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[L’intervista esclusiva] Vincenzo Paglia (vescovo) presidente della Commissione per “la riforma dell’assistenza sociosanitaria della popolazione anziana” voluta dal ministro della Salute. Si ispira a Basaglia e vuole innovare: «Ecco come miglioreremo la loro vita»

Riuscirà la commissione per “la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana”, istituita in settembre con apposito decreto dal ministro della Salute Roberto Speranza, a concludere il suo lavoro nel triennio, o si trascinerà su un binario morto, come una delle tante Commissioni dove, non di rado, si rifugia la politica di qualsiasi colore per non decidere e illudere la gente?  

E’ un interrogativo pertinente dal momento che il presidente della Commissione multidisciplinare di 16 membri  punta a suggerire una riforma radicale per gli anziani, liberatoria della loro condizione simile a quanto lo fu per i malati di menti la riforma Basaglia. Non sono mancate perplessità sulla scelta del ministro di chiamare a guidarla un ecclesiastico di alto rango.

Si tratta del vescovo Vincenzo Paglia, un presule che l’Annuario Pontificio indica come presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Gran cancelliere del Pontificio Istituto Teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia. L’obiezione più ricorrente alla nomina di un collaboratore di papa Francesco, è motivata dal timore che possa venire meno la laicità dello Stato. Ma lo stesso Paglia – persona tutt’altro che integralista – asserisce con piglio pratico tipico dell’esperienza del volontariato e del Terzo settore non profit, che la scelta ministeriale tiene conto solamente della competenza in materia.

E in materia di anziani egli si propone il primato dell’assistenza domiciliare  rispetto al ricovero nelle residenze sanitarie a loro dedicate. Se andasse in porto sarebbe davvero una rivoluzione sociale di ammodernamento nel servizio alla popolazione italiana e di sostegno alle famiglie su cui ora grava la quasi totalità degli anziani malati o lungodegenti. Vale ricordare  che su anziani e Rsa l’arcivescovo Paglia si è espresso più volte dopo che papa Francesco ha rinnovato gli statuti  della Pontificia Accademia per la Vita  chiamandolo a guidare il nuovo corso.  Due in particolare i documenti dell’Accademia che hanno avuto eco internazionale e danno la misura del suo orizzonte in materia.

In Pandemia e fraternità universale di fine marzo si legge che una “particolare attenzione va dedicata a chi è più fragile pensiamo soprattutto anziani e disabili. A parità di altre condizioni, la letalità di un’epidemia varia in relazione alla situazione dei Paesi colpiti, e all’interno di ogni Paese, in termini di risorse disponibili, qualità e organizzazione del sistema sanitario, condizioni di vita della popolazione, capacità di conoscere e comprendere le caratteristiche del fenomeno e di interpretare le informazioni. Si morirà molto di più dove già nella vita di tutti i giorni alle persone non viene garantita la semplice assistenza sanitaria di base”.

Anche sul piano della sanità pubblica, “l’esperienza che stiamo attraversando ci pone una seria verifica, anche se potrà essere svolta solo in futuro, in tempi meno concitati. Essa riguarda l’equilibrio tra approccio preventivo e approccio terapeutico, tra la medicina dell’individuo e la dimensione collettiva (vista la stretta correlazione tra salute e diritti personali e salute pubblica)”. Il rischio di epidemia globale richiede, “nella logica della responsabilità, la costruzione di un coordinamento globale dei sistemi sanitari”.

Nell’Humana Communitas nell’era della Pandemia. Riflessioni inattuali sulla rinascita della vita, l’altro documento dello scorso luglio si rileva la necessità di “elaborare un concetto di solidarietà che si estende ben oltre l’impegno generico di aiutare coloro che soffrono. Una pandemia ci invita tutti ad affrontare e plasmare nuovamente le dimensioni strutturali della nostra comunità globale che sono oppressive e ingiuste”. Qualche puntualizzazione più specifica Paglia l’ha offerta in questa intervista a Ripartelitalia.it

Quali le ragioni per istituire proprio ora questa Commissione dedicata agli anziani?

