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Le riforme sono appese a tre voti | L’analisi di Antonio Polito

Antonio Polito sul Corriere della Sera prefigura una sorta di ingorgo politico-istituzionale nei prossimi tre anni di legislatura: “Con il disegno di legge Costituzionale approvato dal Consiglio dei ministri – scrive l’editorialista – Giorgia Meloni ha messo sul tavolo di questa legislatura la riforma della magistratura dopo quella della forma di Stato (autonomia regionale differenziata) e della forma di governo (elezione diretta del premier).

La portata del progetto di cambiamento delle istituzioni è senza precedenti.

Altri ci hanno provato sull’una o l’altra materia, peraltro senza riuscirci; ma mai su tutte e tre insieme.

Ciò va certamente a onore della volontà riformatrice della maggioranza di centrodestra, vantata del resto dalla premier che è così convinta di aver mantenuto la promessa elettorale.

Ma, allo stesso tempo, apre la strada a ben tre referendum istituzionali.

Due obbligatori e confermativi (dunque senza quorum) se le rispettive riforme costituzionali — come è al momento più che probabile — non raggiungeranno i due terzi dei voti in Parlamento.

L’altro – aggiunge Polito – quello sull’autonomia regionale, sarebbe invece abrogativo (dunque con quorum richiesto) e andrebbe promosso attraverso una raccolta di firme; ma la veemenza con cui l’opposizione e alcuni governatori meridionali si stanno scagliando contro la legge cara alla Lega, fa considerare quasi certo anche questo terzo referendum.

Ne derivano seri problemi perfino di calendario: come stipare tre referendum nei prossimi tre anni?

Ma può la premier che ha investito tanto sull’elezione diretta del capo del governo lasciar passare tre anni facendo melina?

E in ogni caso che ne sarebbe degli altri progetti riformatori, che hanno i loro sponsor nei due alleati di governo?

L’evidente complessità del problema, non solo per le convenienze dei partiti ma anche per il futuro della Repubblica, richiederebbe dunque più che un calcolo tattico una strategia politica.

Dovrebbe consistere nell’evitare almeno uno di questi referendum attraverso un dialogo con l’opposizione (o parti di essa) che consenta di raggiungere i due terzi in Parlamento; o che almeno – conclude – ci provi con tanto sincero impegno da poter poi valere come prova di aver fatto davvero di tutto per evitare uno scontro aperto nel Paese”.

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