Di paesaggio e interrelazione tra cultura e ambiente ha parlato Ilaria Borletti Buitoni, Vicepresidente FAI e Presidente weTree, nel suo intervento durante il Panel “I cambiamenti climatici e i prossimi scenari: salute, economia e territori” agli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia. Riportiamo di seguito il suo intervento integrale.
Ambiente e paesaggio vanno di pari passo
“Il paesaggio, l’errore che si fa, è di ritenerlo il “bel paesaggio”. In realtà il paesaggio è il contesto, può essere anche un paesaggio urbano, può essere anche un paesaggio degradato. Io vorrei proporre una vecchia idea che aveva avuto Settis parecchi anni fa, ed è quella di dire che in Italia ci vorrebbe un Ministero Ambiente e Paesaggio, perché così se ne definisce l’identità”.
“Di fronte a quello che abbiamo sentito sui cambiamenti climatici, e come voi potete immaginare gli effetti sul paesaggio sono enormi, la gestione delle trasformazioni di un territorio e del suo paesaggio possono essere degli strumenti formidabili per affrontare gli effetti di questi cambiamenti climatici. Mi riferisco alla messa in sicurezza di un territorio, mi riferisco a una legge che aspettiamo da anni che è quella sul contenimento del consumo di suolo. Ispra ha prodotto un report assolutamente straordinario per come è preciso e dettagliato sul consumo di suolo. E noi siamo già e ancora uno dei paesi europei e forse il paese europeo con il più alto consumo di suolo”.
Il territorio italiano è compromesso dal consumo di suolo
Io sono stata sottosegretaria in tre governi con la delega al paesaggio e ogni volta si presentavano un gruppo di parlamentari chiedendomi una sanatoria per sistemare una serie di abusi fatti intorno a dei vulcani tutt’ora in attività. Siamo il Paese che ha il più alto tasso d’abusivismo d’Europa.
I rischi dei cambiamenti climatici su un territorio non solo così fragile, ma anche così compromesso, così assalito, sono immensi. Ecco perché la gestione del paesaggio non significa più tutelare la memoria storica di un paesaggio, quello in fondo è facile, nessuno penserebbe di costruire in Val d’Orcia, ma significa tutelare le trasformazioni di un paesaggio permettendone la gestione e quindi mettendo in sicurezza quel territorio, questo significa migliorare le condizioni di vita di quanti ci abitano.
Serve una visione circolare del paesaggio
Se voi prendete il caso di un paesaggio urbano degradato, come per gli aspetti legati alla legalità, è il luogo ideale perché si sviluppino delle forme di illegalità che naturalmente poi costano alla comunità. Ecco perché gli interventi sul paesaggio in una visione circolare che mette insieme territorio, ambiente, paesaggio e quindi benessere e salute delle comunità, deve essere assunta da tutte le istituzioni che ne hanno una responsabilità diretta, ed ecco perché la parzialità degli interventi che vengono fatti e la mancanza di interventi quadro come una legge che regoli, limiti, oppure azzeri, come ci chiederà l’Europa entro una certa data, il consumo di suolo, sono assolutamente fondamentali.
E credo che in questo senso, quando parliamo di Ripartenza del Paese, ma soprattutto quando parliamo di affrontare in modo concreto quelli che sono degli inevitabili effetti dei cambiamenti climatici, io ritorno alla proposta del professor Settis, consideriamo ambiente e paesaggio un unico ambito, affrontiamolo nell’ottica di una visione circolare il cui fine ultimo è la salute e il benessere dei cittadini. E io credo che ogni buona politica debba avere questo come fine.
Paesaggio e sostenibilità
Il limite tra la difesa del valore architettonico del nostro Paese rispetto alla necessità di avviarci su un percorso di sostenibilità è ampiamente superabile. Noi abbiamo avuto nella storia ottime leggi, e mi riferisco da quando Benedetto Croce era Ministro dell’Istruzione e aveva competenze sui beni culturali, però queste leggi hanno sempre collegato il paesaggio a un valore culturale, storico ed estetico. Il che sicuramente ha avuto i suoi vantaggi. Se oggi, nei dintorni di Assisi non si costruisce, lo si deve a quelle leggi.
