Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Simone Rubin, direttore Bristot Academy: “Abbiamo scelto di puntare sui giovani degli istituti alberghieri” | L’intervista

Simone Rubin, head of Bristot Coffee Academy, accademia certificata SCA Premier Training Campus, attestazione rilasciata da SCA – Specialty Coffee Association – solo alle Accademie che presentano i più elevati standard qualitativi di educazione sul caffè a livello mondiale, ha rilasciato un’intervista all’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia.

Caffè Bristot è un marchio cresciuto nella tradizione e che ha scelto di trasmetterla, in modo particolare scegliendo di investire nella creazione di una cultura del caffè con l’Academy Bristot, nata nei primi anni ’90. In questi decenni di sviluppo come si è evoluto questo progetto? Quali sono i risultati più significativi che sentite di aver raggiunto?

«L’Accademia segue il passo dei tempi. Un tempo era sufficiente divulgare ai baristi le basi per la corretta preparazione di un espresso e di un cappuccino. L’avvento della “third wave”, l’ondata innovativa proveniente dall’Australia e Nuova Zelanda che ha rivoluzionato, evoluto ed internazionalizzato il ruolo del barista, ha permesso ai professionisti di settore di informarsi molto di più sui prodotti ed acquisire delle abilità sia tecniche, come il latte art e la creazione di nuove bevande al caffè, che comunicative nei confronti del consumatore. Negli anni, infatti, sta cambiando anche il modo che le torrefazioni hanno di comunicare ai loro interlocutori, che nello specifico caso sono i Baristi».

«Sostanzialmente i baristi hanno cominciato a studiare il caffè, sono molto più interessati ad estrarlo nel migliore dei modi, acquisendo tecniche sempre più innovative. Negli ultimi anni abbiamo captato che ovunque il prodotto si trattasse con determinata cura e conoscenza, il mercato rispondeva di conseguenza, permettendo alla forza vendita di proporre miscele di qualità più elevata rispetto alla media del mercato. La trasformazione, spiega, è fondamentale: «Il nostro caffè, se trattato propriamente risulta un ottimo prodotto, se lavorato mediocremente ne risente soprattutto il prodotto in tazza».

«Lo scopo dell’accademia è prima di tutto quello di innalzare la preparazione professionale dei baristi che scelgono caffè Bristot, e di divulgare la conoscenza della materia prima anche al consumatore finale».

L’Academy oggi è presente in 15 Paesi, inclusa l’Italia, dove le sedi sono 3. Quali sono i numeri attuali e come si è diffusa nei nuovi mercati europei?

«Abbiamo appena aperto un Academy negli Stati Uniti, nel New Jersey, ne abbiamo una nel Rhode Island, mentre in Europa, oltre che in Italia, siamo presenti in Germania, Grecia, UK, Irlanda, Romania, Polonia, Slovacchia, Serbia, Israele, Mosca e San Pietroburgo, arrivando anche a Shangai e in Australia. Ci siamo espansi portando l’Accademia laddove i mercati c’erano o erano in via di sviluppo. È un processo graduale che una volta avviata la parte commerciale e tecnica all’interno di un paese, l’accademia si affianca per dare un miglior servizio ai nostri clienti».

Quante persone hanno preso parte al progetto, tra personale e studenti?

«Negli ultimi due anni, la pandemia ha fatto sì che i baristi non potessero venire in visita nostre accademie. Le chiusure ci hanno impedito di muoverci, e anche gli anni successivi sono stati molto influenzati da quest’emergenza. L’Accademia si è adattata, modificando il normale svolgimento delle operazioni. Se pre-pandemia, baristi, tecnici, agenti venivano direttamente in Accademia, negli ultimi due anni il movimento si è spostato: è l’Accademia ad arrivare ai clienti, tramite webinar, video corsi e, dove possibile, corsi svolti direttamente nei bar».

«L’Academy non è fatta solo di spazi fisici, ma sono soprattutto da persone che hanno in comune la passione per il caffè e che sentono attaccamento al marchio, per cui vogliono rendere giustizia a quello che è un buon caffè. Il rebranding ha aiutato tantissimo in questi anni, ma è solo l’inizio».

