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[L’intervento esclusivo] L’imprenditore Edoardo Bianchi: «E’ impossibile realizzare le opere del PNRR entro il 2026. Occorre ottenere ulteriori anni o salta tutto»

Chi continua a negare la necessità di una rimodulazione del PNRR o è in mala fede o vive fuori dal mondo.

Attenzione, la rimodulazione dovrà riguardare non già tutto il PNRR; mentre la parte delle riforme può/deve procedere spedita quella riguardante la realizzazione delle opere (i cantieri) dovrà gioco forza essere riprogrammata.

Non è un capriccio, lo dicono i numeri, andiamo con ordine.

E’ un dato di fatto che il nostro PNRR nel biennio 2021/2022, pur prevedendo un livello di spesa minima destinata ai cantieri, poneva principalmente l’accento sull’avvio delle progettazioni e (soprattutto) delle riforme.

Nel quadriennio 2023/2026, invece, i cantieri avrebbero avuto il sopravvento riuscendo effettivamente a fare atterrare le risorse (oltre € 200 mld) messe a disposizione dalla Europa.

E’ naturale che prima si fanno le progettazioni poi le gare ed infine partono i cantieri, ma ad oggi abbiamo prevalentemente sal per “progetti già in essere”, antecedenti cioè al PNRR e poi confluiti nel Piano.

Vi è stata una sostituzione di risorse nazionali con risorse europee per lavori già avviati mentre assolutamente residuali sono i sal per progetti nuovi; vi è stata una mera sostituzione del finanziatore, non più lo Stato ma l’Europa.

Ci si passi la brutale semplificazione: il disegno originario, quindi, contemplava un primo biennio caratterizzato da riforme e progettazioni ed un secondo quadriennio caratterizzato da cantieri e dal completamento delle riforme precedentemente avviate.

Già dal prossimo anno si tratterà di raggiungere sempre meno traguardi amministrativi (riforme) e sempre più obiettivi economici (sal).

Secondo i dati ufficiali di bilancio al 31.12.22 avremmo dovuto avere avanzamenti lavori per circa € 41 mld. Nel DEF di aprile si aggiustava il tiro ipotizzando una spesa di circa 29 mld ed infine nella NADEF di ottobre si rettificava ulteriormente tale dato in circa 21 mld.

Il biennio in essere è caratterizzato da due precondizioni di miglior favore:

 – Si potevano rendicontare, non solo nuovi cantieri, ma anche i lavori avviati ante pandemia come ad esempio la Alta Velocità Napoli Bari.

 – A fronte della esigua incidenza della quota parte lavori, in termini di impiego generale delle risorse, minore è risultata la incidenza del fenomeno del caro materiali rispetto a quella che si avrà nei prossimi anni.

Giova ricordare che per i nuovi lavori diverse stazioni appaltanti, non solo FSS ed ANAS ma anche gli Enti Locali, hanno dovuto ritirare e pubblicare nuovamente diversi bandi di gara per aggiornare i propri prezzari per non registrare la desertificazione, in termini di partecipazione, delle nuove gare di appalto.

Analogo problema ha caratterizzato i lavori già in corso rispetto ai quali, per scongiurarne il blocco, si è proceduto all’aggiornamento dei prezzari per garantire un seppur minimo riequilibrio del sinallagma contrattuale evitando così un drammatico abbandono dei cantieri.

Rispetto alle previsioni iniziali di spesa del PNRR si è assistito ad un sempre più accentuato slittamento degli impieghi economici dagli anni iniziali a quelli finali.

Nel 2023 dovrebbero partire la gran parte dei cantieri essendosi completata, come detto, la fase progettuale e delle autorizzazioni nel biennio 2012/222.

Se ciò fosse vero la gran parte dei cantieri dovrebbe partire nel periodo di maggiore turbolenza dei prezzi con una innegabile esigenza di adeguamento dei prezzari che invece troverà magro sollievo nei 500 milioni previsti nella attuale manovra di bilancio.

I recenti esempi sia dei bandi sulle scuole/asili/palestre, in quelli relativi alla rigenerazione urbana nonché in quelli sugli studentati forniscono testimonianza evidente della difficoltà da parte degli Enti Locali a far atterrare le risorse ed ad aprire i cantieri.

