Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

L’Europa è ricca di risorse minerarie, ma il carbone vince ancora sul litio | Lo scenario

In Europa non mancano le risorse minerarie. Mancano le miniere. Rispetto al passato ne sono rimaste ben poche.

E, tra queste, molte producono carbone: il combustibile più inquinante viene estratto addirittura in otto delle dieci maggiori miniere a cielo aperto oggi in attività nel Vecchio continente (concentrate in Polonia e in Germania) e in tre delle dieci maggiori miniere sotterranee.

Gli altri grandi siti estrattivi producono perlopiù rame o minerali ferrosi e spesso sono in declino.

Mancano invece quasi del tutto all’appello i metalli green, che ci serviranno in quantità crescenti per sostenere la transizione energetica senza sviluppare allo stesso tempo una dipendenza sempre più forte e pericolosa dalla Cina o, comunque, da un numero ristretto di fornitori stranieri.

La Commissione Ue ha posto traguardi ambiziosi, tra cui la produzione autonoma per il 10% del fabbisogno di materiali critici entro il 2030.

Ma oggi come oggi in Europa non si estrae nemmeno un grammo di terre rare, materie prime critiche per eccellenza, di cui Pechino ha un monopolio quasi assoluto e per alcune delle quali c’è un alto rischio di carenze (è il caso ad esempio del neodimio e del praseodimio, usati nei magneti permanenti di auto elettriche e impianti eolici).

Di litio per ora ne produciamo pochissimo, in Portogallo, ed è destinato alle industrie della ceramica e del vetro, non all’impiego nei catodi delle batterie, si legge sul Sole 24 Ore.

Non va molto meglio con il cobalto: l’Europa conta per meno dell’1% della produzione mineraria globale e lo si deve quasi esclusivamente a Finlandia e Svezia, dove si estrae come sottoprodotto del nickel.

È un po’ più significativa la presenza di impianti di raffinazione, per ottenere solfati di cobalto da impiegare nelle batterie – accanto alla finlandese Terrafame (ex Talvivaara), ci sono ad esempio anche la belga Umicore e la greca Hellenic Minerals – ma siamo comunque costretti a importare oltre l’80% del nostro fabbisogno che, peraltro, è bassissimo rispetto a come potrebbe diventare con l’auspicato sviluppo delle Gigafactory.

Se la transizione verde procederà davvero a grandi passi, come prescritto dalla tabella di marcia che l’Europa si è data, le materie prime potrebbe diventare un problema ancora più serio di quanto non abbiamo finora sperimentato.

La decarbonizzazione taglia l’impiego di combustibili fossili, ma mette letteralmente il turbo ai consumi di metalli.

E a metterci in difficoltà potrebbero essere anche i metalli tradizionali, non inseriti nella lista dei materiali critici.

Nei mercati maturi del rame, del nickel e dello zinco i progetti estrattivi pianificati in Europa “compenseranno per il declino (delle vecchie miniere) ma non forniranno una crescita rilevante” della produzione, avverte uno studio di Ku Leuven, l’Università cattolica di Lovanio, per Eurmetaux.

 È soprattutto nei prossimi 15 anni che i nodi potrebbero venire al pettine, perché l’industria del riciclo deve ancora svilupparsi e i consumi minacciano di correre ben più della produzione di metalli.

A livello globale lo studio individua “seri rischi” di future carenze per litio, cobalto, terre rare, ma anche per il rame (indispensabile per l’elettrificazione) e il nickel (che serve nelle batterie oltre che in siderurgia).

Oltre che sui prezzi, ci potrebbe essere un impatto sulle scelte tecnologiche, una spinta alla ricerca di materiali sostitutivi e forse un ritardo nel percorso di decarbonizzazione.

L’Europa rischia ancora più grosso: la produzione di rame delle nostre miniere, secondo le proiezioni di Ku Leuven, entro il 2040 diminuirà di quasi il 50% in assenza di nuovi progetti estrattivi. E, per ora, non se ne vedono.

C’è invece un grande fiorire di proposte per sviluppare la produzione dei metalli del futuro, a cominciare dal litio e dalle terre rare, che in realtà sono tutt’altro che rari sulla crosta terrestre e che sono stati rinvenuti in quantità rilevanti anche in Europa.

Ma un conto è sapere che ci sono, un altro è riuscire davvero ad estrarli.

Un’altra ricerca – di Transport&Environment (T&E), think tank europeo con vocazione ambientalista – ha esaminato tutti i progetti minerari annunciati in Europa fino a febbraio di quest’anno: la conclusione è che entro il 2030 potremmo autosoddisfare addirittura metà dei nostri consumi di litio e intorno al 10% dei consumi di nickel e cobalto.

A patto però che i progetti arrivino davvero (e nei tempi previsti) al traguardo della produzione.

Mai come in questo caso, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.

La stessa T&E fa notare che “la maggior parte dei progetti sono meri annunci, con pochi impegni e permessi finora assicurati”, oltre a dure contestazioni in molti casi da parte della popolazione locale.

Questo è vero soprattutto per il litio, per cui si contano ben 18 potenziali miniere – sparse un po’ ovunque dalla penisola Iberica alla Francia, dalla Germania ai Balcani – di cui 17 con la previsione di impianti di raffinazione annessi, per una capacità di 70.000 tonnellate all’anno entro il 2030, che però allo stato è puramente teorica.

Tanto teorica che T&E elenca anche la mancanza di materie prime tra i fattori che potrebbero far naufragare il piano europeo per le batterie: la minaccia numero uno è la concorrenza degli Usa, divenuti magnete per gli investimenti con gli incentivi miliardari dell’Inflation Reduction Act (Ira).

Per T&E oggi è a rischio il 68% della capacità attesa delle Gigafactory europee, ossia 1,2 Terawattora.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.