Io non credo affatto che il paesaggio vada sottratto al Ministero dei Beni Culturali per quello che riguarda quella componente storico, artistica ed estetica, ma credo che a questo vada aggiunta una parte attiva che va sottobraccio con il Ministero dell’Ambiente ed è quello della cura del paesaggio, dell’uso delle politiche del paesaggio per preservare la sicurezza del territorio. E questo è un passo ulteriore che secondo me non leva al Ministero della Cultura quello che è il suo ruolo di tutore del patrimonio culturale, ma aggiunge al ministero dell’Ambiente la possibilità di usare il paesaggio come grande strumento per affrontare i danni derivanti dal cambiamento climatico.
Le sovraintendenze sono ormai degli organi estremamente depauperati, sia dal punto di vista del personale che dal punto di vista di risorse, quindi non possiamo continuare a pensare che i no delle sovraintendenze facciano del paesaggio uno strumento attivo, mentre secondo me lo può essere. Serve un’interazione, quasi una fusione di queste competenze tra Ministero dell’Ambiente e Ministero della Cultura, ciascuna per il proprio ambito, e credo che di questo ne avrebbe enormemente giovato il Paese visti poi i terribili danni che si sono verificati e che, da quello che vediamo, saranno sempre più frequenti.
Paesaggio e PNRR: l’opportunità del turismo slow
Il paesaggio è uno strumento di sostenibilità anche per l’attuazione dei progetti del PNRR. Se noi partiamo dal presupposto che il turismo può essere una formidabile leva di sviluppo nel nostro Paese, ma ammettiamo anche che la non sostenibilità delle politiche turistiche italiane ha portato a una congestione immane, pensate a Venezia, 54 mila abitanti, 30 milioni di turisti, dei nostri luoghi più emblematici, a rischio di far scendere la curva di visitatori in Italia, è chiaro che visitare i nostri paesaggi con un turismo lento, per esempio quello dei cammini, e quindi un turismo sostenibile, e quindi un turismo attento all’ambiente, e quindi un turismo che rimane in quel luogo per un numero di giorni maggiore che il famoso turismo mordi e fuggi, rappresenta un elemento di sviluppo assolutamente straordinario.
Noi offriamo cammini religiosi, cammini artistici, cammini naturalistici. Ci sono regioni come la Galizia in Spagna che è una regione essenzialmente molto povera ed è dedita a un’agricoltura povera, che è diventata una delle regioni più sviluppate d’Europa grazie ai cammini, in quel caso un cammino religioso.
Noi abbiamo sottovalutato le potenzialità dei nostri paesaggi per lo sviluppo di un turismo sostenibile che porterebbe punti di PIL ma porterebbe soprattutto a un’educazione al contesto paesaggistico e ambientale di cui tutti si devono rendere protagonisti, perché solo in questo modo noi possiamo chiedere che il timone della grande politica cambi, se cioè tutti siamo coscienti di che direzione questo deve andare.
Penso che questa sarebbe una grandissima occasione di ripartenza e anche di resilienza da parte di chi ha sempre vissuto in difesa di questi temi e che invece adesso ne vorrebbe fare parte attiva per lo sviluppo del Paese.
Far vivere le persone in contesti armoniosi, in contesti sereni ne aiuta l’equilibrio e quindi evita quei disagi sociali che sono inevitabili in una società di 55 milioni di abitanti, ma che possono essere contenuti e sono sicuramente l’ambiente dentro cui si formano queste drammatiche sacche di insoddisfazione, di violenza, di aggressività che portano agli esiti disastrosi.
Credo che la cultura sia anche questo, sia anche la conoscenza e l’avvicinare più generazioni possibile alla consapevolezza che paesaggio, ambiente e territorio sono beni anche tuoi, tuoi di un ragazzo di 15 anni, e che pensi di tutto questo di non essere parte. Per fare questo ci vogliono due grandi complici, le famiglie e la scuola, ma l’argomento si allargherebbe troppo.