“I mesi del Covid hanno fatto emergere la necessità di un profondo ripensamento delle politiche di assistenza sociosanitaria per la popolazione over 65. Si è registrata una vera e propria strage di anziani ad ogni latitudine ed in ogni contesto, in paesi sviluppati, emergenti o in via di sviluppo, segnale chiarissimo del fatto che è il modello stesso di cura residenziale, in istituto, ad essere sbagliato e ad esporre gli anziani ad ogni genere di emergenza.  E’ stato superato il milione di  decessi da COVID 19 nel mondo e si calcola che – almeno nei paesi occidentali – il 50% di questi sia avvenuto in questi ambienti, nelle nursing home, nelle case di riposo, negli ospedali per lungodegenti, insomma nei luoghi della assistenza residenziale a lungo termine.

Ebbene, se consideriamo che la popolazione assistita in questi luoghi rappresenta solo una piccola frazione di pochi punti percentuali del totale degli ultra sessantacinquenni, abbiamo le dimensioni della crisi. In Italia, paese tra i più longevi ed anziani del mondo, non è andata diversamente, anzi: le vittime sono state numerosissime ed ancora oggi, sebbene faccia meno notizia, molti focolai si registrano in RSA o case di riposo.  Ma il COVID ha solo svelato una crisi che ha ragioni più profonde, che hanno a che fare con i diritti degli anziani, con la qualità dell’assistenza ed anche con la sua efficacia ed efficienza. Insomma, ripeto, è sbagliato il modello”.

 Quali rimedi  la Commissione si prefigge di elaborare e suggerire?

 “Parto dalla storia recente del Paese: in Italia negli anni ’90 è stato avviato un processo di riforma radicale per la chiusura degli istituti per minori, è stata introdotta l’adozione e create le case-famiglia. Una grande vittoria. Precedentemente la legge Basaglia del 1978 ha saputo liberare il paese dai manicomi e da istituzioni veramente disumane. Una grandissima riforma. Oggi la stessa riflessione va avviata per gli anziani. E la riforma deve essere radicale: il testo del Decreto di istituzione della Commissione parla giustamente di una “transizione dalla residenzialità a servizi erogati sul territorio”. Questo è il punto! Deve finire la latitanza dei servizi sanitari e sociosanitari sul territorio, vicino alla vita degli anziani, alle loro case, nei loro quartieri. Il Ministro in questo senso ha già dato un segnale importantissimo, istituendo gli infermieri di quartiere.

Qui tutti sono chiamati alla riconquista delle nostre città e dei nostri paesi: infermieri certamente, ma anche medici di famiglia, assistenti sociali, fisioterapisti, educatori di ogni ordine e grado. Io parlerei di un processo di transizione da un modello sanitario ottocentesco, tutto basato sugli ospedali, a quello che gli anglosassoni chiamano continuum assistenziale, servizi erogati con diverse intensità in ogni ambiente, anche e soprattutto quello domestico. Dobbiamo molto riflettere sulla assistenza domiciliare e sarebbe molto bello se l’Italia, da fanalino di coda europeo in questo ambito, diventasse leader di questo ripensamento.  Qui anche il privato avrà un grande ruolo, perché c’è davvero bisogno di tutti per questo epocale passaggio dall’istituto, dalla RSA a forme di assistenza a domicilio, a case famiglie, ad esperienze di co-housing e molto altro“.

Tutto questo non rischia di rappresentare un “libro dei sogni” dai costi elevatissimi per il paese?

 “Al contrario, sono convinto che la nuova sanità sul territorio ci aiuterà ad elevare la qualità delle cure ed a spendere meglio. Pensi ai 30 milioni di accessi in Pronto Soccorso che ogni anno si verificano in Italia: moltissimi nascono inappropriati  per la reale mancanza di alternative sul territorio. Ed è solo un esempio dei molti possibili. Ma poi c’è altro: intorno alla vita degli anziani, presso casa loro, nei loro quartieri, si intrecciano la possibilità non solo di una sanità più efficiente e più centrata sulla persona, ma anche la chance di umanizzare i nostri quartieri, diffondendo servizi proattivi, dinamici, riqualificando l’habitat, anzitutto per gli anziani ma poi per tutti!

