“Sono stati fermi per molti anni, gli investimenti in infrastrutture in Italia.
Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza i cantieri sono ripartiti, ma bisogna già cominciare a ragionare su dopo il 2026, quando le risorse europee finiranno.
Ecco, per questo pensiamo che sia necessario creare in Italia un secondo polo delle costruzioni, che aggreghi competenze, ma anche capacità finanziaria.
In questi anni il primo gruppo Webuild ha fatto molto bene, è cresciuto.
Ma, secondo noi, sarebbe utile arrivare a un secondo gruppo intorno ai 5 miliardi.
Farebbe bene al Paese”.
Lo afferma in un’intervista al Corriere della Sera Paolo Pizzarotti, che guida l’impresa di costruzioni di famiglia.
“Adesso lavoriamo per circa il 70% in Italia, per il 30% negli altri Paesi del mondo.
Per Firenze, un cantiere da un miliardo, servono anticipazioni molto rilevanti per questo bisogna unire le forze”, spiega.
“Credo che provare a costruire un secondo polo sia un’idea che viene condivisa.
Naturalmente si tratta delle condizioni.
Sarebbe necessaria la presenza di uno o più partner finanziari.
Come un fondo, una banca o istituzionali.
E probabilmente oltre ai cantieri bisogna far crescere anche il ruolo delle concessioni, come quelle autostradali ma non solo.
Pensi che le città oggi hanno bisogno di manutenzione.
Ma si lavora per silos, l’asfalto delle strade, la rete di illuminazione, i depuratori, il fotovoltaico.
Mentre qui frazioniamo tutto, in Francia si ragiona in termini di contratti-quadro anche di lunga durata.
Questo crea un quadro certo e la possibilità di realizzare gli investimenti con un minore tasso di incertezza per le imprese.
Si potrebbe percorrere questa strada anche in Italia, soprattutto dopo la fine del Pnrr”.
“Il ritorno degli investimenti pubblici dovrebbe essere anche l’occasione per creare un ecosistema delle grandi opere.
Per le quali servono garanzie finanziarie molto rilevanti.
Il gruppo Pizzarotti, da sempre un gruppo di famiglia, realizzerà quest’anno ricavi per circa 1,5 miliardi, con ebitda in forte crescita e un portafoglio ordini di 7 miliardi.
Sono numeri importanti, ma bisogna crescere”.
Per farlo bisogna aprire il capitale, rinunciare al 100% e “se il progetto è valido, si può fare tranquillamente. Anche la Borsa.
Questa frammentazione non fa bene a nessuno, neppure alla concorrenza”, conclude.