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Michaela Castelli (Presidente Utilitalia): «Raccolti 1.500 progetti che potrebbero rientrare nel Pnrr. Lavorare su gap infrastrutturale e stabilità normativa»

Affinché il Recovery Fund sia una reale occasione di ripresa servirà programmare e incrementare gli interventi nel comparto utility, settore tra i principali candidati a svolgere il ruolo di volano per la ripresa economica in chiave sostenibile. Per questo è divenuto indispensabile individuare progetti strategici da un punto di vista economico, sociale e ambientale, mirati a un impatto sostenibile sulla produttività e sulla resilienza economica e sociale a livello nazionale e comunitario.

Così Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas, ha deciso di avviare un’analisi per individuare i progetti ritenuti eleggibili a essere inclusi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Secondo i dati che MF-Milano Finanza ha potuto consultare in anteprima, sono stati raccolti circa 1.500 progetti per un valore complessivo di 25,5 miliardi di euro, con un potenziale impatto sul Pil pari al +1,5% e un impatto occupazionale che consentirebbe di creare 343 mila nuovi posti di lavoro.

Come spiega a MF-Milano Finanza Michaela Castelli, Presidente di Utilitalia: «I progetti raccolti rientrano principalmente nel cluster della rivoluzione verde e della transizione ecologica e in piccola parte anche in quello della digitalizzazione e innovazione». In particolare, prosegue Castelli, che ricopre anche la carica di Presidente di Acea, «i piani dedicati all’innovazione e alla digitalizzazione 4.0 prevedono investimenti per 142 milioni, mentre 25,4 miliardi saranno dedicati alla transizione verde».

In quest’ambito, 4 miliardi saranno allocati sull’economia circolare, 4,6 miliardi su transizione energetica e mobilità sostenibile (di cui 2,5 sulla crescita della produzione da rinnovabili e sull’uso dell’idrogeno e 2,1 miliardi sulla mobilità sostenibile), 2,4 miliardi sull’efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici, mentre la quota maggiore, 14,3 miliardi, saranno impiegati per tutelare e valorizzare il territorio e la risorsa idrica. Alla luce di tali numeri, diventa quasi lapalissiano sottolineare il ruolo decisivo giocato dal comparto e proprio per questo risulta quanto mai indispensabile cercare di abbattere i principali  ostacoli che potrebbero minare il pieno sviluppo del settore.

«Dalla nostra ricognizione sono emersi vari temi sui quali è necessario intervenire», spiega Castelli, mettendo l’accento sul gap infrastrutturale tra Nord e Sud del Paese, sulla stabilità normativa e sugli iter autorizzativi. Quanto al primo tema, «dal punto di vista territoriale, la maggior parte dei progetti e degli investimenti è situata al Nord (oltre 13 miliardi), seguita da Centro (7,3 miliardi) e Sud (circa 5 miliardi), mostrando la compagine associativa di Utilitalia (con poche associate al Sud) e anche il tessuto industriale del Meridione, con una ridotta presenza di società capaci di progettare e realizzare investimenti necessari a colmare il divario esistente».

L’assenza di soggetti industriali di adeguate dimensioni, prosegue ancora Castelli, «comporta l’affidamento della gestione di servizi essenziali anche a piccoli Comuni che si trovano a gestire situazioni con poche risorse umane e materiali, mettendo a rischio l’erogazione del servizio stesso».

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