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[Lo scenario] I rigassificatori sono la prima vera grana del nuovo governo

Il nuovo governo entrerà in azione sapendo di dover affrontare da subito grossi problemi. Tra le molte sfide si presenta certamente quella energetica e dei rigassificatori. Nella Strategia Energetica Nazionale del 2017, confluita due anni dopo nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030, il Gnl era indicato come “fonte marginale anche in condizione di eccezionalità climatica”. Tant’è che le sole infrastrutture citate come “in corso di autorizzazione e valutazione presso il Mise e il Mit” erano alcuni depositi costieri di piccolo volume (Sslng) – da realizzare in Sardegna, in Adriatico (Ravenna e Porto Marghera) e nel Tirreno (Napoli) – per lo scarico del Gnl da navi metaniere di piccola taglia da destinare al rifornimento di clienti civili e/o industriali e di stazioni di rifornimento carburanti. Poi la Russia ha invaso l’Ucraina ed è cambiato tutto.

La strategia del governo Draghi prevedeva di rimpiazzare 30 miliardi di metri cubi di gas russo entro il 2024. Secondo quanto riferito dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, siamo a metà strada. Altri 10 miliardi di metri cubi dovrebbero arrivare via nave, a patto che entrino in funzione le due navi-rigassificatrici di Snam: la Golar Tundra, ipotizzata nel porto di Piombino per inizio 2023, e la BW Singapore prevista a largo di Ravenna per il terzo trimestre 2024.

Sull’approdo toscano, però, c’è il veto del Comune che ha minacciato il ricorso al Tar. Il dossier è perciò tutto in salita in vista della Conferenza dei servizi da cui è atteso il via libera entro ottobre. È questo il nodo più grosso che il nuovo governo di centro-destra dovrà sciogliere, dopo che soprattutto Fratelli d’Italia – il partito che ha ottenuto più voti – in campagna elettorale ha fatto propria la posizione contraria del sindaco Francesco Ferrari (di FdI) che chiede di cambiare destinazione alla nave. Ne va della sicurezza energetica nazionale.

Nel cassetto ci sono anche due rigassificatori fissi che, insieme, valgono tra i 20 e i 24 miliardi di metri cubi all’anno. Il primo progetto risale al 2004 e riguarda Porto Empedocle, in Sicilia, l’altro risale a oltre dieci anni fa e coinvolge Gioia Tauro e la Calabria. Ma il governo ha lasciato il cassetto aperto a metà per ora. In primo luogo, perché la soluzione delle navi è più veloce da attuare (tra i 3 e i 4 anni sono i tempi di costruzione di un rigassificatore fisso); altre incognite riguardano la piega che prenderà in Europa la riduzione dei combustibili fossili – la domanda è se queste infrastrutture avranno ancora senso fra 20-30 anni – e la resistenza dei territori. Ed è proprio a livello locale che le cose si fanno complesse.

Porto Empedocle

«Io capisco la situazione di difficoltà in cui ci troviamo sul gas, ma non posso non tenere conto dei miei concittadini: l’opinione pubblica è contraria al rigassificatore», dice a MF-DowJones il sindaco Francesco Micciché, esponente di una lista civica di centrodestra eletto nel 2020. 1Il progetto si scontra con la vocazione turistica del territorio e il metanodotto dovrebbe finanche attraversare, interrato, un paesaggio di enorme valore storico e archeologico quale la valle dei Templi, dichiarata nel 1997 dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Anche la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali recentemente si è espressa negativamente con una lettera indirizzata al ministero della Cultura», spiega il primo cittadino.

Il progetto è stato impugnato dal Comune nel 2009, è la ricostruzione che l’Avvocato Rita Salvago fa a MF-DowJones, e il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso, ma poi nel 2011 il Consiglio di stato ha riformato la sentenza e rigettato il ricorso stesso. Uno a zero, Stato-Comune. Nel 2013, però, l’amministrazione procede con un altro ricorso, stavolta contro il progetto di metanodotto che dal rigassificatore dovrebbe portare il metano alla rete attraversando il territorio di Agrigento. Questo ricorso ancora pende al Tar di Palermo.

Ma pur avendo il via libera giuridico, per chi volesse costruire il rigassificatore il problema ora è autorizzativo. È la stessa Soprintendenza di Agrigento, in una lettera del Soprintendente Michele Benfari dell’11 aprile scorso, a chiarire che il progetto non è affatto autorizzato e che, anzi, «l’efficacia dell’autorizzazione» ottenuta nel 2006 «è decaduta». Di più, «non esiste presso questo Istituto», si legge, «alcun procedimento in corso per il rilascio di nuovi pareri sul progetto indicato, che rientrerebbe senz’altro tra gli interventi di rilievo da segnalare ai fini della valutazione dell’impatto sul bene sotto tutela Unesco».

