La pax trumpiana non piace all’Europa – commenta su Libero Mario Sechi – per due motivi: costa, impone di riscrivere tutta la politica di spesa – a cominciare da quella per il welfare, fonte di enormi sprechi e inefficienze – e riporta le cancellerie del Vecchio Continente di fronte alle conseguenze economiche della guerra e della pace.
L’iniziativa di Donald Trump ha innescato la reazione isterica: sul piano “resort a Gaza”, il Presidente viene accusato di aver inaugurato la «diplomazia immobiliare»; sull’Ucraina di aver concertato la svolta con Vladimir Putin contro Kiev e l’Europa. Grandi scoperte e bugie sul fronte occidentale.
Un po’ di storia dovrebbe aiutare la bella addormentata Europa a risvegliarsi dal lungo sonno. Nel 1919 l’economista John Maynard Keynes scrisse dalla Conferenza di pace di Parigi un report per il governo di Londra: «Gli americani hanno proposto che si riversino sulla Germania i grandi stock di pancetta di bassa qualità in nostro possesso e li si rimpiazzi con stock più freschi e vendibili». Il presidente Wilson vuole piazzare la carne di maiale degli allevatori americani, a tutti i costi.
Keynes scrisse: «A ispirare le sue parole sono le abbondanti e costose scorte di carne di maiale, da scaricare a ogni costo su qualcuno, nemici o alleati che siano. I sogni di Hoover pullulano di maiali, ed egli si dichiara pronto a tutto pur di scacciare l’incubo». Guerra, pace e pancetta. La lezione di Keynes ricorda a tutti che le guerre finiscono e a quel punto si fanno i conti.
La Casa Bianca vuole riequilibrare la bilancia commerciale, tagliare gli sprechi nelle spese federali (pari a circa mille miliardi di dollari), riorganizzare l’Alleanza Atlantica, varare una politica di dazi reciproci. Si chiama America First, non è uno slogan.
Bloomberg Economics stima che per i principali alleati della Nato la pax trumpiana costerà circa tremila miliardi di dollari di nuovo debito nei prossimi dieci anni. È finita un’era, ma sul ponte del Titanic di Bruxelles l’orchestrina suona.