«In Italia ci sono 5 persone che compongono l’accademia, mentre all’estero ci sono più di 30 trainers che hanno il compito, oltre tenere i corsi, di visitare i clienti, controllare la qualità del caffè estratto, svolgere training ai baristi e supervisionare che tutto funzioni al meglio. La figura del Trainer è caratterizzata da un aspetto tecnico e comunicativo particolare: parliamo sia il linguaggio dei baristi, che quello della qualità: tutti noi abbiamo lavorato nei bar, conosciamo quindi il mondo che lo caratterizza. Ciò ci permette rapportarci sia con i baristi che con il reparto produttivo. Proprio i baristi sono i nostri primi interlocutori e quelli che poi andranno a maneggiare il prodotto, per questo la comunicazione è fondamentale nel nostro lavoro: siamo un collegamento tra il barista, il venditore e il prodotto vero e proprio».

Oltre ai successi di cui abbiamo già discusso, l’Academy vanta diverse collaborazioni con istituti superiori come quelli in provincia di Padova a Montegrotto Terme e Este, poi a Chioggia e Longarone (Bl). Come hanno influito queste partnership con la crescita dell’accademia? Qual è il motivo che vi ha spinto ad avviare queste partnership e come si sviluppano?

«Questo è un vero e proprio progetto Academy-Educational», afferma. «Sembra banale, ma i giovani sono il nostro futuro. Bisogna puntare sui giovani. È un investimento che si fa, non su una singola risorsa, ma a largo spettro. Abbiamo scelto gli istituti professionali e alberghieri perché sono quelli che più hanno affinità con quello che facciamo. Potrebbero essere i prossimi baristi o anche i prossimi ambassador per quel che riguarda il nostro mondo».

«Per quando riguarda l’Italia, si è scelto di investire su questi istituti e questi giovani per portare avanti un progetto di awareness su quello che è il caffè e come lavora Bristot. Facciamo tutto con criterio e con tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione. Le persone sono ben formate, quindi chi meglio di noi può trasferire questo messaggio ai giovani? Anche perché, specialmente in Italia, il caffè viene visto come una cosa da prendere velocemente al bar e molto spesso viene sottovalutato il lavoro di tutta la filiera, che in realtà è ben più complesso».

«Tecnicamente parlando, ci possono essere diverse qualità di caffè, e non tutti i consumatori riescono a distinguerne caratteristiche, pregi e difetti; tutti noi, però, siamo in grado di capire se un caffè ci piace oppure no. Quando un caffè espresso è ben eseguito, nella stragrande maggioranza dei casi, il caffè piace. Ovviamente deve essere fatto bene, e chi lo estrae il barista. Ecco dove nasce il progetto educational, che per ora riguarda le scuole alberghiere, più avanti chissà. Magari potremmo aprire il progetto a nuove scuole» aggiunge aprendo a possibili nuove esperienze. «Vedremo come va, per ora stiamo piantando questi semi».

«I ragazzi cominciano a bere caffè al liceo, generalmente in terza o quarta superiore», dice. «All’epoca bevevo caffè senza sapere bene cosa fosse. Ero abbastanza interessato, ma non c’erano nozioni a riguardo. Mi era difficile stabilire cos’era un buon caffè. Sapevo solo che alcuni mi piacevano e altri non mi piacevano, ma non capivo il perché. Con questa iniziativa vogliamo dare anche la possibilità ai giovani di capire cosa stanno bevendo e di far loro scegliere, in base alla qualità del caffè, cercando di capire cosa piace e cosa non piace – anche perché abbiamo un’ampia gamma di caffè tra cui scegliere».

Quest’anno siete stati sponsor ufficiali della competizione di Latte Art al World Coffee Championship che si è tenuto per la prima volta in Italia, a Milano. Cosa ha rappresentato per voi entrare a far parte di un evento così influente nel mondo del caffè?

