Con l’avvento del 2025, e il rapido cambio di passo imposto da Donald Trump, commenta sul Corriere della Sera Carlo Verdelli, ci troviamo davanti a uno scenario che promette di spazzare via il precedente, usando tutte le armi a disposizione del comandante in capo del Paese egemone e dei suoi sempre più numerosi e solerti alleati.
L’obiezione che Trump sia stato democraticamente eletto (come del resto Putin, Xi Jinping, Orbán o Erdogan, sorvolando sull’affidabilità di certe votazioni) non sposta di un millimetro il rischio che la forma di governo che ha consentito quasi un secolo di diritto alla dignità della persona, e impedito che tante guerre fredde diventassero calde, sia entrata in una fase clinica delicatissima.
La cultura del rispetto dei trattati, delle Carte fondamentali, dell’autodeterminazione dei popoli e anche dei singoli, è al momento in prognosi riservata.
Prendere più voti dell’avversario non significherebbe prendere tutti i voti, ma questa è la piega che sta orientando l’azione dell’Esecutivo, e non soltanto negli Usa.
Chi vince dovrebbe governare nell’interesse collettivo, che prevede anche i bisogni e le istanze di chi ha perso, e non soltanto la tutela della parte che rappresenta; rispettare i contrappesi garantiti dalle varie Costituzioni; adoperarsi per rafforzare l’azione diplomatica ovunque si manifestino spinte alla sopraffazione di Stati o entità più deboli.
Donald Trump non ha inventato nulla di nuovo.
Ha solo offerto un grande ombrello alle tante forze nazionaliste, e quindi centrifughe, che già stavano tagliando i fili della coesistenza democratica.
Ha tolto il velo, con una neolingua cruda e all’occasione brutale, alle prudenze di chi non osava dire apertamente quello che covava.
Ha legittimato il potere della forza nuda a dispetto di ogni argine alzato contro le oppressioni e gli oppressori.
La sintesi perfetta l’ha offerta il suo vice, James David Vance: “Il modo migliore per impedire un’altra invasione russa è consentire agli americani di guadagnare soldi in Ucraina”.
Si chiama post-democrazia, dove la seconda parola è già sul punto di staccarsi per finire archiviata nel capitolo precedente della Storia.