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[L’intervento] Sonia Bonfiglioli (imprenditrice): «Le imprese non devono aver paura di fare investimenti, e le aziende più grandi devono essere solidali con quelle più piccole»

A proposito di Ripartenza dell’Italia, mi piacerebbe ripartire con una forza maggiore come popolo, come cittadini uniti e quindi mi piacerebbe chiedere ai nostri politici di avere meno interessi di breve periodo alle elezioni, che tanto ogni 2/3 mesi viene fatto qualche annuncio roboante, e di pensare veramente ai cambiamenti, alle trasformazioni, alle innovazioni di cui abbiamo bisogno. In un momento di grande trasformazione non solo sanitaria, ma soprattutto tecnologica bisogna guardare lontano.

La crisi è stata pesante per tutti, noi l’abbiamo vissuta stando sempre aperti, perché come Gruppo Bonfiglioli siamo stati aperti in parte come codice Ateco e in parte abbiamo fatto richiesta ai prefetti riaprire e man mano che venivano aggiunti i codici Ateco riaprivamo, perché le nostre ruote fanno girare sia le grandi pale eoliche che i carrelli della Conad. Siamo legati al mondo dell’energia, al mondo della sanità perché c’è stato una parte del nostro settore di elettronica che ha lavorato per la sanità, abbiamo aiutato alcune startup a fare dei sistemi di respiratori passandoli da manuali ad automatici. Ci siamo scatenati in quel periodo cercando di sopravvivere.

Dopo 9 mesi, diciamo anche fortunati, non abbiamo avuto nessun contagio in Italia; ne abbiamo avuti alcuni in India dove la situazione è molto complessa, ne abbiamo avuti un paio in Spagna.

Per quanto riguarda quest’anno, non penso si possa fare alcuno scenario di breve, ma neanche di medio periodo. Credo che abbiamo davanti il tunnel dei 9 mesi dell’autunno, dell’inverno e della primavera. Abbiamo avuto un periodo difficile e non eravamo preparati, però di fatto sono stati 3 mesi. Ora è vero che siamo preparati, però tutto il continente nord dove ci sono le grandi nazioni economiche sta entrando nell’inverno e questo complicherà non poco il quadro.

Noi come azienda stiamo andando complessivamente bene, abbiamo avuto un trend iniziale che come Gruppo in partenza è andato al -20%, abbiamo avuto diversi stabilimenti completamente in lockdown, l’India ha chiuso, l’America ha chiuso. Ora siamo su un -9% come Gruppo, quindi stiamo recuperando molto, e mi aspetto di finire l’anno ad un -7%, a parità di redditività rispetto alla scorso anno, perché naturalmente si è lavorato molto.

Un risultato complessivamente buono. Però, in considerazione di quello che sta succedendo in Francia, lì stiamo facendo a livello economico un -30%, anche in Spagna stiamo facendo un -40%. Quello che io temo, entrando in questa fase qui, se noi la sottostimiamo ci si mette niente a entrare in fasi di micro-lockdown, perché di fatto non ci sarà mai un lockdown nazionale, visto che la Francia non ha dichiarato un lockdown nazionale, però a livello economico la situazione è drammatica, se ti chiudono dei paesi, se ti chiudono delle aziende, per noi poi diventa anche difficile trovare clienti, per esempio in America abbiamo avuto delle aziende tipo Caterpillar che ha chiuso, e non abbiamo potuto consegnare i nostri prodotti.

Quindi l’impatto che può venire nei prossimi mesi se noi non siamo preparati, organizzati, prudenti, può essere un impatto veramente devastante, nonostante non verrà dichiarato ufficialmente, si spera, un nuovo lockdown nazionale.

Un punto di forza per noi è stato il fatto di riuscire a stare aperti, le persone avevano ovviamente paura e il primo giorno dopo il lockdown eravamo in stabilimento io e sette dirigenti, ma il fatto di stare aperti ci ha costretti immediatamente a implementare delle profilassi di sicurezza, quindi rifare tutto il layout di fabbrica. Chiaramente gli impiegati erano tutti in smart working totale all’inizio, ma abbiamo inserito tutte le profilassi di distanziamento, di disinfestazione, chiudere la mensa, chiudere gli spogliatoi, abbiamo ripensato tutto e ha funzionato. Dopo 15 giorni che abbiamo visto che le nostre misure funzionavano, le abbiamo estese ai fornitori che nel frattempo avevano chiuso e non sapevano come riaprire. Abbiamo cercato di dare una mano a chi, un po’ più piccolo, in quel momento era in difficoltà.

