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[L’analisi] Il dilemma della dose booster. L’Oms: «Inefficace, serve nuovo vaccino. Il 50 per cento degli europei sarà infettato da Omicron»

Una “marea” di Omicron, con una morsa da est a ovest, rischia di travolgere i sistemi sanitari in tutta Europa. Il nuovo avvertimento che la pandemia è ancora in pieno corso arriva dall’Oms, secondo cui entro due mesi oltre il 50% degli europei sarà contagiato dalla nuova variante del Covid. Un ceppo talmente veloce nel propagarsi da richiedere, secondo l’organismo Onu, dei vaccini specifici. E non il ricorso ai booster con quelli attuali, che sono efficaci nell’arginare le malattie gravi e i decessi ma non la trasmissione del virus. La corsa di Omicron in Europa ha un passo impressionante.

Oltre 7 milioni i nuovi casi nella prima settimana del 2022, il doppio di due settimane prima, ed in 26 Paesi oltre l’1% della popolazione contrae il Covid-19 ogni 7 giorni, ha rilevato il direttore regionale dell’Oms Hans Kluge, segnalando che la variante scoperta in Sudafrica è presente in 50 Stati su 53 e sta diventando dominante nell’area occidentale. “A questo ritmo più del 50% della popolazione sarà infettato da Omicron in sei-otto settimane”, ha previsto l’alto funzionario, nel giorno in cui la Francia ha segnato un nuovo record superando i 350 mila contagi. L’Oms guarda soprattutto all’Europa centro-orientale, dove i tassi di vaccinazione sono più bassi e “vedremo malattie più gravi nei non vaccinati”, ha spiegato Kluge, prendendo come riferimento la Danimarca.

Nel Paese scandinavo, dove Omicron è “esplosa nelle ultime settimane”, i ricoveri tra i non vaccinati a Natale sono stati sei volte superiori rispetto agli immunizzati. Attenzione è richiesta anche nei Paesi più virtuosi sui vaccini, come Spagna o Gran Bretagna, che si stanno indirizzando verso un regime di convivenza con il virus, senza troppe restrizioni. Puntando sul fatto che i sintomi sono più lievi.

Per l’Oms, invece, è ancora presto per trattare il Covid come una malattia endemica, perché ci sono ancora “troppe incertezze”.

A partire dal fatto che i vaccini attuali non appaiono sufficienti per stroncare il Covid come si è sviluppato.

Al contrario, andrebbero sviluppati farmaci “che abbiano un alto impatto sulla prevenzione dell’infezione e della trasmissione, oltre che sulla prevenzione di malattie gravi e morte”.

Quindi, ha sottolineato l’Oms, continuare ad effettuare richiami con i vaccini già esistenti non è utile.

Anche per l’Ema gli attuali vaccini hanno una “minore efficacia” sulla nuova variante ed in quest’ottica l’organismo europeo ha fatto sapere che potrebbe approvare il siero specifico ad aprile-maggio (Pfizer ha annunciato che sarà pronto a marzo).

Allo stesso tempo, l’agenzia del farmaco ha espresso cautela sui richiami, sostenendo che “vaccinazioni ripetute a brevi intervalli non rappresentano una strategia sostenibile a lungo termine”.

Il freno ai booster, per lo meno con gli attuali vaccini, può anche avere una lettura politica, ossia: è questo il momento di indirizzare le scorte delle aziende farmaceutiche per colmare il divario con i Paesi poveri.

In vista dell’obiettivo di immunizzare il 70% della popolazione mondiale entro metà dell’anno.

Unico modo, secondo l’Oms, per vincere la guerra al virus. Nel frattempo bisogna mantenere alta la guardia, perché Omicron è in crescita ovunque.

Negli Stati Uniti è allarmante il record dei ricoveri, oltre 145 mila.

Quasi il doppio di due settimane fa, mai così tanti da un anno. In Cina sono diventate tre le città in lockdown, Anyang, Xi’an e Yuzhou: 20 milioni di persone confinate in casa. In India la capitale Delhi ha deciso la chiusura di bar, ristoranti e uffici privati, con l’obbligo di smart working. E si teme lo scoppio di un focolaio nel Gange, in previsione del raduno di un milione di pellegrini.

Anche in Israele il tasso dei contagi è in crescita, nonostante l’alto numero di quarte dosi somministrate.

 Risponde a un appello che la comunità scientifica sta facendo da mesi, la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sulla necessità di sviluppare vaccini anti Covid con un alto impatto sulla prevenzione della trasmissione, oltre che della malattia.