Le faccio un esempio: quanti anziani non hanno l’ascensore nel loro palazzo e vivono in piani alti? Quale sarà il loro destino se non miglioriamo le loro possibilità di muoversi? È facile immaginarlo. Dobbiamo unire strumenti nuovi e sensibilità antiche: telemedicina e lotta alla solitudine, il grande nemico di tanti anziani ma oggi forse, il nemico di tutti. Una rivoluzione informatica ed una grande opera di socializzazione. Queste sono spese o investimenti? Propendo per la seconda. Sono solo alcuni spunti del grande lavoro che attende la commissione ma, mi creda, questo è un kairòs, un tempo opportuno: le crisi servono a cambiare e a crescere.”

Questa la “vision” monsignor Paglia, ma più concretamente?

In concreto penso che la Commissione debba mettere a punto un mix di servizi e funzioni cha abbia lo scopo di presidiare il territorio, favorire l’accesso ai servizi, sviluppare gli strumenti informatici e le tecnologie utili, riqualificare gli habitat, e mettere a punto un sistema informativo di alto livello dedicato agli anziani. Quest’ultimo punto è particolarmente importante: la valutazione multidimensionale ci permette di comprendere la domanda e di fornire le risposte giuste: dovremo svilupparla ad un livello particolarmente elevato.

Qui si aggiungono due aspetti ulteriori: telemedicina e domotica per rendere accessibile la casa dell’anziano e metterla in contatto con i servizi, ma anche educazione all’informatica, educazione sanitaria e formazione in remoto per permettere agli anziani stessi di accedere autonomamente ad una serie di servizi. L’anziano va integrato e dunque occorre sviluppare dei veri e propri servizi di lotta all’isolamento sociale ed alla solitudine, fattore di rischio di una moltitudine di patologie, incluse le demenze.

Qualcuno va progettando villaggi per anziani, condomini per adulti non più giovani, dorate realtà per i pensionati: lo commento per quello che sono: una nuova forma di marginalizzazione, se non di vero e proprio apartheid a danno dei vecchi. Io credo al contrario che la ricerca di una intergenerazionalità favorirà tutte le generazioni, miglior antidoto contro ogni forma di razzismo e separatismo.

 Non teme che la Commissione che lei ora presiede  si perda nel nulla e cambiando ministro resterà una lista delle inutili  buone intenzioni?

Penso che siamo di fronte a temi urgenti, decisivi, e ne va della qualità della vita degli anziani ma anche delle famiglie. E del futuro di tutti noi, destinato ad un’epoca fosca se si perde il senso della solidarietà e dell’alleanza tra le generazioni. Abbiamo davanti una sfida importante che va affrontata, guardando all’essenziale e non ai colori politici.

Il disegno per un futuro auspicabile per gli anziani non sembra immediato. La politica è lenta. Cosa suggerisce da fare subito, con spesa sostenibile per incoraggiare a proseguire nella costruzione di città di pari umanità tra generazioni di uomini e donne?

L’auspicio è che l’Italia, Paese tra i più longevi ed anziani del mondo, possa mostrare un nuovo modello di assistenza sanitaria e sociale che aiuti gli anziani a vivere nelle loro case, nel loro habitat, nel tessuto famigliare e sociale. La proposta verso la quale la Commissione si sta dirigendo dovrebbe articolarsi come una offerta che preveda sempre forme di assistenza domiciliare continuativa, brevi periodi di residenzialità a scopo riabilitativo o terapeutico per condizioni acute o subacute, forte potenziamento e creazione di centri diurni, con particolare attenzione ai portatori di compromissioni cognitive o di altre disabilità, promozione di co-housing e case famiglia, servizi territoriali di lotta alla solitudine, istituzione di facilities di telemedicina e/o domotica, riabilitazioni e ristrutturazioni dell’habitat. Resta inteso che la presa in carico dell’anziano fragile avviene in prima istanza a livello delle strutture distrettuali (ad esempio il PUA) che ricevono o effettuano direttamente le necessarie valutazioni.

Quali sono stati i primi passi della Commissione e con quali ritmi lavorerete?

La Commissione si è già riunita la prima volta il 28 settembre scorso per uno sguardo generale dell’azione da svolgere. Si riunirà il prossimo 3 novembre per determinare alcune linee operative in base a quanto ho appena risposto e inizierà le audizioni delle diverse realtà che operano sul territorio o hanno responsabilità istituzionale relative alla questione più generale della riorganizzazione della sanità e della assistenza sociale in particolare per gli anziani.

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