Le persone hanno sempre paura, perché la paura è umana, fa parte dell’essere umano, del vivere, e soprattutto dover affrontare queste situazioni assolutamente imprevedibili che non ci rendono possibile capire quello che succederà proprio domani. Noi a livello aziendale abbiamo avuto paura, abbiamo cercato di gestirla, per esempio noi abbiamo oggi tutti i white collar, gli impiegati, tutti rientrati, li abbiamo distanziati tutti, io stessa ho dovuto lasciare il mio ufficio per dare spazio agli altri e abbiamo preso una struttura fuori in affitto, in modo da creare tutte quelle condizioni ambientali che consentano alle persone di sentirsi tranquille.

Le nostre persone si sono affidate all’Azienda, ovviamente chi ha subito problemi di salute o ha particolari situazioni familiari sta a casa con lo smart working, ma oggi la percentuale è molto bassa, 5-6%. Una cosa però mi ha colpito, tenuto conto che noi eravamo sempre aperti e avevamo comunque persone a casa, quando fu fatta ufficialmente l’apertura al termine del lockdown, noi quel giorno abbiamo avuto assenteismo zero, è stata una cosa mai vista. La gente voleva tornare, tante persone hanno apprezzato il fatto che la fabbrica è un momento di socialità, è un momento di stare insieme, è un momento di creatività, è pensare di uscire, fare qualcosa di diverso, non stare in ciabatte tutto il giorno.

Sono tante piccole cose che ti fanno capire che noi italiani amiamo la libertà, ma siamo anche responsabili.

Io credo che la paura che per i cittadini si trasformi nella non attitudine ai consumi, per le imprese si trasformi in una non attitudine agli investimenti. Questo è il pericolo che ci aspetta nei prossimi mesi, perché stiamo andando al buio, oggi che non ci sono fiere non si capisce cosa fanno i competitor, non vai fuori, non fai esperienza.

L’altro giorno abbiamo lanciato due prodotti che avevamo sviluppato, e li abbiamo lanciati in maniera multimediale, ma lanciare un prodotto in via multimediale non è come lanciarlo a una fiera, perché se sei in una fiera vedi cosa fanno i concorrenti, vedi come gira il mondo, invece quando sei solo lo lanci al buio, e questa sarà la realtà dei prossimi mesi. E non si potrà evitare, perché non puoi viaggiare, non puoi andare a trovare i clienti, e vai un po’ al buio.

Nonostante questo, ci sono alcuni filoni chiari, come ha detto il Presidente Conte, quindi investire in Sicurezza sul lavoro, investire in formazione, investire su tutto quello che è la sostenibilità green e la sostenibilità umana.

Un altro appello che farei è che le aziende grandi pensino alle aziende piccole. Le grandi aziende hanno la forza e la struttura per cui se succede qualcosa ai nostri lavoratori c’è una struttura; se succede qualcosa alle tante piccole aziende di una sola persona che abbiamo in Italia, noi abbiamo una persona che sta un mese in casa, come i ristoratori, gli alberghi, le aziende piccole che emotivamente non riuscirebbero a fare fronte. Io chiederei di poter aiutare loro, perché invece noi nella fase iniziale abbiamo dato aiuti distribuiti perché non si poteva fare diversamente. Io credo che nei mesi che ci aspettano il problema del contagio probabilmente si espanderà e bisogna aiutare le imprese mono-persona che entreranno in una fase difficile, anche pensando alle famiglie che ci sono dietro, quindi vanno aiutate.

A noi tante volte ci chiedono come mai come azienda scegliamo di non quotarci, e il motivo è il corto-sciortismo delle aziende quotate, dove il prodotto dell’azienda non diventa più il prodotto che lanci sul mercato ma il valore della tua azione. Tante volte devi promettere cose roboanti per convincere gli analisti e non puoi fare investimenti che penalizzano la cassa o le finanze perché il titolo dopo 3/6 mesi non rifletterebbe questo.

Traduco questo concetto in termini politici: noi come paese stiamo vivendo di corto-sciortismo, perché l’Italia di fatto è un’impresa, ha un conto economico, ha un debito, quindi è la più grande impresa dell’Italia. Se noi la trattiamo secondo questa logica, come fosse un’azienda quotata, noi non potremo mai fare delle scelte importanti, la nostra borsa sono le elezioni. Ogni 2/3 mesi abbiamo delle promesse roboanti, a volte anche assurde per cercare di assecondare la pancia, invece in questo momento con  le difficoltà che ci aspettano e con i cambiamenti tecnologici che sono in corso noi abbiamo bisogno di avere una visione di medio-lungo termine, di fare delle scelte per il Paese e non per la casacca. C’è bisogno di visione, non di corta-visione.

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