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[L’analisi] L’information Technologies fa volare il mercato del lavoro italiano

I lavoratori devono continuare ad aggiornare le proprie competenze professionali, soprattutto nel campo delle Information Technologie, dove le prospettive in Italia volgono al positivo. A dirlo è Stefano Scabbio, il presidente di Manpower Group per l’Europa del Sud e dell’Est, intervenuto a Radiocor a margine del World Economic Forum di Davos.

Prospettive migliori

Secondo un’indagine condotta proprio dal gruppo specializzato in servizi di consulenza in materia di risorse umane, i datori di lavoro italiani prevedono una crescita delle assunzioni del 23% fra luglio e settembre 2022, al netto degli aggiustamenti stagionali. Lo studio evidenzia che i datori sono più ottimisti rispetto al trimestre precedente, quando la previsione era inferiore di 6 punti percentuali.

Inoltre, le prospettive sono di gran lunga migliori rispetto all’anno scorso: +13 punti percentuali rispetto al terzo trimestre 2021. «Dopo i due anni difficili della pandemia, le aziende stanno tornando a rafforzare i ranghi della propria forza lavoro e sono alla ricerca di personale specializzato su cui poter investire per il lungo periodo» spiega Scabbio «e nella maggioranza dei casi stanno investendo su programmi di formazione e aggiornamento dei dipendenti».

La riforma contratti spagnola

Rispetto al tema della riforma dei contratti approvata nei mesi scorsi dal parlamento spagnolo, Scabbio sottolinea come la situazione di partenza in Spagna riguardo al tema della flessibilità fosse molto più complicata rispetto all’Italia. «In Spagna il ricorso alla flessibilità supera il 23% anche perché il turismo incide per il 20% sul Pil mentre il Italia siamo sotto alla media europea e le norme vigenti in Italia hanno permesso di ridurre l’incidenza della flessibilità» fa notare Scabbio «il problema fondamentale è quello del gap tra le competenze ricercate dalle imprese e quelle in possesso delle persone. Per chi ha le competenze giuste, i contratti a tempo indeterminato non sono un problema».

Lo smartworking e il lavoro ibrido

Per quanto riguarda il tema dello smart work, Scabbio rileva una disponibilità delle aziende a permettere ai propri dipendenti di lavorare almeno parzialmente da casa e questa è anche una delle prime richieste che viene avanzata dai lavoratori nei colloqui di lavoro. «Resta il fatto che il 60% dei lavori deve essere fatto in presenza» spiega Scabbio «ma nel settore dei servizi la disponibilità a strutturare un’organizzazione del lavoro ibrida è sicuramente ormai un dato di fatto».

Le prospettive per il mondo del lavoro, dunque, sono positive anche se ovviamente vanno tenuti sotto osservazione i fattori di incertezza, dal possibile ulteriore rallentamento dell’economia come conseguenza della guerra in Ucraina alla wage-inflation. «Su questo punto segnali preoccupanti vengono dall’Europa dell’Est dove in alcuni paesi – come Repubblica Ceca – abbiamo rilevato aumenti di oltre il 20%, mentre nell’Europa del Sud gli incrementi per il momento rimangono modesti».

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