«La SCA (Specialty Coffee Association) è l’unico ente che tratta solo formazione del caffè, ed è riconosciuta a livello mondiale. Hanno preso parte al WOC baristi da più di 100 paesi, affiancare il nostro marchio e la nostra accademia a un’associazione così importante è motivo di orgoglio. Siamo stati scelti come fornitori per le loro gare. Certo, non sono gare di assaggio, ma non per questo è meno importante la qualità del caffè. La SCA è molto esigente e ha standard molto elevati».

«Nella latte art è necessario un bel contrasto di colore con il latte, l’estrazione dell’espresso deve essere perfetta, visivamente la crema non deve presentare bolle, deve essere compatta e non deve avere tessiture diverse dall’elastico e setoso. La miscela da loro selezionata, il Sublime 100% arabica, rientrava perfettamente nei rigidi parametri di tostatura e qualità richiesti dalla Specialty coffee Association. Questo ci fa capire che da cent’anni siamo sulla giusta strada. Come precedentemente accennato, Il prodotto funziona, l’unico modo di rendere giustizia è puntare sulla formazione di chi lo maneggia».

Nel 2022 Caffè Bristot ha conseguito diversi riconoscimenti, a partire da quello assegnato da Camaleonte, la guida italiana di caffè e torrefazioni. Ce ne può parlare?

«Oltre alla premiazione come “miglior prodotto d’Italia Bio Fair Trade dell’anno” nella categoria espresso, la guida Camaleonte ci ha premiato come “torrefazione rivelazione dell’anno” assegnatoci per le qualità afferenti al prodotto e la comunicazione verso il consumatore, che ci ha permesso di raccontare le caratteristiche della miscela direttamente sul fronte del packaging».

«Sul fronte del nostro pacchetto comunichiamo il profilo organolettico di quello che c’è all’interno. Sul lato, inoltre, diamo anche delle linee guida su come utilizzare il prodotto per estrarne il meglio. Così come noi lo assaggiamo in laboratorio ogni giorno, così il barista può replicarlo nel suo locale. Vengono riportati la dose, la temperatura d’estrazione ideale e la qualità dell’acqua. Diamo il prodotto e spieghiamo anche come ottenere il miglior caffè possibile».

«In ogni bar ci sono configurazioni sempre diverse di attrezzature, con acqua diversa. L’acqua è uno dei due elementi necessari a ottenere il caffè. Se ho acqua più o meno dura o più o meno morbida il caffè può avere gusti, sapori e aromi diversi. L’acqua ha una grande rilevanza nel risultato finale, per questo abbiamo avviato un corso proprio sull’acqua: per dare modo ai baristi per padroneggiare sempre di più questo aspetto del processo».

Quali nuovi progetti vi aspettano per il 2023? Quali nuove iniziative metterete in campo?

«Il 2023 sarà un anno per tornare a come eravamo rimasti, ma con una spinta in più. Nell’ambito dell’Accademia vogliamo far tornare le persone in azienda, per far capire direttamente, sul campo, il valore aggiunto che Bristot può dare. Per capire la realtà dell’azienda bisogna guardarla dall’interno. Anche con eventi “porte aperte”», spiega. «Poi ci sono mercati sicuramente che meritano maggior investimenti come la Germania e Stati Uniti su cui vorremo concentraci in questo 2023».

«Nel mercato Italia il focus sarà anche quello di affiancare i baristi nell’individuare i trend del momento ed aiutare a ricreali nei propri locali, attraverso una più ampia offerta di prodotto (nuove ricette, nuovi cocktail da fare con il caffè, prodotti alternativi al caffè, ecc…). Svilupperemo un piano formativo molto importante», prosegue. «Verranno proposti corsi di introduzione all’assaggio, rivolti a baristi e curiosi; corsi di estrazioni alternative all’espresso (ad esempio caffè filtro, cold brew, mixology)» conclude. «Accademia parla di caffè, ma il nostro obiettivo è di dare una mano al barista con una gamma di prodotti che possono aiutare a sostenere la sua attività».

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.