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L’Europa non produce in casa ciò di cui ha bisogno | L’analisi

Su Italia Oggi Carlo Valentini parla del ritardo dell’Europa in tema di produzione di beni essenziali per il proprio futuro tecnologico.

“Il binomio Covid-Ucraina ha posto gli americani di fronte a un aspetto pericoloso della globalizzazione: il decentramento produttivo, se riferito alle nuove, avanzate tecnologie, può comportare la frattura della catena di valore coi conseguenti ostacoli interni per il sistema produttivo.

Con l’aggiunta del proprio superamento, nella competizione internazionale, da parte di chi realizza in casa tutto ciò di cui ha bisogno.

Una delle risposte a tambur battente da parte dell’amministrazione Usa è stata la legge Chips, ovvero 280 miliardi di dollari investiti nella ricerca e nella produzione di semiconduttori.

Poi è stata lanciata la Minerals Security Partnership, con l’obiettivo di arrivare ad accordi per un approccio comune a quei minerali che sono alla base dei microchip.

La riscossa americana non sembra scuotere l’Europa.

I problemi dell’immigrazione e del patto di stabilità sono importanti, ma dagli statisti impegnati nei summit ci sarebbe da attendere che si mettessero attorno a un tavolo per discutere pure dei guai della delocalizzazione e delineassero il futuro dei settori avanzati dell’economia del Continente.

Quello che, del resto, sta facendo pure il Giappone.

L’Europa è ancora nella fase della discussione poiché il parlamento ha approvato il Chips Joint Undertaking con l’obiettivo di portare in un decennio la produzione europea di chip al 20% di quella mondiale.

Il primo mattone di questa costruzione avrebbe dovuto essere una gigantesca fabbrica a Magdeburgo, in Germania.

Ma chi la doveva realizzare (Intel) s’è ritirato lasciando l’Ue col cerino in mano.

Non si può stare fermi mentre gli altri corrono”, conclude Valentini.

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