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[Lo scenario] L’Italia di nuovo a rischio spread. Ecco perché

In questo momento l’Italia è tra i Paesi europei economicamente più vulnerabili. La morsa inflazione debito ha riaperto il fossato tra paesi virtuosi e non in Europa, riportandoci in vicinanza di periodi come il 2011-2012 che non vorremmo più rivivere. I numeri però sono eloquenti.

Incremento costi

Nel nostro paese i prezzi in maggio sono cresciuti del 6,9%, meno che in Germania (8%) ma più che in Francia (5,2%). Lo spread è salito a quota 200 punti, il rendimento del titolo a dieci anni è arrivato al 3%o triplicando in poche settimane e il debito a 2.800 miliardi. Il monito di Visco ha dunque il sapore di un allarme che richiama tutti alle proprie responsabilità. Anche perché la situazione ha alcune specificità da non sottovalutare.

L’aumento dei tassi d’interesse che la Bce ha in programma infatti servirà tutt’al più a frenare i prezzi più che a ridurli, dato che le sue cause dipendono dai costi dell’energia importata e non da un eccesso di domanda. Saranno le politiche di bilancio a dover governare la perdita di potere d’acquisto delle famiglie e sostenere l’economia, come lo stesso Visco ha invitato a fare e come già stanno facendo francesi e tedeschi con il bouclier, lo “scudo tariffario”.

Nuova crisi del debito

Nel contempo si dovrà tenere conto dei vincoli imposti dal fatto che l’epoca del debito gratis è definitivamente alle nostre spalle. Arrivati al quarto mese di guerra, la domanda che ci si comincia a porre negli ambienti economici e finanziari europei è questa: è dietro l’angolo una nuova crisi dei debiti sovrani in Europa? Gli scenari che si profilano al riguardo sono carichi di condizionalità. Ma al centro c’è sempre l’Italia, la terza economia europea che detiene il terzo debito più alto al mondo. Ci sono analogie e differenze tra oggi e allora. Come nel 2011-2012 i differenziali negli indicatori economici si stanno allargando, ma la situazione di un paese come il nostro è per certi versi migliore, per altri peggiore.

Nel 2011 l’Italia aveva un forte disavanzo estero, oggi ha un avanzo. Allora il debito era minore, oggi è maggiore. Oggi esiste una pletora di strumenti di intervento, come il Mes o gli Omt che nel 2011 non esistevano, anche se nessuno in Italia in primis vi vuole ricorrere per timore dello stigma. L’impressione è che da noi i rischi insiti nella situazione attuale per il nostro paese siano sottovalutati a causa della presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Cosa che ha un solido fondamento ma non giustifica un eccesso di confidenza di fronte a una congiuntura eccezionale. Secondo l’economista francese Jean Pisani-Ferry siamo di fronte al rischio di una “tripla recessione” negli Stati Uniti, in Europa e in Cina.

L’inflazione europea

L’Europa lo affronta in una situazione nella quale le differenziazioni tra paesi sono in forte crescita. Il che complica l’operare della politica monetaria. Tra l’inflazione francese e quella dei paesi baltici (15%) c’è uno scarto di 10 punti e se nel Continente il fenomeno inflazionistico si cronicizza occorrerà una politica monetaria “dolorosa” per farlo rientrare su valori accettabili con costi che saranno diversi tra i paesi. La Spagna, dove i prezzi crescono del 10%, potrebbe andare in difficoltà. Tutte queste sono notizie che inducono alla prudenza. Secondo Pisani-Ferry i mercati potrebbero andare in tensione con l’avvicinarsi delle elezioni italiane.

Nelle analisi degli esperti il caso italiano è ricorrente. La esistenza del NgEU tranquillizza. Giuridicamente, infatti, è sempre possibile riattivarlo, tedeschi e paesi nordici permettendo. Ma «cosa succederà in Italia quando nel 2023 il bilancio della Bce cesserà di crescere e gli acquisti di bonds sovrani si arresteranno mentre i governi avranno ancora bisogno di politiche di bilancio volte a sostenere le loro economie?», si chiede il capo economista di Standard & Poor’s, Sylvain Broyer. «L’economia europea può sostenere un incremento dei tassi della Bce fino all’1,-1,5%. Se l’inflazione non si ferma la banca centrale dovrà scegliere tra sostenere la crescita o stroncare l’inflazione». Tutti interrogativi che non ci possiamo permettere di eludere.

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