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Giuseppe Remuzzi (direttore istituto Mario Negri): «Con il passaporto vaccinale possiamo convincere gli indecisi»

Per molti il Green pass rappresenta una soluzione essenziale per evitare un nuovo lockdown e ulteriori restrizioni. Ma non solo, perché il passaporto vaccinale può assumere anche il ruolo di «incentivo per coloro che hanno paura dei vaccini, come si vede dal boom di prenotazioni. Non possiamo convincere i no vax, ma gli indecisi sì, e non sono pochi». Questa la prospettiva fornita da Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto Mario Negri.

«La frase del presidente del Consiglio è tecnicamente ineccepibile. Oggi esistono due epidemie: quella dei vaccinati e quella dei non vaccinati. La prima è paragonabile a un’influenza, la seconda è un’infezione potenzialmente letale. Lo spiega bene un articolo del Washington Post, dove Roy Gulick, capo delle Malattie infettive alla Weill Cornell Medicine di New York, dice che il 97% dei ricoverati per Covid non è stato vaccinato».

«A conferma di ciò vediamo che in Gran Bretagna oggi (ieri per chi legge, ndr), a fronte di 36mila nuovi contagi giornalieri, i morti sono stati “solo” 64. Il 20 gennaio i contagi erano 38mila e i decessi 1.300. I vaccini autorizzati in Europa e negli Stati Uniti sono estremamente potenti nel proteggere da malattia grave e morte. Al contrario, non sappiamo ancora quanto blocchino i contagi, soprattutto alla luce della rapida diffusione della variante Delta». Afferma Remuzzi in un’intervista al quotidiano Il Corriere della Sera.

«Sbaglia chi parla di “limitazione della libertà”» sottolinea Remuzzi in riferimento all’utilizzo del Green pass come incentivo alle vaccinazioni. «Anche la patente potrebbe essere vista in questo modo, ma non vogliamo che una persona che ne è priva guidi la macchina, mettendo a rischio sé stesso e gli altri. Sarebbe importante estendere il green pass alle scuole, dando una sorta di “idoneità” agli insegnanti vaccinati. In una pandemia, non è pensabile che chi lavora a contatto con altre persone non sia protetto».

«I vaccini a base di mRna si sono rivelati molto efficaci e sicuri negli under 18. I casi di miocardite e pericardite (4 su 100mila vaccinati) si risolvono spontaneamente nel giro di pochi giorni e non c’è il rischio di complicanze. Al contrario, – spiega Remuzzi – Covid nei bambini può provocare, anche se molto raramente, la sindrome infiammatoria multisistemica, che richiede cure intensive e può causare effetti indesiderati anche a distanza di tempo».

«Ci sono due ragioni fondamentali per dire sì alla vaccinazione in gravidanza: la prima è che le donne incinte hanno una ridotta capacità polmonare per la pressione esercitata dall’utero e quindi rischiano una malattia più grave (con il doppio delle probabilità di dover ricorrere alla ventilazione assistita rispetto alle altre donne)», spiega ancora Remuzzi.

«La seconda è che il sistema immunitario in gravidanza si indebolisce. Anche quando si allatta il vaccino è consigliato: nel latte materno sono presenti anticorpi che passano al bambino, anche se non sappiamo ancora quanto lo proteggano».

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