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Le società europee di Tlc sono nel tunnel | L’analisi

Dopo gli 11 mila esuberi di Vodafone, arriva Bt con addirittura 55 mila. In settimana sono arrivati due annunci potenzialmente shock, che invece non ha sorpreso più di tanto analisti e gli addetti ai lavori. D’altronde il mercato delle tlc in Europa è in sofferenza ormai da tempo: la guerra dei prezzi tra i troppi operatori in un mercato saturo produce sconquassi nei conti delle compagnie. I ricavi sono fermi se non declinanti e la marginalità industriale è in calo un po’ fra tutti i grandi competitor.

Inoltre, quasi nessun settore industriale europeo è stato così fortemente regolato e normato a favore del consumatore come quello delle tlc. Se poi si aggiunge il forte peso dell’indebitamento finanziario che grava sulle compagnie, allora ben si comprende come per il settore l’allarme rosso sia acceso da tempo. E non è un caso che in più riprese sia l’amministratore delegato di Tim Pietro Labriola che quello di Iliad Italia Benedetto Levi abbiano sollevato il tema del consolidamento tra operatori come unica strada per salvare il comparto. Troppi soggetti si contendono gli stessi clienti con politiche di sconto che magari salvano le quote di mercato ma a discapito della redditività.

Se questo è lo scenario europeo, si legge su MF-Milano Finanza, in Italia la situazione è ancora più evidente. Basterebbe citare il dato contenuto nell’ultimo Rapporto sulle Tlc dell’Area Studi di Mediobanca per accorgersene. In Italia la guerra delle tariffe è stata più acuta che altrove. Nel decennio 2012-2022 il calo dei prezzi della telefonia è stato del 34%: tre volte di più che in Germania e il doppio della media europea.

E, raccontano sempre gli analisti di Mediobanca, il calo dei ricavi tra il 2017 e il 2021 è stato del 18,6% per il business domestico di Tim. Peggio ancora hanno fatto Vodafone Italia con -21% e WindTre con un -25%. Per non parlare dell’ex Tiscali, ora Tesselis dopo la fusione con Linkem, che ha lasciato sul terreno in 5 anni il 30% del giro d’affari. Solo Fastweb e Iliad sono andate in controtendenza vedendo salire i ricavi. Si dirà che è il quadro è datato, ma in realtà la situazione non ha fatto che peggiorare ulteriormente.

Vodafone

Il gruppo inglese a livello globale vede il fatturato fermo a 45,7 miliardi ma il margine industriale è in contrazione e oggi vale solo il 32% del fatturato. Il free cash flow, ossia la cassa dopo gli investimenti, è scesa di oltre il 10% e il debito finanziario supera 33 miliardi. I profitti netti sono saliti ma solo per la vendita dell’asset di pregio Vantage Towers. E per l’anno in corso la guidance rilasciata da Vodafone è di fatto piatta.

Come se non bastasse, nella presentazione dei conti di fine anno Vodafone ha ammesso che tra tutti i settori in Europa quello delle tlc è il peggiore quanto a rendimento del capitale, che da tempo ormai è sempre sotto il costo del capitale stesso. Non c’è creazione di valore. La branch italiana ha chiuso il 2022 con ricavi a 4,8 miliardi e un margine industriale a 1,45 miliardi con un’incidenza sul fatturato al 30%, più basso dell’intero gruppo. I ricavi da servizi sono scesi del 2,9%, il calo peggiore, secondo solo al mercato spagnolo. In 12 mesi i ricavi totali italiani sono scesi del 4%, con il mol che ha perso oltre il 14%, la maggiore flessione tra tutti i mercati europei.

Tim

L’operatore italiano a livello di gruppo ha visto il trimestre appena chiuso in perdita per 622 milioni con ricavi cresciuti del 5%. Ma l’ebitda è sceso del 21% e incide ora per il 27% sui ricavi e con il debito finanziario netto a quota 25 miliardi. Solo il Brasile corre, mentre il mercato domestico langue. L’ebitda organico del mercato domestico è in lieve calo del 2,8%, mentre quello reported scende al 20% dei ricavi. Infine, come documenta la banca dati di S&P Global Market intelligence, il mol del gruppo ha perso il 9% dal 2019 quando valeva ancora il 40% dei ricavi.

WindTre

Nel 2022 le attività italiane del gruppo hanno registrato un mol in flessione del 19% sull’anno prima e con i ricavi in contrazione del 6%. È di questi giorni l’annuncio della cessione del 60% della rete proprietaria al fondo di private equity Etq per una valutazione dell’intero asset di 3,4 miliardi. Una vendita di un asset prezioso per fare evidentemente cassa. Ed è proprio dal controverso e dibattuto scorporo della rete che Tim può avere qualche chance di ripartenza, quantomeno nei valori di mercato, che sono compressi ormai da molti anni. Il passaggio di buona parte dell’ingente debito sulla Netco (la nuova società in cui concentrare le reti) può alleggerire la zavorra dell’indebitamento sulle restanti parti del gruppo, in particolare l’area servizi.

Iliad

In questo contesto di bonaccia prolungata è entrato in campo da pochi anni un nuovo operatore, la francese Iliad che, partita dal mobile, sta allargando il suo campo d’azione al fisso. Iliad Italia è ancora di fatto una start up anche se la sua base clienti sfiora i 10 milioni. Nel primo trimestre del 2023 la branch italiana ha visto ricavi a 241 milioni in crescita del 12,6%. Numeri ancora piccoli, dato che l’Italia pesa per poco più del 10% sui ricavi totali del gruppo, che si sono chiusi a 2,18 miliardi. La Francia fa la parte del Leone con la metà dei ricavi del gruppo.

A livello di redditività industriale il mol in Italia è salito nei primi tre mesi del 2023 a 64 milioni, con un balzo del 61% rispetto a un anno prima. E se è vero che il mol è passato dal 18,5 al 26,5% dei ricavi in 12 mesi, resta ancora basso. Del resto, Iliad è ancora una new entry e il bilancio della divisione italiana ha chiuso in perdita per 41 milioni. Non è un mistero che Iliad si sia fatta avanti per rilevare le attività italiane di Vodafone. Si vedrà se nei piani del quartier generale di Londra del colosso inglese c’è in futuro una dismissione.

Fastweb

Solitaria e in controtendenza la corsa di Fastweb. Il gruppo svizzero, il primo a lanciare la fibra veloce in Italia agli inizi del secolo, macina buoni risultati da molto tempo. Nel 2022 ha fatturato in Italia 2,48 miliardi con un mol a 854 milioni e una produzione di cassa libera post investimenti per 181 milioni. Un buon ritmo che vede crescere i ricavi mediamente del 4-5% anno su anno e nel primo trimestre 2023 ha fatturato 623 milioni (+5%) con un mol a 188 milioni. Nello scenario di declino continuo del settore Fastweb riesce a difendersi.

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