese), l’Atalanta (ceduta da Antonio Percassi al fondo Usa Bain Capital) e la Roma, da tempo controllata dalla famiglia texana dei Friedkin.
Considerando che ormai la finanza è entrata nel pallone non c’è nulla di strano ad avere delle compagini calcistiche di fatto globali e apolidi: succede in Francia e in Inghilterra per citare altri due grandi campionati.
Ma fa un po’ sorridere che il governo Meloni abbia deciso di chiudere un occhio sul pallone straniero e di dare la caccia senza quartiere a tutti i prodotti a quattroruote che evocano l’Italia: dalla nuova Alfa Romeo Milano, ribattezzata precipitosamente Junior in quanto costruita in Polonia e alle 134 Topolino provenienti dal Marocco e bloccate al porto di Livorno dalla Guardia di Finanza perché espongono sulla livrea un piccolo tricolore, tolto in fretta e furia anche da un’altra vettura Stellantis, la Seicento.
Archiviate le auto, che ormai costano come una piccola casa in periferia, gli italiani si tengono stretta una passione: il calcio – per non dire football, visto l’andazzo autarchico – che ha un sapore societario tutt’altro che nazionale.
Probabilmente la legge del 2004, ben ideata dall’attuale ministro del made in Italy Adolfo Urso, che vieta l’italian sounding applicata alla Topolino, potrebbe essere estesa anche a chi ha il marchio della Madonnina o della Lupa ma milanese o romano non è.
Provocazioni a parte, sarebbe interessante vedere, bilanci alla mano, chi ha vinto lo scudetto dei conti quest’anno e chi invece giustifica, con i suoi andamenti in rosso, il progetto del ministro dello Sport e dei Giovani Andrea Abodi di costituire un’autorità governativa per monitorare entrate e spese delle società calcistiche che a volte usano impianti pubblici di Sport e Salute.
In quest’ultimo caso profitti e perdite non hanno colore e sono tali a prescindere dalla nazionalità che si vuole invece proteggere per tutto il resto.
Che serva anche un ministero per la Sovranità calcistica?