Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

[L’intervento esclusivo] Francesco Ubertini, Magnifico Rettore Alma Mater di Bologna: «Innovare significa essere flessibili, integrare le nuove tecnologie e immaginare una formazione trasversale»

Il Magnifico Rettore dell’Alma Mater di Bologna, Francesco Ubertini, è intervenuto all’evento tenutosi a Bologna organizzato dal nostro Osservatorio Riparte l’Italia, ed ha partecipato al panel dal titolo “Come cambiano scuola e università dopo la pandemia”. Vi riportiamo di seguito il suo intervento integrale.

«Da quando sono Rettore, mi è capitato spesso di essere invitato a discutere di Università. Il tema che ho sempre proposto è il ruolo della formazione nel mondo che cambia, questo, con varianti simili, è più o meno il titolo che ho proposto nei miei interventi dal 2015 ad oggi. La tua domanda (All’Università interessa degli studenti della scuola?, ndr) nasconde un punto che provo a dipanare.

Volevo partire da una piccola premessa, riprendendo alcune cose che ha detto il Ministro. Noi abbiamo pochi laureati nel nostro paese, ovvero la percentuale di laureati nella fascia giovanile è bassa, è bassa confrontata con l’Europa che aveva come obiettivo il 40% che ha raggiunto, ed è bassa rispetto ad alcuni paesi della fascia asiatica che stanno investendo molto sul futuro dove sono arrivati addirittura al 60% della fascia giovanile. Noi siamo indietro. In questo momento ci sono pochi laureati o comunque pochi giovani che intraprendono un percorso di formazione terziaria.

Abbiamo un altro problema in Italia, che se voi guardate il rapporto tra studenti e docenti, ci accorgiamo rispetto all’Europa o agli altri paesi del mondo che noi abbiamo per ogni docente a livello universitario molti più studenti degli altri paesi. Faccio un piccolissimo inciso perché spesso gli appassionati di classifiche internazionali di Università si chiedono come mai non ci siano le Università italiane tra le prime posizioni al mondo. È molto semplice, in queste graduatorie conta moltissimo il rapporto tra studenti e docenti.

Se voi prendete la mia università e quelle che sono considerate le migliori a livello internazionale quelle hanno, a parità di docenti, la metà degli studenti che ha la mia università. O se volete, ribaltando, a parità di studenti hanno esattamente il doppio dei docenti.

Questa è la premessa, per dire dove vogliamo andare.

Veniamo adesso all’interno del sistema universitario. Troppo poco negli ultimi anni, non gli ultimissimi anni, è un periodo un po’ lungo, abbiamo usato la parola innovazione o innovare associata a didattica. Noi parliamo spesso di ricerca e innovazione, molto raramente si sente parlare di innovazione e didattica. Se guardiamo la trasformazione delle carriere all’interno del mondo universitario siamo passati da un sistema di un po’ di anni fa, fortemente centrato sulla didattica, forse troppo spostato sulla didattica, ad un’epoca più recente dove il sistema è virato completamente sull’attività di ricerca, peraltro importantissima, ma trascurando questo elemento.

Penso che sia arrivato il momento di trovare un giusto equilibrio e di impegnarci, e qui parlo ai docenti e al sistema universitario, ad innovare. Innovare nella didattica significa varie cose. C’è un tema organizzativo come ha detto il Ministro, in Italia manca un segmento di formazione terziaria, le lauree professionalizzanti, che forse è la spiegazione di quel ritardo di percentuale che abbiamo rispetto agli altri paesi.

Innovare significa essere più flessibili, significa uscire da una tassonomia del sapere che in Italia è costituita da una griglia fittissima che non ha uguali in nessuna parte del mondo. Forse questo è un aspetto un po’ tecnico, molto per universitari, ma il senso è che queste griglie ci impediscono di essere rapidi, flessibili, di adattarci a un mondo che cambia velocemente, di innovare nei contenuti.

Dobbiamo integrare, e abbiamo un’opportunità enorme, le nuove tecnologie all’interno dei nostri percorsi formativi. Quello che abbiamo fatto adesso è stata una didattica a distanza di tipo emergenziale, non è questo il punto di arrivo. Il punto di arrivo è vedere come queste tecnologie possono diventare parte integrante del nostro sistema didattico per far sì che il momento in presenza, che è irrinunciabile, porti davvero al centro lo studente nel percorso di apprendimento, che lo studente divenga davvero attore protagonista, lui, le relazioni tra studenti e tra docenti.

E poi innovare significa, oltre ai contenuti, immaginare una formazione meno verticale. La nostra formazione oggi è iper-specialistica quando il mondo cambia velocemente. Il primo zoccolo della formazione deve essere una formazione che ha un respiro un po’ più ampio. Se la formazione fosse una T, in questo momento abbiamo una T che ha le spalle troppo strette. Anche perché la formazione diventerà sempre più fluida, liquida andando avanti. Ci accompagnerà per tutta la vita.

C’è molto da fare a livello di priorità del paese, c’è molto da fare all’interno delle nostre università per portare il tema della didattica al centro di processi di innovazione, deve tornare al centro della riflessione all’interno dell’accademia.

E chiudo con una frase che non è mia ma mi è piaciuta molto e la ripeto spesso. Quando ero piccolo i miei genitori mi dicevano: se non studi vai a lavorare. Io oggi dico ai miei figli: se studi, vai a lavorare!»

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.