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Pnrr e rinnovabili, 800 progetti bloccati da una norma | Lo scenario

Si chiama valutazione preventiva di interesse archeologico. E la parola chiave è proprio quel “preventiva”.  Perché chi vuole realizzare un grande impianto per le energie rinnovabili, pale eoliche o pannelli solari, deve chiedere questa autorizzazione, che comporta una verifica archeologica da parte del ministero della Cultura. E deve farlo prima ancora di richiedere la vecchia Via, la valutazione di impatto ambientale, affidata a una commissione in cui è comunque presente un rappresentante del ministero della Cultura.

Due verifiche, spiega il Corriere della Sera, che non possono viaggiare in parallelo ma una dopo l’altra, allungando ulteriormente i tempi del  procedimento. Con il risultato che ci sono circa 800 progetti in coda, che aspettano cioè di essere esaminati dalla commissione che si occupa degli  impianti previsti dal cosiddetto Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, che dovrebbe spingere l’Italia verso la decarbonizzazione, anche in linea col Pnrr, il Piano nazionale di ripresa  e resilienza.    

La modifica è stata introdotta la scorsa estate con il decreto Aiuti. E  il caso e’ emerso a fine agosto quando l’allora ministero per la  Transizione ecologica ha aggiornato i moduli per richiedere la Via, la valutazione di impatto ambientale, aggiungendo appunto anche la nuova Vpia, la valutazione preventiva di interessa archeologico. Già a dicembre Anev, l’associazione delle imprese dell’eolico, aveva fatto sentire la sua  voce contraria parlando di “inutile duplicazione che porta via un sacco di tempo”. Con l’obiettivo di spingere per un intervento correttivo che sembrava potesse trovare posto nel decreto legge Milleproroghe, approvato  dal consiglio dei ministri negli ultimi giorni dell’anno. Così non è stato, anche se il decreto è ancora in Parlamento per la conversione in legge e quindi non è detta l’ultima parola.    

In realta’ e’ in arrivo un altro provvedimento che potrebbe essere  utilizzato per modificare la norma. Si tratta del nuovo decreto per le  comunita’ energetiche rinnovabili, cioe’ cittadini, attivita’ commerciali  e imprese che possono unirsi per produrre e condividere l’energia  elettrica che arriva da fonti pulite. Al ministero dell’Ambiente si studia  il dossier ma al momento non ci sono certezze. Mentre dal ministero della  Cultura difendono la linea e fanno notare come l’archeologia preventiva  sia una pratica “gia’ consolidata nel codice degli appalti dal 2006”. E,  soprattutto, sia uno strumento “a tutela dell’operatore, che evita cosi’  sorprese in corso d’opera con l’emersione di evidenze archeologiche  inaspettate che comportano costi maggiori e sospensioni dei lavori”.    

Meglio prevenire che curare. Ieri anche la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha toccato il tema dell’energia pulita parlando di un “piano che renderà l’Italia più sostenibile da un punto di vista energetico attraverso l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, la riduzione dei consumi”. Mentre il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ha confermato che “nel 2022 sono stati  autorizzati 8 gigawatt di rinnovabili e quest’anno l’obiettivo resta  superare i 10 gigawatt”. Con l’obiettivo di avere 70 gigawatt di potenza  istallata entro il 2030. 

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