Concentrare la realizzazione della gran parte delle previsioni del PNRR in soli 4 anni aggrava ulteriormente la problematica legata al reperimento della manodopera.

A fronte di una già inconfutabile criticità legata ad un arco temporale di 6 anni è di facile intuizione su quali difficoltà vi saranno se questo arco temporale lo si miniaturizza ulteriormente.

Vi sono tre comparti che destano preoccupazioni rispetto alla possibilità di rispettare la spesa programmata: le telecomunicazioni, le infrastrutture ferroviarie ed i progetti di competenza degli Enti Locali.

La causa principale è sicuramente riconducibile al caro energia ma rilevano anche le tematiche legate alla progettazione e quelle connesse alle fasi autorizzative.

Il Presidente ANCI Antonio Decaro conferma che le opere di competenza dei Comuni potranno essere realizzate a condizione che vengano semplificati gli iter e le procedure per il rilascio dei pareri ed  autorizzazioni.

E’ bene ricordare che il nuovo Codice degli appalti rileverà esclusivamente sotto il versante delle riforme e non inciderà sulla tempistica dei nuovi cantieri da avviare.

In primis perché entrerà in vigore a giugno 2023 quando la maggior parte delle gare dovrà già essere stata esperita e cmq tutte le possibili accelerazioni in fase di gara erano già state previste nei DL Semplificazione 1 e Semplificazione 2; il nuovo Codice, parrebbe, normalizzare le eccezionali regole di ingaggio precedentemente previste sino al giugno 2023.

E’ bene ricordare che nei vari interventi legislativi di questi ultimi mesi in tema di supporto alle famiglie ed imprese, per tentare di porre un argine alle conseguenze del caro energia, di fatto in ogni provvedimento vi è stata una mini legge di bilancio che per impatto, nei tempi passati, costitutiva la base per l’annuale manovra finanziaria di fine anno.

Bisogna poi ricordare che la straordinarietà dei tempi ha fatto si che la Europa derogasse all’utilizzo dei Fondi Coesione e Sviluppo 2014/2020 che potranno, per la parte non spesa, essere destinati a colmare le misure del caro energia.

E’ bene ricordare che la Europa aveva contemplato la possibilità di rimodulazione dei vari PNRR, basta leggere serenamente quanto contemplato ex articolo 21 del Regolamento sul Recovery Fund.

L’ex ministro Franco, a Stresa, aveva ammesso la possibilità di presentare cambiamenti mirati e chirurgici perché questo livello di rinegoziazione con la Europa sarebbe stato percorribile.

Il vice presidente della commissione europea Dombrovskis ha confermato la possibilità, a fronte di circostanze oggettivi, di apportare piccoli aggiustamenti, il tutto dovrà avvenire senza che vi sia un abbassamento del livello di ambizione dei piani e senza tornare indietro rispetto ai traguardi ed agli obietti concordati.

Lo stesso commissario Gentiloni ha ammesso la possibilità di integrazioni ma esclusivamente su punti limitati e specifici.

Il comparto delle costruzioni, abbraccia trasversalmente tutte e 6 le Missioni del PNRR, e se è vero che i costi di molti prodotti sono aumentati a dismisura non ci si può illudere di realizzare le stesse opere a parità di costo.

Tralasciando, in questa sede, l’impatto della mancata allocazione del 40% delle risorse al Mezzogiorno è necessario, pur tuttavia, affrontare il problema con praticità senza nascondersi dietro alle parole: è in gioco la tenuta sociale del Paese.

Non va bene rimodulazione ? Ognuno la chiami come vuole ma pensare di lasciare immutato uno strumento nato per rispondere alla ripresa post pandemia sanitaria, quando la crisi Ucraina non era neppure all’orizzonte, è semplicemente irrealistico alla luce di quanto accaduto da febbraio ad oggi.

Più tempo passa e maggiore sarà la forbice tra ciò che avevamo (allora) ipotizzato di fare e ciò che (oggi) è possibile fare.

Lo ribadiamo, la rimodulazione non costituisca un alibi per non completare le riforme ma solo per dare concretezza a ciò che è possibile effettivamente fare alla luce della nuova realtà.

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