Secondo il Soprintendente, inoltre, «la zona prescelta per la costruzione dell’impianto entra in contrasto con quanto previsto dalle norme di tutela del Parco Archeologico della Valle dei Templi»; e ancora, l’impianto «rappresenterebbe un ostacolo e un danno concreto alla valorizzazione attraverso la limitazione della fruizione delle emergenze archeologiche, storico-artistiche, naturalistiche, paesaggistiche che si sviluppano in continuità territoriale con l’Area Archeologica di Agrigento».

Visti i presupposti, è alquanto improbabile che l’attuale Soprintendenza possa rilasciare una nuova autorizzazione a quel progetto. Un progetto, per giunta, in cerca d’autore, per parafrasare Luigi Pirandello di cui Porto Empedocle ospita la casa natale. Sì, perché Starace lo dice senza margini di fraintendimento: Enel può offrire il progetto a quanti volessero intraprenderlo – e può anche partecipare per facilitare l’investimento – ma la sua strategia green, che prevede la totale decarbonizzazione delle attività entro il 2040, si sposa male con un rigassificatore e non vuole essere investitore di lungo termine.

Porto Empedocle rappresenta una possibile opzione per la diversificazione degli approvvigionamenti energetici del Paese ed Enel la mette a disposizione del sistema, tutto qui. Ammesso, però, che un investitore si faccia avanti e ammesso che otterrebbe le necessarie autorizzazioni, magari modificando il progetto inziale, potrebbe ritrovarsi con nuovi ricorsi e appelli a bloccare tutto. E si vedrebbe costretto a ricominciare da capo visto che le autorizzazioni valgono per 5 anni.

Gioia Tauro

«L’impianto rappresenterebbe un’opportunità per tutta la Regione, configurandosi come un hub per l’impiego del Gnl nei trasporti via terra e via mare. E avrebbe importantissime ricadute economiche per il nostro territorio, che ha bisogno più di altre realtà», argomenta a MF-DowJones Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria (di Forza Italia). Secondo il governatore, sarebbero almeno 1.000 gli addetti occupati nei cantieri e 125 per l’impianto a regime, con un indotto di circa 500 operatori diretti, più altre centinaia di indiretti.

«Il progetto ha tutte le autorizzazioni valide, manca solo la dichiarazione da parte del governo di infrastruttura strategica, dopodiché si può procedere alla realizzazione degli accordi con Arerà, precisa Occhiuto. «Ci auguriamo che il prossimo governo possa investire in un progetto chiave per la Calabria e per l’intero Paese». Il progetto originario, operativo e vidimato, risale a più di dieci anni fa, ed è stato revisionato nel 2015. Ora fa capo a Lng Medgas Terminal, che ha come azionista di riferimento Fingas, controllata pariteticamente da Iren e Sorgenia.

L’investimento previsto è tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro e il terminale verrebbe posizionato all’interno del retroporto di Gioia Tauro, in un’area di 47 ettari che ricade anche nei comuni di San Ferdinando e Rosarno. Da lì il rigassificatore della Calabria sarebbe collegato per 7 km alla rete di Snam. L’ad di Iren, Gianni Vittorio Armani, ha confermato che il progetto per l’impianto ha già ottenuto tutte le autorizzazioni e la società si è detta «pronta a fornire le risorse e le competenze per aiutare a costruire il terminale».

Tutto a posto, quindi? Basta il via libera di Roma? Niente affatto, perché dalla piana di Gioia Tauro si solleva più di qualche perplessità. E dire che l’impianto sarebbe il punto naturale di arrivo del gas dei nuovi giacimenti Eni al largo di Israele ed Egitto e a occidente di Cipro. E la stessa Ue, nell’accordo di collaborazione sottoscritto lo scorso giugno, si è impegnata a collaborare con l’Egitto per favorire l’esportazione di Gnl verso l’Europa. Il rigassificatore di Gioia Tauro – e la Calabria – farebbe così da hub per le forniture da sud verso il centro Europa e, soprattutto, verso la Germania in aggiunta e in sinergia con gli impianti di ricezione del gas che Berlino sta progettando e costruendo sulle coste del Mare del Nord.

Ma il progetto si preannuncia ghiotto anche per l’attività della Zes Calabria (Zona Economica Speciale), con la previsione di collegare all’impianto una piastra del freddo in grado di sfruttare l’energia prodotta dalla trasformazione del gas liquido per svolgere attività su merci che necessitano di immagazzinamento refrigerato. L’obiettivo sarebbe lo sviluppo di una catena del freddo e un distretto dell’agroindustria, in grado in prospettiva di congelare la metà dei prodotti alimentari d’Europa.

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