Il Sud Italia è leader nel settore dell’energia rinnovabile, in particolare in Sicilia, in Puglia e in Basilicata, dove c’è il maggior potenziale di sviluppo di energia solare ed eolica. Ad oggi la produzione di energia rinnovabile da queste fonti, al Sud Italia, è pari a circa il 30% della produzione nazionale (dati Terna): un valore che può crescere sensibilmente, contribuendo al raggiungimento dei target previsti dalla normativa europea. È quanto emerge dal Rapporto Sud di Utilitalia e Svimez, che valuta gli impatti economici ed occupazionali del settore delle utilities (ambientale, idrico ed energetico) nelle regioni del Mezzogiorno.
Utilities volano occupazione
Le aziende meridionali sono importanti attivatori di produzione e occupazione anche per le regioni del Centro-Nord. Nelle regioni del Sud, infatti, per ogni milione di euro di produzione realizzata dalle utilities locali si attivano dai 7 ai 10 addetti. In altri termini, per ogni milione di euro di produzione realizzata dalle imprese meridionali, in media una quota prossima al 30% dell’attivazione complessiva di occupazione va a beneficio delle regioni centro-settentrionali. Le informazioni strutturali più recenti di fonte ufficiale (Istat) individuano in quasi 290 mila gli addetti nel comparto delle utility, di cui oltre 93 mila sono impiegati nelle unità locali situate nelle regioni meridionali, e le restanti nel Centro-Nord. Il peso relativo del Mezzogiorno sull’Italia è dunque pari al 32%, nettamente maggiore di quanto è dato osservare in riferimento ad altri indicatori economici (la quota del Pil meridionale su quello nazionale, ad esempio, arriva al 22%).
Gestione industriale dei servizi pubblici
Per la Presidente di Utilitalia, Michaela Castelli, «l’unica strada percorribile per elevare il livello dei servizi pubblici al Sud è favorire una gestione industriale, ovvero una gestione unica che si occupi dell’intero ciclo dell’acqua come dei rifiuti. Come dimostrano le positive esperienze del Centro-Nord e quelle delle realtà industriali presenti nel Meridione, solo in questo modo è possibile ottenere un incremento degli investimenti e della qualità dei servizi offerti ai cittadini».
Secondo Castelli, «bisogna intervenire nei territori in cui le amministrazioni locali non hanno ancora affidato il servizio a un soggetto industriale, con l’obiettivo di superare le gestioni in economia e la frammentazione gestionale. Per ogni euro di produzione realizzata nel Sud da parte delle utilities esaminate nel Rapporto se ne attivano, in Italia, circa 2,2: il comparto può dunque contribuire in maniera importante al rilancio economico del Meridione, anche dal punto di vista dell’impatto occupazionale diretto e indiretto».
Utilities fondamentali per realizzare il Pnrr
Anche per il direttore generale della Svimez Luca Bianchi «il comparto delle utilities risulta essere uno dei canali di trasmissione più idonei a mettere a terra con profitto le risorse del Pnrr nel Mezzogiorno. La maggiore robustezza rispetto al resto dell’industria riscontrata nelle gestioni integrate idriche e dei rifiuti, così come la capacità progettuale e di governo del sistema dei Consorzi di Bonifica, sono gli elementi che lo studio mette in evidenza come leve cruciali per favorire la transizione digitale ed ecologica del Mezzogiorno».
«Puntare su modelli di governance che si sono rivelati efficaci anche al Sud, rafforzandoli nei territori in cui ancora non si sono insediate le gestioni industriali e concentrandovi le maggiori risorse per investimenti del Pnrr, può essere la soluzione per sopperire al deficit di capacità amministrativa che potrebbe compromettere l’efficacia del Pnrr nel Mezzogiorno».
«Tanto più che l’impatto degli investimenti su questi settori risulta essere particolarmente incisivo nella formazione di nuova occupazione e riguarda gli ambiti più esposti alle sfide del cambiamento climatico. Gli investimenti sulla digitalizzazione delle gestioni idriche, dei campi agricoli, sulla depurazione e sul trattamento dei rifiuti possono produrre effetti a cascata (effetti spillover) nel lungo periodo di gran lunga superiori alle stime di impatto sul Pil e occupazione, peraltro già consistenti, elaborate in questo studio» conclude Bianchi.