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Anche il pomodoro è in crisi. Giovanni Lambertini (Vicepresidente Confagricoltura Piacenza): «Costi di lavorazione alle stelle»

«Gli agricoltori stanno considerando alcuni elementi di oggettiva criticità a partire dalle scarse riserve idriche». A sottolinearlo è Giovanni Lambertini, presidente della sezione di prodotto Pomodoro da industria di Confagricoltura Piacenza, che invita a procedere “con prudenza”: «in un quadro di incertezze». La trattativa per la definizione del contratto quadro del pomodoro da industria si sta protraendo e, al di là dei reciproci appelli alla responsabilità della filiera, le posizioni sono ancora piuttosto distanti. La situazione è grave per tutta la provincia di Piacenza e particolarmente rischiosa per alcuni territori vocati come la parte destra della Val d’Arda dove, se dovesse venire a mancare l’acqua della diga di Mignano, l’irrigazione sarebbe preclusa per la mancanza di pozzi irrigui.

«La siccità ha già spinto altri Paesi nostri competitor a rivedere al ribasso le superfici di semina» spiega Lambertini «in Spagna è stata programmata una riduzione del 10%. Nello stesso Paese, come in Portogallo e in California, è stato chiuso l’accordo quadro con incremento del 25% del prezzo di riferimento rispetto allo scorso anno. Da noi, in base alle informazioni desunte dai precontratti, risultano quantitativi preoccupanti. Se si aumentassero le superfici rispetto al 2021, che è stata una campagna meteorologicamente perfetta, potremmo avere problemi nella fase di raccolta e conferimento, sicuramente avremmo problemi di coltivazione, per le spese molto alte e che vanno ben ponderate».

Costi di produzione

A preoccupare sono infatti soprattutto i costi di produzione, molto più alti anche solo rispetto all’ultima campagna. «Abbiamo stimato aumenti recenti pari a circa 1200 euro/ettaro, per un costo produttivo globale attuale calcolato attorno a 8.200 euro per ettaro». Vanno ben ponderati quantitativi e tempi di semina, magari considerando anche le buone performance di mais e soia per la coltivazione dei quali il rischio d’investimento è molto più basso. Sul territorio è possibile sottoscrivere contratti di coltivazione che riconoscono per il mais un prezzo superiore ai 26 euro al quintale e per la soia superiore ai 50.

«Nessuno vuole disinvestire in una filiera che rappresenta un fiore all’occhiello del nostro Made in Italy» precisa Lambertini «siamo i primi esportatori al mondo di trasformati di pomodoro, però come agricoltori abbiamo bisogno di maggiori sicurezze, dobbiamo essere certi che la filiera risponda solidale nel far fronte alle eventuali variabili, perché i costi di lavorazione alle stelle che avremo quest’anno rischiano di minare la remuneratività delle aziende se non saranno perfettamente calibrati sulle esigenze di trasformazione. In generale» conclude Lambertini «invitiamo gli agricoltori e le OP alla prudenza nella pianificazione. Abbiamo bisogno di maggior valore, anche programmando una riduzione di superfici se serve, per garantire che questa filiera resti in equilibrio avendo a cuore non solo l’imminente campagna, ma anche il futuro del settore!».

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