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Save The Children, donne “equilibriste del lockdown”, Bonetti: “Interventi per le famiglie”

Un termine che rende perfettamente l’idea di come le donne, le madri in particolare, abbiano dovuto barcamenarsi tra casa e lavoro, conciliando le due cose in questo periodo di emergenza sanitaria. Questo è quanto emerge dal rapporto di Save The Children Italia presentato alla ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti. ”il rapporto sulla maternità nel nostro Paese – esordisce la ministra – ci  restituisce una fotografia chiara sul ruolo e sulle fatiche delle madri, aumentate con l’emergenza sanitaria. È un’ulteriore conferma che è il tempo di agire e di farlo subito con politiche di stabilità e orizzonte per le famiglie. Il Paese ha urgente bisogno di un investimento forte nelle relazioni, nelle reti sociali, nell’educazione e nel lavoro delle donne. Il #FamilyAct  – ha continuato la Bonetti – ha già tracciato la strada, è da qui che possiamo finalmente invertire la rotta”.    

I NUMERI DEL RAPPORTO
Lavoro domestico

Per il 74% delle intervistate, di una situazione peggiorata per quanto riguarda i carichi del lavoro domestico, specie per le 3 milioni di lavoratrici con almeno un figlio minore di 15 anni, pari a circa il 30% delle occupate totali (9  milioni e 872 mila). Poi, nelle  famiglie più a rischio povertà il carico di cura nelle famiglie è sulle spalle delle donne: il 51,7% e’ la donna da sola a occuparsi dei figli, il 50,3% a fare la spesa, l’80,2% a pulire la casa e lavare i vestiti e il 70,5% a cucinare.    

Lavoro non domestico
Lavorando da casa, oltre una professionista su due (59,1%) ha  avuto la sensazione di aver avuto carichi di più pesanti  rispetto alle giornate in ufficio. Il dato cresce di 7 punti,  arrivando ai due terzi del campione, se si considerano le  lavoratrici con figli. Non è il lavoro da casa, cresciuto a  dismisura con il lockdown, la misura che sostiene davvero la carriera professionale di una donna e che soprattutto le evita  di dover scegliere tra lavoro e figli.

LA RICERCA WYSER
A ribadire i numeri sono state anche le partecipanti alla ricerca di Wyser, società internazionale di  Gi Group, condotta in occasione dell’anniversario del “Soffitto di Cristallo”.  Secondo l’84,1% delle professioniste è infatti la  flessibilità oraria la chiave e queste settimane di lockdown lo  hanno dimostrato.

“Il lavoro da casa, da remoto, e lo smart  working sono due cose distinte – ha detto Marinella Sartori, Direttore Commerciale di Wyser Italia – il telelavoro implica semplicemente il mancato spostamento dalla propria abitazione al  posto di lavoro, di fatto, gestendo le attività dal proprio  studio tra le mura domestiche, per chi può contare su una stanza  dedicata. Si rispettano i ritmi e gli orari delle giornate in  ufficio e in sostanza la differenza è data dalla location. Lo  smart working invece è qualcosa di molto diverso, che implica  una certa elasticità e un drastico cambiamento a livello di  filosofia stessa del lavoro: le giornate non sono più scandite  dagli orari, ma dagli obiettivi. Pertanto – continua – vengono date  flessibilità, autonomia e responsabilità ai professionisti, che  gestiscono il loro tempo in autonomia e hanno come unico vincolo  il rispetto delle scadenze e delle consegne, oltre alle  inevitabili teleconferenze di allineamento”.

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