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Per rinnovare il sistema sanitario, i soldi del MES sono la strada più vantaggiosa

La priorità delle priorità, nell’Italia del Covid, è facile da indicare: il sistema sanitario, indebolito da dieci anni di tagli e risparmi. E di quanto c’è bisogno per rinnovare, rinsaldare, ammodernare il sistema?

La risposta la dà il governo nel recente Piano nazionale di riforma: “da una ricognizione effettuata – dice il testo – è emerso che il fabbisogno di interventi infrastrutturali in ambito sanitario è pari a 32 miliardi di euro”. Interventi infrastrutturali vuol dire escludere le spese correnti,  come farmaci e stipendi. Dunque, edifici, macchinari, formazione del personale, ciò che più qualifica un sistema sanitario. E, allora, dove troviamo questi 32 miliardi? Escludendo di prenderli dalle tasse, rimane solo la strada di chiederli in prestito. Con un debito pubblico che si avvia al 160 per cento del Pil, con chi vogliamo fare debiti in più, con i mercati o con gli altri governi europei? La differenza non è politica, ma economica. Sono conti da ragioniere.

Nell’ipotesi più ottimistica – e cioè che i rendimenti che ci chiedono gli investitori siano quelli, eccezionalmente bassi, di queste settimane: 1 per cento sui titoli a dieci anni – chiedere 32 miliardi di euro agli investitori privati significa sborsare, compresi dieci anni di interessi, circa 35 miliardi. Chiederli all’Europa, via Mes, significa sborsarne, in tutto, interessi compresi, 31 miliardi. In altre parole, su quegli investimenti infrastrutturali si risparmiano 4 miliardi di euro, grazie ai tassi di interesse negativi. Il contenuto concreto dell’interminabile dibattito sul Mes è tutto qui.

Quando, nei prossimi anni, si guarderà indietro ai tormentati mesi della pandemia, poche cose sembreranno più stucchevoli del dibattito sull’utilizzo o meno del Fondo Salva-Stati, la cui sola evocazione sembra capace di scatenare un riflesso pavloviano in una larga fetta del mondo politico italiano, rimasta ferma alla vecchia versione del Fondo, guardiano dell’austerità finanziaria.

Come è stato ripetuto fino alla nausea, questo nuovo e diverso sportello del Fondo (separato dalla precedente gestione anche in termini di bilancio) non prevede, invece, condizioni da rispettare per accedere ai prestiti, se non l’impegno a spendere i soldi per obiettivi direttamente o indirettamente legati alla sanità. Gli stessi funzionari del Mes fanno notare che non è più di quanto si chieda a chi emette “obbligazioni verdi”, impegnandosi a spendere i soldi per obiettivi legati all’ecologia. Neppure sembra vero che ricorrere al Fondo Salva-Stati sia automaticamente una confessione di fragilità finanziaria, foriera di dubbi e diffidenze degli investitori. A dire che gli operatori non riscontrano uno stigma di debolezza nel ricorso al Mes sono gli uomini di Goldman Sachs, una delle più grandi banche di investimento al mondo. “Piuttosto – dicono – gli investitori si preoccupano che non si ricorra al Mes”: sarebbe il segno che pregiudiziali ideologiche hanno il sopravvento sulla logica economica.

Un vincolo, in realtà, c’è sui fondi del Mes. Non possono essere utilizzati per la spesa corrente, quindi per assumere personale, una delle urgenze del sistema sanitario italiano, in debito di medici e infermieri. Ma poter coprire i cruciali investimenti infrastrutturali con i fondi europei, libera risorse dal bilancio del Tesoro per le spese correnti. Da questo punto di vista, l’allontanarsi dell’incubo spread non ha modificato le convenienze. Il bazooka della Bce e il megapiano di aiuti appena deciso in Europa hanno radicalmente cambiato l’atmosfera sui mercati finanziari, alleggerendo la pressione sui titoli italiani: il Btp a 10 anni è tornato, in questi giorni, a tassi di interesse che oscillano intorno all’1 per cento, come nell’era pre-Covid. Ma anche i tassi di interesse sui prestiti del Mes sono diventati più favorevoli.

Vediamo i conti. Ancora a giugno, i funzionari del Mes calcolavano che un prestito-sanità a 10 anni avrebbe comportato un costo dello 0,08 per cento l’anno. Uno a 7 anni, tutto compreso, addirittura una tasso negativo: meno 0,07 per cento. In altre parole, gli investitori erano pronti, pur di avere i titoli del Mes, a pagare loro un interesse dello 0,07 per cento. Adesso, va anche meglio. L’Italia si indebita sui mercati con un interesse dell’1 per cento su un titolo a 10 anni. La Spagna deve pagare un interesse dello 0,35 per cento. Ma, lo stesso titolo, attraverso il Mes, comporta un tasso negativo dello 0,12 per cento. A indebitarsi, naturalmente, è il Fondo Salva-Stati, ma soldi e interessi vengono girati ai singoli governi. Anche più conveniente un titolo a 7 anni. Il Tesoro italiano pagherebbe 66 centesimi l’anno su 100 euro di titoli settennali emessi sul mercato. Attraverso il Mes, invece, su quegli stessi 100 euro, il Tesoro incasserebbe 26 centesimi l’anno. Sui 32 miliardi per gli investimenti, incasserebbe quindi circa un miliardo, da aggiungere ai 3 miliardi di interesse in meno, non pagati agli investitori privati.

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