Il ritorno di Trump alla Casa Bianca è frutto di “un elevato livello di sfiducia maturato dai cittadini statunitensi nei confronti delle élite e delle istituzioni”.
Lo ha spiegato a MF-Milano Finanza, l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente di Mundys ed ex numero uno dell’Ispi, l’istituto italiano che si occupa di analisi geopolitica.
La presidenza di Biden “ha lasciato dietro di sé una scia di insicurezza. Il problema dell’immigrazione non è stato risolto, mentre l’inflazione – e di conseguenza il costo della vita – è aumentata”.
Allo stesso tempo però il bis del tycoon è riconducibile alla crescente tendenza globale di “autoreferenzialità della politica che rivolge sempre di più lo sguardo all’interno dei Paesi”.
Crede che Trump userà nuovamente come arma politiche protezionistiche?
Con quale obiettivo primario?
In campagna elettorale il 47esimo presidente Usa ha apertamente dichiarato la sua intenzione di ricorrere a dazi per tutelare le imprese americane.
Non li applicherà di certo indiscriminatamente, come promesso, ma in maniera più mirata.
Ha ben chiaro che la priorità è non perdere il confronto con l’unica altra superpotenza mondiale, nonché competitor strategico e minaccia esistenziale per gli Stati Uniti, ossia la Cina.
Anche se Pechino non versa nella sua migliore condizione economica possibile non si deve fermare il containment.
Ci sono altre politiche interne che probabilmente Trump attuerà e che avranno conseguenze nel resto del mondo?
È probabile che il neo presidente freni in materia ambientale, portando avanti la transizione energetica a ritmo più graduale e dando invece rinnovato sostegno alle fonti fossili.
Similmente non mi sorprenderebbe se il trattamento regolamentare e normativo relativo alle big tech verrà reso ancora più favorevole di quanto già non lo sia.
Un percorso opposto a quello europeo che invece cerca sempre di porre maggiori paletti alle attività dei colossi del web.
A proposito di Europa, anch’essa subirà un effetto domino negativo? E la considera più o meno pronta ad affrontare Trump rispetto al 2017?
Per l’Europa era illusorio pensare che potesse continuare all’infinito un rapporto commerciale e d’investimento a senso unico con gli Stati Uniti o che la protezione a stelle e strisce potesse continuare gratuitamente per sempre.
Il percorso di emancipazione dell’Europa sarebbe stato necessario anche in caso di vittoria di Kamala Harris ma con Trump la via dell’autodeterminazione sarà forzatamente più rapida e meno consensuale.
Il problema è che tutte le crisi degli ultimi 4 anni hanno reso l’Ue più debole e disunita di quando si trovò a confrontarsi la prima volta con il tycoon.
E così il taglio del cordone ombelicale con gli Usa da potenziale stimolo a lavorare sulla sovranità digitale ed energetica rischia di trasformarsi in vulnerabilità dell’Unione alla competizione estera.
L’altro obiettivo trumpiano è ridurre i coinvolgimenti degli Usa nella scena mondiale. In questa direzione, come il neo eletto presidente gestirà le crisi in Ucraina e in Medio Oriente?
Per concentrarsi sull’Asia e sull’Indo-pacifico, che considera prioritari, Trump dovrà condurre gli altri scenari geopolitici internazionali verso una qualche forma di esito.
Da un lato, è possibile che il tycoon dia più mano libera all’Israele di Netanyahu senza arrivare a compromettere la possibilità di continuare con la logica degli Accordi di Abramo.
Quindi di dialogo tra le parti.
Dall’altro lato, Trump andrà con ogni probabilità a ridurre gli aiuti per l’Ucraina e a spingere gli ucraini al negoziato, mentre con Putin userà un misto di carota e bastone.
Nel complesso crede che il Trump bis risulterà più estremo del primo mandato?
Sicuramente il tycoon arriverà con un gruppo di consiglieri non solo più collaudato ma anche più ideologizzato, con conseguenti potenziali rischi per la tenuta istituzionale.
Ma dovrà trovare un equilibrio con la sua ambizione umana di lasciare un segno nella storia: non si viene ricordati per aver distrutto un Paese.