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Pierroberto Folgiero, AD Fincantieri: “Così valorizzeremo il titolo sul mercato”

Mentre i titoli della Difesa volano in borsa, quello di Fincantieri stenta a far emergere valore.

Proprio in questi ultimi giorni, l’azione ha registrato un rialzo complessivo intorno al 7%, sulle voci delle trattative con Leonardo per l’acquisizione di Wass, che produce siluri e sonar, per poi ripiegare a 0,47 euro e chiudere la seduta di venerdì 8 marzo di nuovo in rialzo a 0,515 euro.

La fiammata sul listino è la prova di un’anomalia di fondo: nella percezione del mercato, Fincantieri resta il grande gruppo della crocieristica, delle navi dei record ordinate da ben 18 armatori in tutto il mondo.

Ed è solo quando si parla di possibili operazioni straordinarie in area Difesa che ci si accorge di quanto, nel frattempo, sia cresciuta anche in ambito militare.

Parola allora, all’amministratore delegato Pierroberto Folgiero, che a MF-Milano Finanza spiega dove sta portando Fincantieri e come pensa di risvegliare l’interesse per il titolo.

Cominciamo dai numeri. Il bilancio 2023 segna l’atteso turnaround?

I progressi sono evidenti e siamo molto soddisfatti.

All’inizio del nuovo percorso, 18 mesi fa, la posizione finanziaria netta era negativa per quasi 3 miliardi di euro, oggi è poco sopra i 2 miliardi.

Ormai siamo a breakeven, la perdita residua per circa 50 milioni di euro è quel che resta di partite degli anni 70.

L’ebitda è cresciuto dell’80% e sfiora i 400 milioni.

C’è poi un dato particolarmente significativo per il mercato, il deleveraging.

Per l’anno in corso stimiamo un rapporto tra pfn ed ebitda migliore rispetto alla guidance di 6-7, con l’obiettivo di raggiungere un valore tra 5,5 e 6,5.

Come mai allora il titolo non prende slancio?

Il titolo Fincantieri è fuori dai radar, anzi non c’è mai stato fin dall’ipo del 2014, che è stata assorbita per quasi il 90% dal retail.

Per gli investitori istituzionali la taglia del titolo non è ancora interessante, c’è poca liquidità e ci stiamo lavorando.

Abbiamo un percorso chiaro davanti, per far emergere il nostro valore.

Come consuetudine dopo i conti, ora è il momento del roadshow nelle principali piazze finanziarie, da Milano a Londra.

Ci sono in particolare alcuni Paesi europei molto sensibili al business della Difesa.

Stiamo andando a spiegare una nuova equity story, basata anche sulla componente militare, e suffragata dai numeri.

Forse la nostra identità è meno intuitiva rispetto a quelli di altri gruppi con una connotazione esclusiva nel mercato militare.

Sta dicendo che c’è la possibilità di quotare un’altra tranche per allargare il flottante?

Le opzioni sulla valorizzazione del capitale sono competenza dell’azionista di riferimento (Cdp Equity, che detiene una quota del 71,3%, ndr).

Abbiamo il suo pieno supporto per tutto ciò che servirà a sostenere le scelte strategiche.

Ma nel frattempo, siamo certi di poter attirare l’interesse dei fondi grazie agli obiettivi e alle opportunità che si stanno aprendo per Fincantieri, non solo nei mercati per noi domestici di Italia e Stati Uniti, ma anche in Medio Oriente e Sudest asiatico.

La jv nella cantieristica con Edge negli Emirati Arabi andrà a intercettare gli investimenti miliardari che Abu Dhabi vuole indirizzare sulle proprie navi militari.

Guardiamo anche all’Indonesia, che è il più grande Paese musulmano al mondo, con migliaia di isole davanti alla Cina.

Alle voci su Wass però, il titolo ha reagito. Quanto c’è di concreto?

Non posso che ripetere quanto già espresso ufficialmente: nella strategia di crescita di Fincantieri c’è l’interesse a valutare diverse opportunità strategiche.

Va nella direzione del nuovo piano industriale e della creazione di valore per tutti gli stakeholder.

In caso di crescita per linee esterne, siamo pronti a valutare tutte le soluzioni finanziarie più idonee in base alle dimensioni e al tipo di operazione.

Come sono oggi i rapporti con Leonardo?

Abbiamo un rapporto molto buono con il management, improntato a massimizzare la collaborazione a vantaggio dei clienti, primo fra tutti la Marina Italiana, e dell’export.

Fincantieri è conosciuta in tutto il mondo per le navi da crociera. Come si conciliano business così diversi, leisure e Difesa?

Da un punto di vista industriale sono business assolutamente complementari, ciascun settore si avvantaggia delle competenze dell’altro, c’è uno scambio continuo che spinge all’avanguardia sottosistemi tecnologici comuni e complessi.

La capacità di gestirli entrambi, in sinergia, dai volumi alla flessibilità produttiva, è la forza di Fincantieri.

Se faremo navi da crociera verdi e navi digitali verdi, sarà proprio per questo interscambio di tecnologie tra civile e militare, in particolare grazie ai sistemi di automazione sviluppati per la Marina.

Se poi affrontiamo il tema da un punto di vista comunicativo, vorrei ricordare che sulla spesa militare, quella navale ha una serie di attributi in più e risponde soprattutto a una funzione di deterrenza, tipica della Marina.

Una flotta d’avanguardia difende i confini, protegge i fondali.

E in più è versatile negli impieghi, può avere un utilizzo duale.

Questo fa sì che la spesa navale militare sia anche più facile da accettare da parte dei taxpayer.

In una proiezione di lungo termine, sarà percepita come un investimento molto utile per la sicurezza nazionale e internazionale.

Ci troviamo in un ciclo industriale che durerà: la sicurezza è un interesse generale, un’industria della Difesa proattiva ne è la conseguenza.

Ci sarà molto da fare anche sott’acqua, per questo ‘underwater’ è un termine che ricorre nelle nostre strategie.

Non si limita ai sottomarini: c’è bisogno anche di droni e altri strumenti a protezione delle infrastrutture strategiche del Mediterraneo.

Questo porterà anche ad abilitare nuove tecnologie di trasmissione subacquea, che possono valere miliardi.

Nell’arco di piano come saranno distribuiti i ricavi?

Il piano prevede di portare i ricavi da 7,5 a oltre 9,5 miliardi di euro nel 2027.

Gran parte di questa crescita, oltre ad assicurare la piena occupazione dei cantieri Cruise, verrà dal settore militare navale, ma anche dalla ripresa dell’eolico offshore, con la controllata Vard.

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