Stefano Folli su Repubblica commenta la situazione nel Mar Rosso con la missione europea a guida italiana: “È evidente – scrive l’editorialista – che gli yemeniti considerano l’Italia l’anello debole della catena politico-militare e sono rimasti sorpresi nell’apprendere che proprio alle nostre forze armate è stato assegnato il comando tattico della squadra navale europea.
Ecco allora il tentativo di creare una frattura nella coesione occidentale facendo leva sul paese che si ritiene, a torto, il meno avvezzo ad assumersi una responsabilità di comando in uno scenario in cui il rischio di qualche scontro a fuoco è abbastanza alto.
Per quanto azzardato, tuttavia lo scopo degli attacchi verbali all’Italia è lampante: sollecitare il nervosismo dell’opinione pubblica, creare instabilità, determinare presto o tardi uno scollamento dell’alleanza.
La stagione è propizia.
Le ipotesi di un disimpegno dell’America dagli impegni Nato in caso di vittoria di Trump, è tutt’altro che remota.
E – sottolinea Folli – un’Europa chiamata ad affrontare i temi, quasi sempre rinviati, relativi alla sua sicurezza militare si troverebbe ad agire su due fronti: sul continente, almeno fin quando sarà definita una tregua in Ucraina, e appunto nell’area del Medio Oriente, dove le incertezze sono oggi persino maggiori.
Come la Russia di Putin negli ultimi due anni si è sforzata, sia pure senza gran successo, di attivare i suoi amici nell’Europa occidentale, in particolare italiani, allo scopo d’incrinare la linea dell’Unione, così l’Iran prova a manovrare gli Houti, suoi satelliti.
È ovvio che le intimidazioni saranno respinte.
Prima o poi, tuttavia, andrà verificato in Parlamento il grado di adesione a queste scelte non ordinarie di politica estera e militare.
Esistono, e non da oggi, delle sacche di ambiguità sia destra sia a sinistra; delle riserve non sempre esplicite, ma che potrebbero diventarlo se la crisi internazionale dovesse peggiorare.
Prima di tutto, il rischio di una posizione italiana che trasmetta all’estero un’idea di scarsa compattezza politica mentre nostri militari sono impegnati sul campo.
È vero – conclude – che è già successo in passato, ma nei momenti cruciali il Paese aveva saputo unirsi almeno in una certa misura”.