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[L’analisi] I punti deboli dell’Esercito italiano e la corsa ai nuovi carri armati

Ha un forte valore simbolico l’ordine del giorno votato ieri a larghissima maggioranza in Parlamento.

L’obiettivo è incrementare le SPESE MILITARI “verso il traguardo del 2 per cento del Pil, dando concretezza a quanto affermato alla Camera dal Presidente del Consiglio Mario Draghi il 1 marzo scorso e predisponendo un sentiero di aumento stabile nel tempo, che garantisca al Paese una capacita’ di deterrenza e protezione, a tutela degli interessi nazionali, anche dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici”.

Un impegno bipartisan, presentato sul decreto Ucraina, e approvato dalla Camera a larga maggioranza (hanno votato contro (Alternativa, Sinistra italiana e Europa verde).

Occorre correre sul tema del potenziamento militare italiano. Ed è di tutta evidenza anche rispetto alla circolare diffusa di recente dall’Esercito italiano.

Circolare drammatica
«Il comando ha cercato di fare passare questo documento come “routine”, forse per minimizzare il fatto che non fosse coperto dal segreto, mentre invece si tratta di un’iniziativa doppiamente drammatica». Questa l’analisi di Gianluca Di Feo, vicedirettore di Repubblica ed esperto di materia militare, in merito alla circolare diffusa dallo Stato Maggiore della Difesa dell’Italia riguardo l’allerta delle forze armate davanti agli sconvolgimenti della guerra.

Italia debole con conflitto mondiale alle porte

«Anzitutto, perché fotografa la nuova realtà mondiale: la prospettiva di un conflitto su larga scala non è più remota. E perché mostra quali sono i punti deboli del nostro esercito, che da venti anni si era focalizzate su sioni molto diverse», sottolinea De Feo. «Le spedizioni in Iraq, Afghanistan, Libano non richiedevano cannoni, né carri armati: bisognava misurarsi con una guerriglia insidiosa, ma impegnavano un reparto alla volta, con la possibilità di programmare l’addestramento. L’invasione dell’Ucraina ha cambiato tutto e gli ordini emanati dal generale Pietro Serino elencano le priorità imposte “dall’intensificarsi delle tensioni geopolitiche”» scrive Di Feo su Repubblica.

Troppo pochi i militari italiani esperti

«Il primo problema sono i numeri. Il personale non viene ritenuto sufficiente per lo scenario di un conflitto europeo. E una questione segnalata dai vertici della Difesa al Parlamento già dal 2019 e ribadita dal capo di Stato maggiore Giuseppe Cavo Dragone. Per aumentare gli organici però ci vuole una legge. Nell’attesa la circolare chiede attenzione nel valutare le domande di congedo anticipato: deve essere effettuato ogni possibile sforzo affinché le capacità pregiate possano essere disponibili».

Si tratta quindi di evitare che gli specialisti, la cui formazione richiede anni, lascino la divisa in anticipo. Allo stesso tempo, c’è la preoccupazione di garantire che le “unità in prontezza” — ossia le brigate in grado di intervenire in tempi rapidi — abbiano ranghi completi, con personale pronto all’azione (“ready to move”) e «senza vincoli di impiego operativo, anche ricorrendo all’istituto del comando». Ossia imponendo questa mansione a chi la contesta per motivi familiari o di altro genere. Una consegna imperativa, che testimonia la gravità del momento» prosegue Di Feo nella sua analisi su Repubblica.

Il generale: tanti errori negli ultimi 30 anni

«È critico con il modo in cui sono stati impiegati i militari in Italia negli ultimi 30 anni il generale Leonardo Tricarico, commentando la recente circolare del Capo di Stato maggiore dell’Esercito che invita le truppe a tenersi pronte. «In questi anni abbiamo assistito a una deriva inesorabile nell’utilizzo dei militari in modo non conforme alla loro natura» dichiara il generale in un’intervista a Il Messaggero.