“E’ un appello che la comunità scientifica sta facendo da mesi”, ha commentato il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca. Nella stessa direzione va, secondo l’esperto, quanto ha dichiarato anche l’Agenzia europea di medicinali (Ema) sulla mancanza di dati a sostegno di un’ulteriore dose booster.

“Ci stiamo accorgendo che rincorrere il virus non è una soluzione vincente. Sotto pressione selettiva, infatti, il virus continua a mutare, mentre stiamo continuando a utilizzare il booster di un vaccino progettato per rispondere alla proteina Spike del virus SarsCoV2 originario. Di conseguenza – ha rilevato il virologo – per avere una copertura della malattia sono ormai necessari richiami sempre più ravvicinati e la cui durata della protezione non è di fatto nota”.

Booster strategia sbagliata

Sull’ipotesi di una quarta dose a distanza 4 o 5 mesi, Broccolo ha osservato che “nella storia della vaccinazione non si è mai andati oltre tre dosi” e che “non è alzando titolo anticorpale che si arriva alla protezione, se gli anticorpi non sono specifici contro la variante in circolazione”. Continuare su questa strada significa proseguire in una “strategia che rincorre il virus”.

Seguire una nuova strategia significa invece “utilizzare vaccini aggiornati sulle ultime varianti e, soprattutto che tengano presente anche altri bersagli che modulano la protezione”; significa inoltre avere “vaccini capaci di bloccare l’infezione, come quelli spray”.

Questi sono ideali, considerando che “il virus entra nella mucosa nasale dove sono espressi molti recettori del virus SarsCoV2. Di conseguenza intervenire con il vaccino sulle mucose significa bloccare la principale porta d’ingresso del virus”.

“I vaccini attuali vengono invece iniettati intramuscolo e producono anticorpi nel sangue, ma il virus nel sangue è poco, anche nei pazienti malati”.

Tutti i rischi del booster

“La stimolazione continua e ravvicinata nel tempo del sistema immunitario sempre con lo stesso antigene (la proteina Spike) potrebbe avere effetti negativi sull’efficacia dei vaccini”.

È questo il campanello di allarme che ha deciso di suonare anche l’immunologa Antonella Viola, sulla base di una serie di nuove evidenze scientifiche e a poche ore da un rapporto dell’Oms.

“Alcuni immunologi temono che si verifichi un fenomeno noto come “anergia”, una sorta di esaurimento della risposta anti-Spike, come se, nel vedere sempre la stessa molecola, il sistema immunitario non la riconoscesse più come un pericolo” spiega la Viola in un editoriale pubblicato sul quotidiano La Stampa.

“Ripetere nel tempo lo stesso vaccino potrebbe quindi avere effetti opposti a quelli che cerchiamo”. 

“Tuttavia, non è detto che questo accada con questi vaccini e, anzi, i dati raccolti finora non suggeriscono questa possibilità”. 

“Un altro pericolo consiste però nell’allenare il sistema immunitario a riconoscere un virus che in realtà non c’è più”. 

“Il virus muta, anche rapidamente, come abbiamo visto nel caso di Omicron, e già oggi servirebbero dei vaccini aggiornati per generare una risposta immunitaria altamente efficace contro la nuova variante”. 

“Stimolare ripetutamente il sistema immunitario contro una proteina Spike vecchia potrebbe indebolire le future risposte al virus mutato”. 

“Cosa fare allora? Pfizer ha annunciato un vaccino anti-Omicron per la primavera ma, probabilmente, sarà troppo tardi” continua nel suo editoriale.

“Per le sue caratteristiche di estrema contagiosità, Omicron raggiungerà un picco di contagi a breve e poi comincerà a mollare la presa”.

“Il vaccino potrebbe tornare comunque utile se Omicron si ripresentasse ripetutamente ma, se come dice l’Oms entro due mesi il 50% degli europei sarà contagiato, non servirà nell’immediato”.

“La strategia, lo scriviamo da tempo, è quella di lavorare a un vaccino pan-coronavirus, in grado di riconoscerli tutti, quelli presenti e quelli futuri. Ma naturalmente è molto più facile a dirsi che a farsi”.

“In attesa quindi che la scienza riesca a generare un vaccino pan-coronavirus che induca una protezione durevole ed efficace, dobbiamo usare gli strumenti che abbiamo a disposizione e farlo con saggezza”.

“Evitare invece la crisi degli ospedali è fattibile, attraverso un insieme di norme che vanno dall’obbligo vaccinale ai richiami periodici per le categorie più a rischio, magari previavalutazione del titolo anticorpale”.

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