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Pil in calo, ma tengono i conti pubblici | L’analisi di Sergio De Nardis

Tra i cambiamenti delle regole di governance europea e lo shock Trump, la previsione primaverile del governo è passata quasi inosservata.

Con le nuove regole, il Def – a cui si dedicavano negli anni passati dettagliate radiografie da parte degli analisti – non esiste più.

È stato sostituito dal Documento di finanza pubblica (DFP), che non fa altro che monitorare l’andamento corrente e prospettico dell’economia e della finanza pubblica in rapporto agli obiettivi definiti, sei mesi prima, nel Piano strutturale di bilancio (PSB) e nel Documento programmatico di bilancio (DPB).

Il DFP è stato poi redatto nel pieno dell’esplosione dell’incertezza globale, a seguito della guerra commerciale scatenata da Trump e delle ripercussioni sui mercati finanziari, che hanno in molti casi stravolto quelle che apparivano attese consolidate degli economisti (ad esempio, dollaro che si svaluta, anziché apprezzarsi).

Che attendibilità hanno previsioni di Pil, inflazione e saldi pubblici finché non si dirada l’enorme nebbia da cui siamo avvolti?

Ciò premesso, le proiezioni del governo – validate dall’Upb, che ne sottolinea comprensibilmente i diffusi rischi al ribasso – appaiono in linea con le correnti valutazioni dei previsori.

Il Pil cresce in uno scenario a legislazione vigente dello 0,6% quest’anno e dello 0,8% nel 2026 e 2027.

Cumulativamente, quasi 1 punto in meno rispetto al quadro del PSB.

È un ridimensionamento sensibile che, però, non ha impatti sulla finanza pubblica.

Ciò in parte dipende dal miglioramento superiore alle stime dei saldi della PA conseguiti nel 2024, a seguito della fine del superbonus e dell’aumento della pressione fiscale.

In parte riflette il fatto che l’inflazione viene corretta all’insù nella previsione governativa per il 2025-27, talché il deterioramento della dinamica del Pil nominale (rilevante per i conti pubblici) è dimezzato rispetto a quello della crescita reale.

Nell’insieme, il cuscinetto dei migliori saldi del 2024 e il contenuto ridimensionamento della crescita nominale consentono di confermare le ipotesi di disavanzo avanzate nel PSB.

A tali previsioni ha fatto seguito la rivalutazione del “voto” sul debito italiano da parte di un’agenzia di rating, in un contesto peraltro di intensificata volatilità finanziaria.

Il governatore Panetta ha richiamato in proposito il miglioramento delle condizioni generali dell’economia rispetto alla crisi del 2011, dalle banche alle imprese e alla competitività del Paese.

È vero. Il punto interrogativo oggi riguarda l’effettiva entità di uno shock economico e geopolitico che appare, per molti versi, senza precedenti nella storia del dopoguerra e rispetto al quale la legislazione vigente ipotizzata nel DFP (ossia, l’assenza di interventi) si configurerebbe, invero, come lo scenario meno plausibile.

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