«Abbiamo avuto molti più soldati impegnati lungo le strade che nelle attività addestrative». In questi anni «si è fatto molto poco» per la preparazione delle truppe, prosegue l’ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare. «Dal 1993 a oggi gli uomini e le donne dell’Esercito hanno passato quasi tutte le loro giornate lungo le strade delle città», ricorda. La circolare emanata in questi giorni, con la recrudescenza del conflitto in Ucraina, «era opportuna» secondo Tricarico, per il quale la missiva lancia un messaggio chiaro: «La componente operativa non sia sguarnita e i reparti siano all’altezza degli eventi che si potrebbero verificare nell’arco di poco tempo».

365 milioni di euro per i nuovi carri armati italiani. Il Parlamento italiano adesso corre per finanziare nuovi armamenti

La commissione Difesa del Senato intanto ha avviato l’esame dello schema di decreto ministeriale “di approvazione del programma pluriennale di A/R n. SMD 42/2021, relativo all’ammodernamento della linea LEOPARD (carri armati) nelle versioni ‘supporto’ dell’Esercito Italiano, comprensivo di supporto logistico, corsi formativi, simulatori, materiali ed equipaggiamenti accessori”. Il programma in questione è relativo all’ammodernamento della flotta di carri armati della linea LEOPARD nelle versioni di supporto dell’Esercito italiano. L’intervento, spiega il dossier illustrativo che accompagna il dm, si inquadra “nel più ampio complesso di iniziative avviate dall’Esercito italiano per disporre di una componente corazzata pesante in linea con il rinnovato interesse da parte della Nato nei confronti della ‘collective defense’. Come precisato dallo Stato maggiore della Difesa nella scheda tecnica, l’obiettivo del programma è quello dell’ammodernamento, “in termini qualitativi e prestazionali, delle piattaforme corazzate LEOPARD nelle versioni di supporto, concepite per garantire supporto al combattimento e sostegno logistico prioritariamente alle unità pesanti e medie. L’Esercito italiano dispone infatti di piattaforme LEOPARD nelle versioni di supporto (Recupero e Soccorso, Pioniere, Gittaponte) che presentano ormai carenze capacitive legate anche all’obsolescenza di talune componenti”.

Gli armamenti in arrivo

La prima fase del programma si riferisce all’ammodernamento di circa 58 piattaforme (anche se il numero esatto di carri che verranno ammodernati e la ripartizione tra le varie versioni potrà essere oggetto di rimodulazioni in funzione dei prezzi di aggiudicazione della fornitura): 24 piattaforme LEOPARD nella versione Recupero e Soccorso; 16 piattaforme LEOPARD nella versione Pioniere, 18 piattaforme LEOPARD Gittaponte. “Tale intervento – spiega il dossier – consentirà di equipaggiare i reggimenti delle brigate di manovra pesanti dell’Esercito (Ariete e Garibaldi) con carri più idonei alle operazioni che sono chiamate a svolgere”. “Le piattaforme ammodernate LEOPARD dovranno essere in grado di poter cooperare con le piattaforme ruotate VBM 8×8 Freccia, Nuova Blindo Centauro, VTLM Lince e VTMM Orso, nonché cingolate Dardo e carro Ariete nei teatri operativi a più elevato grado di rischio, caratterizzati da elevata minaccia balistica e da ordigni esplosivi improvvisati. L’interoperabilità dei sistemi di comando, controllo e navigazione delle piattaforme LEOPARD con i partner della Nato dovrà essere garantita nel rispetto degli accordi di standardizzazione ratificati dall’Italia”. Il programma è concepito secondo un piano di sviluppo pluriennale di avvio previsto quest’anno e si concluderà, presumibilmente, nel 2030. Il costo complessivo del programma è di 365 milioni. La spesa relativa alla prima fase, per un ammontare complessivo di 192 milioni, è finanziata dagli stanziamenti a valere sui capitoli del settore investimento del ministero della Difesa. La prima fase, come detto, consentirà l’ammodernamento indicativamente di 58 piattaforme delle varie versioni di supporto e dovrà garantire un’iniziale capacità operativa alle unità (principalmente unità del genio) cui i carri ammodernati sono destinati. Il completamento del programma, per il valore rimanente di 173 milioni, sarà realizzato attraverso successivi provvedimenti.

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